L’umanità dell’internet
(le vie della rete sono infinite)

omini
di Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it



Capitolo 5
Non c’è un “Signor Internet”


Quando parlo del significato delle parole rischio di passare per un pedante (e non lo sono). Ma non sono banali questioni di lessico. Se è chiaro che definire bene le cose di cui si parla è uno strumento necessario del capire, mi si vede come un umile allievo di Socrate (e spero di esserlo). Ma facendo così si rischia la cicuta...

Vorrei scusarmi di nuovo con chi ha già letto queste osservazioni in libri o altre cose che ho scritto (e può tranquillamente “saltare” questo capitolo). Non mi piace ripetermi. Ma queste premesse mi sembrano necessarie per chiarire che cos’è e come funziona l’internet.

“Ciò premesso”... vorrei spiegare perché sono convinto che “internet” si scrive con la “i” minuscola e con l’apostrofo; e che la world wide web non è una ragnatela. Il modo in cui usiamo le parole è una conseguenza del modo in cui pensiamo – e a sua volta influisce sul nostro modo di capire e immaginare le cose di cui stiamo parlando.

Cominciamo con la ragnatela. Sembra incredibile, ma ancora oggi molti sembrano convinti che la rete sia un sistema centralizzato. Perfino in libri “seri” sull’argomento ho letto affermazioni come questa: «Se è una grande ragnatela ci dev’essere un grande ragno».

L’errore nasce dalla parola inglese web. Che significa “tessuto” o “rete”, non tela di ragno (cobweb). Tanto è vero che i francesi, correttamente, la traducono toile (tela). Devo confessare che anch’io, alcuni anni fa, ero abituato a chiamarla “ragnatela”; ma ho imparato a evitarlo perché mi sono accorto che può creare malintesi. È ancora stranamente diffusa la convinzione che la rete sia un sistema centralizzato e in parecchi casi l’ho vista rappresentata, anche visivamente, come una ragnatela con “grande ragno”, che nella mente di alcuni somiglia al “grande fratello” di orwelliana memoria.
Vedi per esempio L’orribile ragno.

Una visione che rivela un atteggiamento sbagliato e pericoloso: un misto di paura e di sperata prevaricazione. Il timore di cadere nelle grinfie di un mostro sconosciuto; o la tentazione di essere il ragno, di impadronirsi della tela per poter catturare vittime ignare. In realtà non c’è alcun ragno e non c’è un unico “centro” del sistema. La struttura dell’internet (e perciò della world wide web) non somiglia affatto a una ragnatela. È fatta così:


rete


Lo schema è enormemente semplificato. Nel disegno vediamo 60 nodi, mentre in realtà sono 100 milioni – con una complessità di connessioni che potrebbe essere rappresentata solo in un’immagine multi-dimensionale. Ma la struttura è questa.

(Per una spiegazione della struttura “distribuita” della rete, vedi l’appendice 1).

Questo non è un “dettaglio tecnico”. La struttura policentrica e “distribuita” della rete è la più importante delle sue caratteristiche, non solo dal punto di vista tecnico ma soprattutto per i suoi valori umani, culturali e sociali. Se immaginiamo ogni punto in questo disegno non come un nodo di connessione, ma come una persona o un gruppo di persone (impresa o organizzazione di qualsiasi specie) abbiamo, mi sembra, un’idea chiara e immediata di un sistema in cui tutti comunicano con tutti, in cui ogni messaggio può trovare un percorso diverso secondo la situazione, e in cui, soprattutto, non c’è un “punto centrale”. Ognuno di noi può essere, quando è il caso, il centro di grandi o piccole aree di scambio (cioè reti) ognuna delle quali ha un’identità distinta.

Un errore analogo, e molto più diffuso, è pensare che esista un “Signor Internet” o che il mondo delle reti sia qualcosa di paragonabile a un’organizzazione, con un vertice e una struttura gerarchica.


“Internet” non è un nome proprio

Credo che si sia qualcosa di sbagliato nella diffusa abitudine di scrivere “Internet” con la “I” maiuscola a di trattare la parola come se fosse un “nome proprio”.

Se qualcuno scrivesse «parlo via Telefono» o «ho visto su Biblioteca» o «guardo Televisione» o «sono in Giornale» o «scrivo con Posta» sarebbe preso per semianalfabeta o tonto. Perché non ci accorgiamo che è altrettanto assurdo usare in questo modo la parola “internet”?

