L’internet e gli intermediari:
i ruoli cambiano
ma ciò che conta è il servizio


Un articolo di Giancarlo Livraghi   gian@gandalf.it   nella newsletter Fila

settembre 1999



 
 

Quando parliamo dello sviluppo dell’internet come strumento per le imprese, siamo costretti a usare il futuro. Ma è passato il tempo in cui poteva essere saggio dire «aspettiamo e vediamo come va». Finora, specialmente in Italia, si è fatto poco – e con scarsa convinzione. Nel convegno di Cernobbio, considerato uno dei punti di riferimento per l’economia e la politica in Italia, il 3 settembre 1999 si è preso atto di ciò che fra gli osservatori più attenti era noto da anni. Le imprese italiane sono impreparate e confuse per quanto riguarda l’uso della rete; e questo sta diventando un problema serio per la nostra economia.

Il fatto è più confortante che preoccupante, per due motivi. Il primo è che quando di si rende conto di un problema è molto più probabile che ci si impegni per risolverlo. Il secondo è che anche nel resto del mondo c’è molta confusione (benché alcuni paesi, come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e il nord dell’Europa, siano molto più avanti di noi).

L’internet in Italia, a questo punto, sta crescendo davvero; non solo aumenta il numero degli “utenti“ ma la rete si sta diffondendo anche al di fuori di quelle categorie “privilegiate“ in cui si concentrava negli anni scorsi (vedi Gli italiani in rete). Ciò non significa che di colpo, nei prossimi mesi, si aprirà miracolosamente un “grande mercato“. Ma significa che è venuto il momento di verificare con attenzione quali problemi, e quali possibilità, si aprono per ogni impresa in una situazione che sta cambiando.


Il mattone e l’elettrone

Da qualche tempo si sta discutendo su un fatto rilevante, soprattutto per chi è nel settore trade o comunque retail (non solo nella vendita al “consumatore“ privato, ma anche e soprattutto nel business-to-business). È vero, ci si chiede, che tutto sarà governato dalla vecchia e un po’ consumata formula, “è più facile spostare bit che atomi“? Predomina l’elettronica o c’è ancora bisogno di brick and mortar, mattoni e calce, cioè strutture efficienti di logistica e distribuzione fisica?

Uno dei testi più recenti (e intelligenti) su questo tema è un articolo pubblicato dall’Economist il 27 agosto 1999. Ne riassumo la premessa.

Nulla rimane fermo per molto quando si tratta dell’internet. Sei mesi fa, in rete e a Wall Street, ci si aspettava che l’internet cancellasse dalla faccia della terra i rivenditori tradizionali. I consumatori (si diceva) erano attratti dalla varietà e convenienza offerta rispetto ai negozi “fisici“; entusiasti delle chat room, delle informazioni gratuite e di simpatici servizi “personali“ come quello che ricorda i compleanni. Le imprese “solo web“ offrivano un vantaggio di prezzo, costi operativi più bassi, possibilità di aggiornarsi continuamente senza rinnovare negozi e magazzini... insomma avevano vantaggi invincibili rispetto ai negozi “di mattoni“... E, seguendo lo stereoptipo, molte catene commerciali “tradizionali“ consideravano la rete come una moda passeggera, o un modo per perdere denaro, o tutte e due le cose. Oggi, quel modo di pensare è al tramonto. Le vendite online (negli Stati Uniti) stanno crescendo, i rivenditori tradizionali non possono più ignorare il fenomeno.

Il fatto è, osserva l’articolo, che oggi nella competizione online gli operatori “puri“ (solo internet) sono vincenti solo in alcuni settori (libri, musica, forse alcuni servizi finanziari) – e non è certo che lo siano tutti, o per sempre; molte cose possono cambiare. In generale risultano molto più forti i multi-channel retailer, cioè le imprese che usano una combinazione di vendita “fisica“ e di servizi in rete. Non solo non hanno costi più alti, ma è vero il contrario. Poiché possiedono già le necessarie risorse logistiche, il loro costo (in proporzione al venduto) per il marketing online è, in media, molto più basso che per i distributori online “puri“. Il costo di acquisizione di un nuovo cliente è circa la metà. Inoltre hanno risorse precostituite (capitali, profitti, potere d’acquisto) che possono permettersi di investire sull’attività online senza correre rischi eccessivi.

Le persone (e le imprese) sono insoddisfatte e deluse degli automatismi, che spesso funzionano male e comunque tolgono il valore (insostituibile) della relazione umana. Molte organizzazioni che hanno “automatizzato“ servizi e informazioni (non solo online ma anche, per esempio, nell’assistenza telefonica) sono state costrette a invertire il percorso.

Da questo dobbiamo dedurre che c’è una nuova “regola“ uguale per tutti, esattamente contraria a quella che sembrava essere la tendenza dominante sei mesi fa? Secondo me, no. Il fenomeno è in continua, turbolenta evoluzione; e ogni caso individuale può essere molto diverso da ciò che si osserva “in generale“. Anzi, più è diverso, meglio è. Se dovessi stabilire una regola direi «non seguite le regole e non copiate quello che fanno gli altri» (soprattutto se lo fanno in paesi, come gli Stati Uniti, dove la situazione è profondamente diversa dalla nostra: vedi L’America è lontana).


Qual è la soluzione?

