29. Lavorare e "commerciare" nella rete:
alcune cautele

 

  Quei sintomi di disagio di cui abbiamo parlato all’inizio riguardano soprattutto l’uso "commerciale" della rete. L’offerta di informazione sulla rete cresce, si moltiplica, si complica; si affollano anche le offerte di prodotti e di servizi. Ma non si capisce quale sia la "domanda"; c’è una sproporzione crescente fra l’abbondanza delle cose disponibili e la possibilità di trovarle. È inevitabile che ne nasca una fase di delusione e di ripensamento.

I problemi non nascono dalla tecnologia, ma dal modo in cui è usata. La tecnica della Web è seria e solida, apre molte possibilità (per esempio con i link) e rende più facile l’esplorazione. Fare un "ipertesto" con HTML è relativamente facile; quasi altrettanto facile procurarsi uno spazio per la propria "vetrina".

Molto meno facile è sapere che cosa metterci, o usare la Web (come qualsiasi altro strumento) in modo veramente utile e interessante.

C’è una fase di perplessità. L’offerta è così vasta da essere inesplorabile. I "navigatori" si perdono in un mare confuso. Chi offre un ormeggio spesso non lo sa gestire; dopo un entusiasmo iniziale non lo segue, non lo aggiorna né lo arricchisce. Succede di attraccare a banchine in disuso, dove non c’è più nessuno: impianti abbandonati, vecchi cartelli "lavori in corso".

Quante persone entrate con entusiasmo a esplorare si trovano soffocate di materiale? O rinunciano, o devono imparare a ridurre il volume, che è diventato ingestibile, e scegliere.

La cosa è complicata anche dai continui sviluppi e cambiamenti della tecnologia, che sommergono di possibilità e di problemi una cultura umana che non ha ancora avuto modo di prendere forma.

Benché il fenomeno sia ancora agli inizi, vediamo già qualcuno che sta facendo cose intelligenti. È interessante il caso della Amazon di Seattle che non solo è "la più grande libreria del mondo" ma è anche considerata, in assoluto, il più grande successo commerciale in rete. Nata come una piccola impresa tre anni fa, oggi offre un catalogo di oltre due milioni di libri; ha un milione di clienti in 160 paesi e un fatturato di oltre 100 milioni di dollari. Il suo successo è stato tale da mettere in allarme la più importante catena di librerie americana, Barnes & Noble che è entrata pesantemente in rete per contrastare il primato di Amazon. Chi ci guadagna è il lettore, che ha un’offerta di servizi sempre più ricca a prezzi sempre più favorevoli. Il caso è "esemplare" per vari motivi. Smentisce i timori di chi pensava che l’uso della comunicazione "digitale" potesse portare al declino della carta stampata. Ma soprattutto è un esempio di come il successo in rete si costruisca con valori di servizio. Amazon offre un sistema molto efficiente di scelta e di ordinazione, risponde con prontezza e cortesia ad ogni richiesta, offre recensioni e notizie interessanti per i visitatori del suo sito, eccetera; i concorrenti non possono invadere il suo territorio se non sanno offrire servizi di qualità pari o superiore. Ci sono buone possibilità (anche se ovviamente su scala meno gigantesca) per una grande libreria italiana in rete, ma finora il progetto non si è realizzato.

Si potrebbero fare altri esempi, anche italiani; ma purtroppo qui manca lo spazio per poterli approfondire (e comunque sono pochi i casi ben documentati). Com’era prevedibile, la maggior parte dei successi italiani riguarda offerte al mercato internazionale. Una cosa importante, e non abbastanza capita, è che spesso un uso efficace della rete non riguarda la vendita, ma altre attività di relazione e di servizio.

In generale, sono molti gli insuccessi, dovuti a tentativi affrettati o ad aspettative esagerate e frettolose. Ma c’è anche chi ottiene risultati positivi, spesso non buttandosi su ipotesi generiche di "vendita in rete" ma trovando nel proprio sistema di relazioni, e nelle proprie strutture di servizio, le chiavi per migliorare l’efficienza e rafforzare i legami con ogni sorta di interlocutori.

