La stupidità dicembre 2006 |
Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it |
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in pdf Lo so, è noioso. È deprimente, sgradevole, fastidiosamente ripetitivo ritornare sul tema delle tecnologie che non funzionano o che, invece di risolvere i problemi, li rendono sempre più difficili e complicati. Ma il fatto è che la situazione continua a peggiorare. Non ho smesso di credere nel valore dello sviluppo tecnologico, della ricerca scientifica, dellinnovazione (quando è nuova davvero e quando è utile) e delle tante risorse che ci offrono le tecniche già oggi disponibili, oltre a quelle che dai laboratori arriveranno, un giorno o laltro, a offrirci qualcosa di inaspettato o, comunque, interessante. Non ho smesso di credere che, in particolare, le tecnologie della comunicazione abbiano già portato cambiamenti straordinari e ci possano dare molto di più non solo con nuove risorse, ma anche con una crescente maturazione della nostra capacità di usare quelle che abbiamo. Non ho smesso di pensare che la turbolenza e il disordine in questi sviluppi sono non solo inevitabili, ma anche utili, perché sappiamo che i veri progressi nascono più spesso dal caos che da processi coerenti e lineari. (Vedi Pensieri semplici sulla complessità). Non credo che sia scandaloso luso di risorse per ogni sorta di motivi, compresi giochi e scherzi, perché divertirsi fa bene e la vita sarebbe noiosa se ci si occupasse sempre e solo di cose serie. Ma anche lumorismo ci insegna che un problema cè e continua ad aggravarsi. Infatti unoccasione per ritornare, ancora una volta, sullargomento è offerta da una serie di vignette satiriche pubblicate, in circostanze natalizie, da un autore che ho già citato varie volte: J.D. Frazer (Illiad). Sono cinque, dal 26 al 30 dicembre 2006.
Che molti contenitori, di ogni sorta di cose, siano di difficile apertura è una constatazione frequente (e dimostra come i produttori badino più alle proprie esigenze che a quelle dei loro clienti). Ma ovviamente lironia sta in una metafora più generale: il malfunzionamento delle tecnologie. La storia non è nuova. Per esempio era largomento di un racconto di Isaac Asimov del 1957 Insert Knob A in Hole B che avevo già citato nel 1999 (vedi incontro con Arno Penzias). Un gruppo di scienziati, su un lontano pianeta, riceve periodicamente dalla terra nuove attrezzature smontate per risparmiare spazio e accompagnate da manuali incomprensibili. Dopo mesi di disperazione nel tentativo di assemblare macchine e strumenti, finalmente dalla terra comunicano che il problema è risolto, perché con la successiva spedizione manderanno un robot montatore. Che puntualmente arriva smontato e con un manuale incomprensibile.
Sono passati cinquantanni da quando Asimov aveva messo il dito nella piaga. Il problema era diffuso allora, ma non abbiamo imparato la lezione. I pasticci e le disfunzioni continuano a moltiplicarsi. Non si tratta solo del sempre pericoloso potere della stupidità. Ma anche di un più specifico deterioramento culturale. La specializzazione è diventata isolamento, incapacità di capire. Ci sono situazioni in cui arriva alla paranoia. Ognuno sembra sempre più chiuso in un mondo isolato, incomprensibile per chi non ne fa parte e incapace di capire ogni umanità esterna che non ne condivide le prospettive e le manie. Nella cosiddetta era dellinformazione, si moltiplicano i fenomeni di incomprensione e di incapacità di comunicare (soprattutto di ascoltare e capire). Le conseguenze di questo circolo vizioso sono sempre più allarmanti. La soluzione, come concetto, è semplice: mettere al centro di ogni cosa (non solo delle tecnologie) la cultura e le esigenze umane. Ma le cose semplici sono (o sembrano) le più faticose per chi non sa allargare la mente, guardare oltre i limiti di culture egocentriche e di prospettive ristrette. (Vedi Larte difficile della semplicità e Il fascino della semplicità). |
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