Rosa dei venti

I Garbugli della Rete - 29
dicembre 1998

Una rete di analfabeti?


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  Un po’ di tempo fa, mi hanno raccontato una cosa allarmante. Pare che, in una delle tante trasmissioni televisive in cui si dicono cose bizzarre e assurde in fatto di nuove tecnologie, un professore (di cui non conosco il nome) abbia detto che le nuove generazioni, abituate alla televisione e ai videogiochi, hanno perso la capacità di immaginare: cioè di proiettare mentalmente, quando leggono un libro, ambienti, situazioni e personaggi.

Ho cercato di informarmi. Ne ho parlato con psicologi, insegnanti e ragazzini. Per fortuna sembra che quella spaventosa ipotesi sia infondata. Quel professore è uno dei tanti imitatori di Martina la Beghina, di cui parlavo nel primo garbuglio più di due anni fa.

Ma quell’ipotesi, benché falsa, mi ha indotto a qualche meditazione. Stiamo rischiando di cadere in una "cultura dell’immagine" sciocca e superficiale, che distrugge ogni approfondimento? La risposta, purtroppo, è che ci siamo, da molto tempo; e c’è il rischio che anche le reti telematiche facciano la stessa fine.

Vorrei chiarire che non ho nulla contro la comunicazione per immagini. È uno dei nostri modi naturali di esprimerci; è una forma d’arte che può essere stupenda. Anche in piccole cose pratiche può essere utile (per esempio un semaforo funziona meglio con segnali cromatici che con parole).

Ma ogni linguaggio funziona se è usato bene – e per ciò cui è più adatto. Diecimila o più anni fa ci esprimevamo per immagini (e suoni più o meno articolati). Un po’ per volta i disegni divennero ideogrammi, che poi divennero alfabeto... insomma abbiamo imparato a scrivere e leggere. Adesso vogliono farci disimparare?

Non ho nulla, in generale, contro la televisione. Come tutti i mezzi, se usata bene è utile, interessante e divertente. Ma troppo spesso è usata per rincretinire, per banalizzare attraverso immagini, personaggi o atteggiamenti concetti che dovrebbero essere spiegati un po’ meglio.

L’internet, nei suoi primi vent’anni, è stata la riscossa della parola scritta. Usata per informare, esprimere opinioni, dialogare; perfino per costruire mondi magici come i MUD in cui si inventano ambienti e personaggi più o meno fantastici.

Poi è arrivata una nuova tecnologia. HTML, World Wide Web. Una risorsa molto interessante: usata bene, è pratica, efficiente, ricca di possibilità. Ha contribuito molto alla diffusione della rete. Ma troppi "nuovi arrivati" credono che sia tutto lì; e sentiamo continuamente parlare (sui giornali, in televisione, perfino nelle aule universitarie) della rete come se fosse una raccolta di cartoline illustrate.

Leggiamo cose stranissime... un docente di un’importante università (che per "carità di patria" non nomino) ha dichiarato a un grande quotidiano che "adesso c’è una cosa nuova, la chat". Nuova? Ma dov’erano, questi autonominati "esperti", quando passavamo le sere in chat (e ci scambiavamo idee in liste, forum, newsgroup e messaggi personali) molto prima che qualcuno inventasse la ragnatela?

Ci sono grandi imprese multinazionali che "centralizzano" sempre di più la loro comunicazione; e poiché nel mondo ci sono mille lingue diverse hanno deciso di esprimersi per immagini. Finché per venderci un balsamo per capelli ci mostrano una persona spettinata e poi no, o per venderci un detersivo un panno sporco e poi bianco... non è grave. Ma se (come alcuni già fanno e altri stanno progettando di fare) tentano di somministrarci per immagini semplicistiche concetti un po’ meno elementari, il rischio è grande.

In questo secolo, in paesi come il nostro, abbiamo sconfitto quasi completamente l’analfabetismo; ma la progressiva "omogeneizzazione" dei mass media ci ha buttati in un mondo di appiattimento, di superficialità, di modelli e idee sempre più stupide e ripetitive. La rete, nella sua molteplicità, è lo strumento più forte che abbiamo per uscire da questa trappola.

Non lasciamo che ce lo tolgano, imbrancandoci come pecore su pochi siti o pochi grandi "portali" di passaggio – e imbambolandoci con suoni e immagini a scapito dei contenuti. In quel modo, la rete diventa una tonnara.

Continuiamo a coltivare la nostra autonomia, la nostra capacità di ricerca e dialogo personale. E non dimentichiamo che lo strumento fondamentale per fare queste cose è uno: la parola scritta.

 

   
 
Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it
  dicembre 1998
 

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