Rosa dei venti

I Garbugli della Rete - 28
novembre 1998

Chi pecora si fa...


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  C’è in giro una strana aria di rassegnazione. Sono corse in rete voci di allarme e indignazione per alcuni episodi recenti, che vanno dai sequestri di computer (o addirittura di server) all’ennesima ondata di montature giornalistiche sui temi più svariati, da cui risulta che chi sta in rete è una persona malata e pericolosa. un maniaco sessuale, un “pirata”, un depresso, un misantropo, un malandrino che perseguita bambini e adolescenti. Ma c’è un senso di frustrazione, una percezione che “non c’è niente da fare”.

Di tutto ciò si era già parlato in questa rubrica, per esempio nei numeri di maggio e giugno 1997 e aprile 1998 – e anche in altri articoli raccolti in questo sito. Mi sembra che sia venuto il momento di iparlarne, per due ragioni.

La prima è che finalmente la rete sta dando segni reali di sviluppo in Italia. Da sei mesi c’è una crescita  abbastanza continua, più veloce della media europea e mondiale. Siamo ancora gravemente arretrati; ma se questa tendenza continuasse potremmo, in tre o quattro anni, recuperare lo svantaggio.

La seconda è che abbiamo uno strumento per agire. Ma di questo parlerò alla fine.

Dobbiamo rassegnarci? C’è chi dice «cosa vuoi, è così, non c’è niente da fare». C’è chi dice «che noia, è la solita storia». C’è chi dice «armiamoci e partite» (cioè io non faccio nulla, ma “qualcuno” dovrebbe pensarci). C’è chi dice «vabbe’, presto o tardi passerà». E c’è chi ha paura.

Capisco molte persone che hanno paura. Sottoposte a prepotenze e soprusi, non si vogliono esporre: temono, purtroppo a ragione, di essere messi in imbarazzo, additati come criminali; di perdere il lavoro o la credibilità nell’ambiente in cui vivono. Non è facile fare gli eroi, soprattutto se si è soli e nessuno ci aiuta.

Capisco meno quelli che hanno paura di nulla; per esempio le persone che, quando hanno letto articoli in cui accusavo apertis verbis personaggi di varie aree del potere, mi hanno sussurrato «Ma non hai paura di passare un guaio?»

Nessuno, finora, mi ha minacciato o perseguitato. È vero che in Italia succedono cose immonde, ma per fortuna non siamo in una situazione per cui chi ha il coraggio di esprimere un’opinione viene spedito alla Caienna. Insomma la prudenza è comprensibile, ma una paura esagerata non serve ad altro che a favorire i soprusi.

Chi pecora si fa, dice un vecchio proverbio, il lupo se lo mangia. E qui nasce un’altra forma di disfattismo: «Ma insomma, non c’è il lupo, nessuno sta per sbranarci». È vero, se ci confrontiamo con quei paesi (purtroppo tanti) in cui si rischia la galera, o peggio, per il solo fatto di collegarsi alla rete (o comunque di cercare, o di esprimere, un‘opinione indipendente). Ma se non ci sono i lupi ci sono varie specie pericolose in giro, dalle tante faine che si aggirano travestire da “buoni pastori” ai miopi dinosauri che possono calpestarci, o seppellirci nei loro ingombranti escrementi, senza neanche capire che cosa stanno facendo.

Presi uno per uno, siamo deboli. Possiamo lamentarci, parlarne fra noi, ma tutto questo è abbastanza inutile. Come è inutile agitarci su un singolo caso o su un momento di maggiore intensità di “criminalizzazione” della rete per poi dimenticare tutto – fino alla prossima volta; o fino a quando una cosa che sembrava generica e lontana ci colpisce nel nostro “particulare”.

Ci vorrebbe qualcosa. qualcuno. un gruppo organizzato che non facesse gridolini estemporanei ma lavorasse con continuità. La buona notizia è che questo “qualcosa” esiste. In tempi remoti (quattro anni fa) fu costituita un’associazione che si chiama ALCEIElectronic Frontiers Italy. Nacque, intenzionalmente, in anticipo: prima ancora che l’internet, come la conosciamo oggi, si diffondesse in Italia. Per un anno o due fu discretamente attiva; poi, purtroppo, divenne molto meno dinamica e visibile. Se non ne ho parlato finora è perché non mi sarebbe sembrato corretto annoiare chi mi legge con qualcosa che dubitavo potesse meritare attenzione e interesse. Ma ora, finalmente, quell’associazione sta riprendendo vigore e attività. Meglio tardi che mai.

Mi sembra che sia il caso di aiutarla, in tutti i modi possibili; come minimo iscrivendoci. e, se possiamo, dando anche un po’ di tempo e di impegno. Si sa che un’associazione libera da ogni legame politico o economico, che vive solo dell’attività volontaria dei suoi iscritti, non ha molte risorse. Ma proprio perché è totalmente libera e indipendente merita, secondo me, tutto l’aiuto possibile.

Personalmente, sono iscritto e faccio quanto posso per aiutarli. Più saremo a farlo, più forza avrà un’organizzazione che non ha altro scopo e ruolo se non difenderci dalle minacce (che ci sono) e aiutare l’ancora fragile cultura della rete in Italia a crescere sana e vitale.
 

 

   
 
Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it
  novembre 1998
 



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