Per quanto riguarda le iniziative italiane in rete, finora lo sviluppo è molto limitato, ma il potenziale è notevole. Molte nostre imprese hanno dimostrato un’elevata capacità di affermazione anche in mercati lontani, con flessibilità, intuizione, fantasia, attenzione alla qualità delle relazioni e forte dedizione al servizio. Tutte qualità importanti per ottenere il successo in rete. Nella maggior parte dei casi, le migliori possibilità di successo sono fuori dall’Italia, e specialmente in quei mercati in cui c'è già una forte penetrazione della rete. Ma non è escluso che si possano ottenere buoni risultati anche facendo i "pionieri" cioè portando servizi per canali elettronici là dove il sistema non è ancora molto sviluppato.

In generale, il quadro rimane confuso; e non solo in Italia. Anche l’esplorazione delle aree di dialogo americane dedicate al marketing in rete dimostra come ci siano molti più dubbi e domande che risposte e soluzioni.

Sembra che non tutti abbiano capito un fatto fondamentale: non esiste un "mercato di massa" nella rete e probabilmente non esisterà mai.

Oggi i cosiddetti mass media raggiungono grandi numeri di persone poco differenziate. Questa è la loro forza ma anche il loro limite.

Probabilmente anche i mezzi tradizionali subiranno una trasformazione profonda quando sapranno capire le possibilità offerte dalle nuove tecnologie (una televisione a 300 o 500 canali è completamente diversa dalla televisione che conosciamo; un giornale "confezionabile su misura", prodotto in desktop publishing o leggibile in rete è un mezzo completamente diverso dalla stampa di oggi; la radio può arrivare facilmente a un’altissima specializzazione, come sta succedendo in America ma solo in parte da noi; eccetera).

I cambiamenti tardano a succedere non perché manchino le risorse tecniche, ma soprattutto per la grossa difficoltà che incontrano strutture e persone quando devono cambiare abitudini, mentalità e modo di lavorare.

La rete è, per sua natura, selettiva. Nessuno può percorrere "tutta" la rete, perché dovrebbe leggere per migliaia di ore al giorno.

Una cosa è prevedibile con un’alta probabilità: anche quando gli utenti saranno milioni in Italia (e centinaia di milioni nel mondo) non ci sarà un "mercato" ma una moltitudine di mercati, ognuno con un suo carattere e una sua personalità. Definiti per argomento, per interesse, per "attinenza", e non per collocazione geografica.

Un problema tremendo per chi segue vecchi schemi. Un’occasione straordinaria per chi capisce le nuove possibilità.

Dire che "nessuno al mondo", finora, ha l’esperienza necessaria, forse è un’esagerazione. Ma non è lontana dalla realtà; anche perché il quadro è in continua evoluzione, quindi ciò che abbiamo imparato ieri potrebbe non essere sufficiente domani. Ciò non impedisce di agire in pratica, perché la rete (per sua natura) permette una continua esplorazione e un costante aggiornamento.

Il problema è che in poco tempo (tre o quattro anni) si è creata una gran folla di persone e organizzazioni che vogliono a tutti i costi "vendere" qualche servizio, e hanno una forte spinta a promettere ciò che non possono mantenere.

Molta improvvisazione, poco approfondimento. Una gran voglia di "saltare sul carro", immaginando chissà quale Eldorado, chissà quali autostrade, là dove per ora ci sono solo sentieri male esplorati.

La prima cosa che dovremmo dirci quando affrontiamo questo problema, senza falsa umiltà ma con socratica misura, è "so di non sapere".

Capire che solo con la sperimentazione, con continue prove e errori, con una costante sorveglianza e dialogo, potremo sapere se una certa comunicazione in rete funziona o no. E che quando, finalmente, funziona... sarà molto probabile che si esaurisca in tempi abbastanza brevi se non staremo al passo con l’evoluzione, se non sapremo proporre novità e tenerci vicini i nostri interlocutori con qualcosa che interessi a loro.