Non so quale sia l’origine di questo errore, ma può derivare da un’interpretazione sbagliata dell’ortografia inglese. Molti americani scrivono the Internet con la “I” maiuscola. Ma l’inglese usa le maiuscole in modo diverso dall’italiano (per esempio noi non scriviamo i nomi dei mesi e dei giorni, o “io”, con la maiuscola) ed è chiaro che una parola preceduta da the non può essere un nome proprio.

Molte osservazioni che leggiamo o ascoltiamo a proposito della rete sembrano partire dal presupposto che ci sia un Signor Internet e che abbia un suo sistema di opinioni e di comportamenti. Anche se non si considera la rete come una persona, se ne ragiona come se fosse una “testata” giornalistica o televisiva, con una propria redazione, uno stile, una tendenza.

La rete non è un “mezzo”, né una comunità chiusa e omogenea. È un insieme di centinaia di migliaia di comunità diverse, ognuna con una sua identità; e di milioni di persone che scambiano messaggi, individuali o collettivi, ognuna secondo i suoi desideri e le sue esigenze. A molti piace immaginare che esista “il popolo della rete”; ma non capiscono che quel “popolo” non c’è. La principale qualità dell’internet è proprio quella di consentire a ognuno di scegliere i percorsi, i dialoghi e gli ambienti che preferisce.

Insomma... se scrivo “l’internet” con la “i“ minuscola non è per sminuire la rete. Al contrario, è per rifletterne l’infinita varietà. Se diciamo “la radio”, “il telefono”, “la posta”, “il giornale”, “il dialogo”, “la comunicazione”... mi sembra giusto dire e scrivere “l’internet”. Se tutti lo facessero, questo uso della lingua potrebbe aiutarci a capire meglio di che cosa si tratta. E a vedere la rete con meno diffidenza e più simpatia.


 
In parte è una coincidenza. In parte no.
Dopo la pubblicazione di questo libro
(e dopo la definizione di concetti analoghi
in La coltivazione dell’internet)
si è diffusa più di prima la percezione
che sia corretto scrivere “l’internet”.
 
Vedi per esempio un interessante articolo
di Georgia Garritano (20 novembre 2001)
Internet che nome è?
 



La questione dei “generi”

Una questione molto meno rilevante (perché influisce poco sul significato e sulla comprensione delle parole) è quella dei “generi”. A differenza del latino, dell’inglese e del tedesco (ma come il francese e lo spagnolo) l’italiano ha perso l’uso di quell’utile risorsa che è il “neutro”. Così succede che “mare” è maschile in italiano e femminile in francese, che stranamente “automobile” è femminile in italiano (forse per il banale motivo che finisce con “e”). Eccetera eccetera...

In un tempo che sembra remoto... eravamo nel 1994... mi trovai a leggere con religiosa attenzione La Bibbia del Modem di Giorgio Banaudi. Come quasi tutti, mi ero abituato a seguire l’abitudine dominante e dire BBS al femminile. Ma quando mi accorsi che in uno dei migliori libri dell’epoca Banaudi scriveva BBS al maschile, mi chiesi perché (più tardi ebbi l’occasione di incontrare l’autore, che confermò la mia interpretazione). BBS sta per Bulletin Board System. “Sistema” è maschile, ed è abbastanza comico (oltre che improprio) tradurre, come alcuni fanno, “bacheca”. Da allora, imparata la lezione, dico e scrivo BBS al maschile (anche se questo ha provocato qualche conflitto con le redazioni di alcune riviste).

Ogni tanto qualcuno mi chiede: “internet” è maschile o femminile? La risposta mi sembra ovvia... net, “rete”, femminile. E ci sono anche motivi filosofici, strutturali, pratici e affettivi per cui penso che “la rete è femmina” (vedi il capitolo 10). Per lo stesso motivo è femminile web (ma mi è accaduto di dover “girare la frase” per evitare un conflitto con un ostinato redattore che voleva web al maschile).

Ci sono cose bizzarre. Per esempio è diffusa l’abitudine di dire URL al femminile (si tratta dell’Uniform Resource Locator, in parole povere un indirizzo web). Mi sembra evidente che un “localizzatore” (o un “indirizzo“) sia maschile. Quando si tratta di GIF o JPEG, cioè “immagini”, succede un po’ di tutto... ma molti (come me) usano il femminile.

Chat (chiacchiera) è femminile: su questo sembra che siamo quasi tutti d’accordo. Così anche e-mail (“posta elettronica”). Potrei fare altri esempi, ma mi fermo qui. Credo che capire bene il senso delle parole sia importante; ma il “rigore grammaticale” lo è molto meno. Perciò non mi sembra preoccupante se si fa un po’ di confusione sui “generi”. L’importante è che si capisca di che cosa stiamo parlando.






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