Un piccolo episodio recente riguarda lennesimo virus.
Uno di quei vermetti più o meno maligni che si
aggirano da quindici anni. Pare che ce ne siano
cinquantatremila uno in più non è certo
una notizia. Ma cè un dettaglio
che può suggerire qualche meditazione.
Questo worm, che si chiama
w32.klez.e@mm, ha un
comportamento strano e astuto. Quando riesce a infilarsi nel
computer di chi distrattamente si lascia contagiare, come
altri suoi simili si moltiplica mandando in giro
messaggi e-mail con allegati infetti. Ma con una differenza.
Colloca indirizzi rubati nel campo from, cioè fa
sembrare che i messaggi vengano da qualcuno che non ha mai
contratto linfezione e che è ignaro di ciò che
sta accadendo... ma poi riceve segnalazioni di un problema
inesistente... e rimane piuttosto confuso fino a quando
riesce a trovare una spiegazione.
Sarebbe come se qualcuno fosse considerato la causa di un
contagio quando non è neppure un portatore
sano. Fra i vari effetti bizzarri ci sono i segnali di
indirizzi errati (undeliverable) per messaggi mai spediti.
E ci sono le segnalazioni di antivirus che lanciano falsi
allarmi a chi non ha mai contratto linfezione. Quando
lho fatto notare ad alcuni tecnici, mi hanno risposto con un
po troppa faciloneria: «È inevitabile.
Lantivirus non sa distinguere il falso mittente».
Qui casca lasino. La domanda non è se può,
ma come deve risolvere il problema. Se lautomatismo è
troppo stupido per fare il suo mestiere, basta un semplice
intervento umano. Sarebbe facile (dato che gli antivirus
conoscono questa bestiolina) modificare il messaggio di
avvertimento per dare una corretta informazione invece di un
falso allarme. Con un vantaggio per le persone e anche per
chi produce lantivirus, o chi gestisce il sistema di difesa,
che così si farebbe stimare dimostrando la sua
capacità di servizio.
Perché è raro che ci siano soluzioni
intelligenti? Perché la cultura dominante considera le
persone come accessori dei computer o dei software (o dei
siti web) mentre dovrebbe fare il contrario.
Questo episodio, in sé, è una piccola cosa.
Sarebbe trascurabile se non fosse un sintomo di una
mentalità diffusa. E così siamo arrivati al
punto. Che cosa vuol dire interattività?
Era importante porsi questa domanda fin dalle origini della
rete. E oggi lo è più che mai.
Le risposte automatiche, talvolta, possono essere utili.
Se sono ben concepite, se danno risposte adeguate e se non
ostacolano la risposta umana. Avviene troppo spesso il
contrario. Perché si tira al risparmio
cercando di ridurre le risorse umane. Perché si
ammucchiano automatismi fastidiosi e mal concepiti. Che siano
un disastro è ovvio. Perché si continuino ad
accumulare è poco comprensibile.
Uno dei motivi è che si è mal capito, o si
vuole mal capire, il concetto di interattività.
Un automatismo non è più interattivo
di un interruttore che accende la luce. E non diventa
più interattivo se invece di un
interruttore usiamo una connessione remota o un comando
vocale (con probabili disfunzioni che sarebbero comiche
se non fossero pericolose).
La funzione dellinformatica (e ancor più della
telematica) è migliorare la nostra vita, liberare
energie umane, toglierci compiti banali e ripetitivi per
lasciarci liberi di fare cose più interessanti.
Limperversare di automatismi e invasività ha
leffetto contrario. Il che, per dirlo in una parola,
è stupido.
Linterattività che conta è una sola: la
relazione fra persone. Le macchine sono utili solo quando
servono a questo scopo. Sono tanto più efficienti e
funzionali quanto meno ci fanno pesare la loro presenza.
Questo è un concetto molto semplice anche se
metterlo in pratica richiede tempo, pazienza e continua
attenzione. Può sembrare strano che si debba
continuare a ripeterlo. Ma i quotidiani disastri nelluso
delle tecnologie dimostrano che non lo si è imparato
abbastanza, che non lo si pratica con sufficiente
impegno.
Così come ai tempi antichi dei grandi computer
nelle sale macchine campeggiava la scritta
THINK (e in alcuni uffici la saggia sigla
KISS keep it simple,
stupid) oggi sarebbe bene se tutti quelli che si occupano
di comunicazione, di informazione e di informatica recitassero
con convinzione, ogni giorno, il mantra fondamentale: gli
strumenti al servizio delle persone non viceversa.
Unaltra fastidiosa complicazione nella vicenda
del virus klez è limperversare di spamming
da parte di qualcuno che tenta di approfittare delloccasione per offirire presunti
rimedi e bombarda ripetutamente di ingombranti messaggi indesiderati quanto
inutili le mailbox di persone che non sono mai state contagiate.
A proposito di meditazioni
che possono derivare da virus reali o immaginari vedi anche
La lezione di un finto virus.
Per quanto riguarda linterattività, mi scuso
con quel lettori che hanno già letto altre mie osservazioni
su questo tema, in libri, articoli eccetera. Ne parlo da sette o otto
anni (e ne ho scritto di nuovo anche recentemente vedi
per esempio il capitolo 17 di
Lumanità dellinternet). Ma largomento
è più che mai di attualità. Come conferma,
per esempio, un articolo pubblicato da Gerry McGovern il 18 marzo 2002
The myth of the interactive internet.