onda
Le onde dei pensieri


 giugno 2002


“Palmari” si e no

 
Queste osservazioni mi erano
state chieste sei mesi fa
come prefazione per un libro
che poi (non so perché)
non è stato pubbicato.

Poiché anche in altre occasioni
ho ricevuto varie domande
su questo argomento
pubblico qui ciò che avevo scritto.
 



Che cosa può dire, a proposito di “palmari”, una persona che ne ha provato qualcuno solo per curiosità – e non ha l’abitudine di usare un’agenda elettronica o un computer più piccolo di un notebook?

Lascio decidere ai lettori se vale la pena di affrontare l’argomento da questo punto di vista. Ma forse, nella proliferazione di aggeggi e marchingegni, può essere utile una visione “esterna” per capire a che cosa serve, a chi e perché, uno strumento che non è banale né irrilevante.

Non tutto serve a tutti. Ci sono persone, tutt’altro che antiquate, che non guidano un’automobile, non hanno un telefono cellulare, non usano una macchina fotografica, non hanno un videoregistratore (o neppure un televisore) o non hanno mai messo le mani su una tastiera (scrivere un libro a mano può sembrare, ai nostri giorni, un’impresa assurda; ma c’è chi si trova più a suo agio in quel modo, perché – dice – “aiuta a pensare”).

Molte di quelle persone hanno una cultura profonda, attenta e aggiornata. Alcuni sono tecnici o scienziati che gestiscono abitualmente apparati più complessi e difficili di quelli che hanno scelto di non usare. Non sono “luddisti”, non vivono fuori dal nostro tempo. Semplicemente scelgono strumenti e comportamenti secondo il loro modo di essere. In questo senso sono più “moderni” e “avanzati” di chi crede di doversi assoggettare per forza a ogni moda, a ogni usanza e a ogni nuova proposta delle tecnologie.

Perché uno come me, che lavora ogni giorno con un computer, non sente il desiderio o il bisogno di usare un “palmare”?

Perché non faccio spesso lunghi percorsi in autobus o in metropolitana, non mi trovo tutti i giorni in un treno, un aereo o un aeroporto... o continuamente in giro per posti dove non posso accedere a un computer e dove ho bisogno di informazioni indispensabili che non posso portare con me in un documento stampato, in un dischetto o in un cd.

Perché quando viaggio preferisco leggere un libro. E perché come agenda preferisco usare un buon oggetto di cartoleria – con quel raffinato ed efficiente strumento che è una matita con la gomma incorporata.

Ma soprattutto perché di aggeggi elettronici ne ho già troppi, ognuno (specialmente i computer) ha bisogno di cura, manutenzione, backup, eccetera – e non ho il tempo, né la voglia, di dovermi occupare della gestione di un altro arnese se non è assolutamente necessario.

Tuttavia c’è nei palmari qualcosa che mi affascina. Spesso hanno sistemi operativi più intelligenti di quelli dei personal computer. È vero che “non ci vuol molto” perché i computer (specialmente con i software e i sistemi operativi più diffusi) stanno diventando sempre più stupidi, farraginosi e pasticcioni. Ma non è così semplice.

Nella tecnologia dei palmari sono stati fatti progressi molto interessanti – di semplicità, praticità ed efficienza – che i computer (desktop o portatili) farebbero meglio a imparare. “Per paradosso”... se volessi una macchina migliore di quelle che ho potrei cercare un modo per collegare un buon palmare, o un altro dispositivo con un software altrettanto funzionale, a un monitor grande e a una tastiera comoda.

Insomma non si finisce mai di imparare. Non si può certo correr dietro a tutte le varianti della tecnologia. Ma in questa ci sono aspetti interessanti che vanno al di là delle applicazioni specifiche. Vale la pena di capirli, perché se ne possono trarre conoscenze stimolanti su come si sviluppano e si sperimentano risorse e soluzioni che potrebbero trovare utili applicazioni anche in altri settori o sistemi.


Giancarlo Livraghi   gian@gandalf.it




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