La soluzione migliore è “stare alla finestra“ e aspettare che si calmi il polverone? Secondo me, no. La confusione è destinata a continuare, l’evoluzione sarà turbolenta (e in buona parte imprevedibile) ancora per parecchio tempo. Aspettare che sia tutto chiaro vuol dire, molto probabilmente, muoversi quando sarà troppo tardi.

La soluzione è investire subito, pesantemente, cercare di acquistare una posizione forte e avanzata in tempi molto brevi? Questa può essere una necessità in alcune situazioni: per esempio per chi ha già una posizione molto forte e non vuole lasciare troppo spazio ai concorrenti. Ma nella maggior parte dei casi è un percorso rischioso. non solo perché può richiedere investimenti pesanti che non si recuperano nel breve periodo; ma soprattutto perché le possibilità di errore (umano e tecnologico) sono infinite e c’è un notevole rischio di trovarsi in situazioni difficili.

La strada giusta, secondo me, è cominciare presto e crescere gradualmente; prevedere un investimento prolungato nel tempo, che possa crescere man mano che i risultati giustificano la spesa e soprattutto indicano come e in quale direzione conviene investire. L’andatura può essere più o meno veloce secondo la risposta del mercato e le scelte che farà l’impresa, ma non mi sembra opportuno premere troppo (o troppo presto) sull’acceleratore . (Vedi Festina lente).


Alcuni criteri

Se il mercato è mutevole e imprevedibile, occorre buttarsi alla ventura senza idee e senza strategie? Secondo me, no. Ci sono alcuni criteri che mi sembra siano validi per tutti.

  • La rete è fatta di persone. Le tecnologie sono strumenti; le relazioni umane sono la sostanza. La soluzione vincente è sempre puntare sulle relazioni e mettere le tecnologie al servizio delle persone.

  • Occorre saper ascoltare. Il valore più importante delle rete è l’interattività. Dal dialogo con i clienti e da tutte le conoscenze che si possono acquisire seguendo colloqui e discussioni in rete si può imparare continuamente qualcosa di utile per migliorare e affinare la propria attività.

  • Gli interlocutori in rete sono ancora più esigenti di quanto sono in altre circostanze. Si aspettano risposte veloci e servizio tempestivo. Si rendono conto di fare un lavoro per noi (vengono a cercarci) e si aspettano di essere “premiati“ per il servizio che ci danno.

  • Il “passaparola“ è importante in tutte le relazioni umane, ma ancora di più in rete. Un cliente soddisfatto (e attivo in rete) può portarcene molti altri. Uno insoddisfatto o mal servito può farci grossi danni.

  • Risulta dalle ricerche (come dall’esperienza pratica) che le persone più disponibili all’acquisto (o a qualsiasi transazione) in rete non sono i “novellini“ inesperti ma quelli che hanno più esperienza e un atteggiamento più attivo. Hanno poco tempo da perdere e poca pazienza; non si divertono con le apparenze e badano alla sostanza.

Non è un caso che fra i più attenti osservatori dell’internet si parli sempre più spesso di customer care e di “calore umano“. Non è un caso che proprio quest’anno escano due libri come The Caring Economy di Gerry McGovern e High tech, high touch di John Naiisbitt.


Il ruolo degli intermediari

Ci possono essere cambiamenti rilevanti nel ruolo e nella funzione degli intermediari. Da un lato le imprese (se ne sono capaci) possono “scavalcarli“ in rete, aprendo un dialogo diretto con l’utente finale (persona o impresa). Dall’altro possono nascere nuove identità, come i cosiddetti “agenti intelligenti“ (che confrontano prezzi e prestazioni, non solo per ciò che si vende online ma per qualsiasi prodotto o servizio indipendentemente dai canali di distribuzione); e possono diventare punti di riferimento importanti, perciò conquistare una crescente leva di controllo sul mercato.

Quei rivenditori (o broker, o comunque intermediari) che hanno solo “rendite di posizione“ e non offrono un reale servizio ai loro clienti possono rischiare l’estinzione. Quelli che hanno una reale capacità di servizio possono non solo mantenere i loro punti di forza ma aumentarli con un uso efficiente della rete.

Credo che sia impossibile sapere se, quando e come la situazione si evolverà in ogni particolare settore. Ma in tutti i campi ci sono e ci saranno cambiamenti. Perciò è meglio stare in guardia e cercare di “occupare il territorio“ (soprattutto imparare dall’esperienza) prima che lo faccia qualcun altro. Anche chi decide, per il momento, di non operare online dovrebbe, secondo me, almeno usare attivamente la rete come strumento di conoscenza e di verifica – per capire meglio come si evolvono le tendenze e per avere esperienza pratica e diretta della rete (e così essere meglio preparati a “cogliere il momento“ che, presto o tardi, arriverà per tutti).


La chiave di volta: servizio

Secondo me (non mi stancherò mai di ripeterlo) la parola più importante per le attività in rete è servizio. In tutti i suoi significati, dalla qualità dell’informazione alla gestione delle relazioni, all’adempimento degli ordini, all’assistenza. Questo è vero da sempre, in generale; ma lo è ancora di più in rete perché, proprio per la natura interattiva del sistema, i clienti sono ancora più esigenti. Se si dà priorità alla qualità e al servizio, secondo me, si fa l’investimento più importante. E poiché l’interazione in rete è più veloce ciò che abitualmente si considera una strategia (o un problema) di “medio“ o “lungo“ termine può rivelarsi molto più urgente e immediato.




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