Questa è una via faticosa, richiede molto impegno, pazienza e disciplina; mentre quasi tutti cercano scorciatoie. Che non ci sono.

Non c’è ancora (neppure negli Stati Uniti) un patrimonio di esperienza sufficiente per poterne dedurre criteri precisi. Ma alcuni princìpi generali sembrano già abbastanza chiari. Per intraprendere nella rete una strada "commerciale", o qualsiasi attività di studio o lavoro, occorrono alcune cose:

  • Armarsi di pazienza. I risultati non sono quasi mai immediati.
  • Avere e coltivare un’inguaribile voglia di imparare.
  • Non cadere mai nell’abitudine; fare continua sperimentazione.
  • Scegliere terreni di esplorazione ristretti e bene individuabili, e coltivarli con costanza.
  • Essere flessibili. Ciò che funziona oggi potrebbe non funzionare domani (e viceversa).
  • Badare ai contenuti più che alla forma. Le apparenze stancano presto, i contenuti interessanti creano continuità.
  • Coltivare le relazioni; la rete è soprattutto un tessuto di rapporti umani e personali.
  • Non cercare di creare vuote "immagini" ma dare servizio.
  • Evitare lo spamming e non violare la privacy dei nostri interlocutori.
  • Rispettare e assecondare le comunità in rete.
  • Una presenza "commerciale" trasparente, civile e non troppo invadente è accettata in quasi tutte le comunità; ma chi cerca di prevaricare o di interferire con la cultura di un sistema di rapporti umani finisce con l’esserne espulso oppure con l'inquinarlo e così distruggerne il valore.

  • Rispettare l’intelligenza, il gusto e lo stile dei nostri interlocutori. I frequentatori della rete possono essere molto vendicativi se si sentono offesi o ingannati.
  • Imparare un po’ di netiquette. È facile stancare, o farsi odiare.
  • Vivere, di persona, la rete. Chi non ne ha esperienza diretta non sarà mai in grado di capire quello che fa.
  • Se non si ha la pazienza e la voglia di imparare e sperimentare, è meglio lasciar perdere. Ci saranno sempre biblioteche e altri strumenti di studio. Continueranno a esserci lavori che si svolgono bene senza un modem, forse anche senza un computer. Per chi ha qualcosa da vendere, il marketing tradizionale continuerà a funzionare per molto tempo. Meglio usare gli strumenti noti che pasticciare con quelli che non si sanno usare.

  • Non lasciarsi trascinare dagli "effetti". Ciò che conta è il contenuto: l’offerta, la promessa, il servizio. Un po’ di cosmetica può essere utile, ma anche la donna più affascinante diventa sgradevole se si impiastriccia troppo di rimmel o di rossetto.
  • Chi viene a vedere la nostra offerta somiglia molto a quelle buffe e esigenti vecchiette di una famosa campagna pubblicitaria americana, che guardando con sospetto un hamburger chiedevano: "Where is the beef?" ("Dov’è la carne?"). La frase è diventata proverbiale. Chi viene a guardare le nostre "vetrine" nella rete potrà divertirsi con qualche schermata di immagini (se ha un modem veloce e un buon collegamento) ma presto si stancherà del fumo e chiederà: "Dov’è l’arrosto?"

  • Infine, e soprattutto: badare all’umanità della rete e nella rete.

Il mondo che incontriamo attraverso la rete non è fatto di macchine, strumenti, protocolli o immagini. E neppure di androidi, pupazzi o robot. È fatto di persone. In carne e ossa, non "virtuali".


Per un esame più approfondito di questo argomento, vedi la seconda parte (122 pagine) de Il nuovo libro della pubblicità di Luis Bassat e Giancarlo Livraghi, Il Sole 24 Ore, 1997.
Il tema è ulteriormente sviluppato e aggiornato in una rubrica online, Il mercante in rete.
Dal febbraio 1998 c’è una nuova rivista dedicata al marketing online: Web Marketing Tools

 

   
 
Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it
 
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