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I vecchi, l’informazione
e la comunicazione



Un fatto largamente noto è che l’età media sta aumentando. Cioè ci sono più vecchi. Ma, benché se ne parli molto, è un tema trattato spesso in modo banale e poco approfondito. Si tratta di una situazione complessa, vissuta e valutata soprattutto come problema, meno capita e valorizzata come risorsa.

Mi dispiace doverlo fare, ma temo di essere costretto a una premessa personale. La vecchiaia è una condizione in cui mi trovo. Sono, perciò, in grado di capirla meglio di una persona più giovane. Ma corro anche il rischio di essere influenzato da una visione pro domo mea – cosa che, in queste osservazioni, cerco il più possibile di evitare.

Credo però, come “titolare” della condizione, di avere un diritto: la scelta della terminologia. Trovo sgradevoli, fastidiosi, umilianti e ipocriti gli eufemismi. Come “anziano”, “terza età”, eccetera. La vecchiaia si chiama vecchiaia, un vecchio è vecchio, un’analisi nitida comincia dal chiamare le cose con il loro nome. Anche se il concetto di vecchiaia cambia molto secondo la prospettiva – una persona di trent’anni può essere vecchia agli occhi di un adolescente, mentre una di sessanta è giovane dal punto di vista di un ottantenne.

In vari periodi ci sono state retoriche della giovinezza che proclamavano cose come “non fidarti di chi ha più di quarant’anni” (e scomparivano puntualmente dal lessico quando i loro propalatori arrivavano a quell’età). Ancora oggi (nonostante le diffuse ipocrisie) ci sono atteggiamenti di disprezzo e diffidenza. Ma è sempre interessante notare come quegli atteggiamenti cambino con il crescere dell’età.

In una società in cui i vecchi sono considerati un peso, la soluzione più semplice è farli morire il più presto possibile – o emarginarli nel modo meno impegnativo e costoso che le abitudini sociali considerano adeguato. Ma l’accettazione di un tale processo, logico quanto perverso, è ostacolata (specialmente in chi ha raggiunto un’età adulta) dalla paura di trovarsi, in futuro, a dover subire le conseguenze di quel metodo.

La situazione è diversa rispetto al passato perché il quadro culturale è cambiato. Ma anche perché nel mondo (e in particolare in Italia) c’è una presenza di vecchi molto più alta di quanto sia mai stata nella storia. Se vogliamo evitare che siano solo un “peso morto” difficilmente sostenibile, l’importante è capire che ruolo possono avere nella nostra società. Un tema che, ovviamente, ha molto a che fare con la quantità, e soprattutto qualità, di informazione e comunicazione.



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