Offline Riflessioni a modem spento


Sant’Isidoro
e l’infallibilità

aprile 2001

also available in English



  Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it
 
Per approfondimenti sull’internet marketing
vedi la rubrica online Il mercante in rete
e il libro La coltivazione del’internet
 
 

 



Pare che stiano per nominare un santo patrono dell’internet – e che sia Isidoro di Siviglia. Un vescovo del settimo secolo, noto per la sua dottrina e per una raccolta enciclopedica di studi classici. Le autorità cattoliche mostrano una certa benevolenza verso la rete. Ci sono state interessanti coincidenze. A ogni ondata di demonizzazione dell’internet è seguita una dichiarazione delle più alte gerarchie ecclesiastiche in cui si smentisce che la rete sia diabolica e si afferma che è utile per il progresso dell’umanità. Ma non si sono visti quei cattolici che avevano partecipato alle cacce alle streghe recitare un ragionevole mea culpa.

È un fenomeno stranamente diffuso – indipendentemente dalle scelte di fede, di filosofia o di opinione. Nessuno ha mai torto, nessuno ammette di avere sbagliato. Se dovessi mandare una letterina al nostro futuro patrono gli chiederei di aiutare la gente ad ammettere gli errori. Non solo per liberarsi l’anima e la coscienza, ma anche perché sbagliando s’impara.

Che si sia sbagliato – e di grosso – è evidente. Ma nessuno lo ammette. Le borse crollano, le imprese chiudono o si precipitano a licenziare le persone cui promettevano facili arricchimenti. Gli analisti di borsa dicono che è colpa dei giornali, i giornali dicono che è colpa degli analisti. Gli uni e gli altri dicono «è quello che il pubblico voleva». Cioè il pubblico sarebbe cretino? O siete stati voi a ingannarlo? Non sarebbe stato compito vostro (e delle imprese che ottenevano finanziamenti) spiegare un po’ meglio di che cosa si trattava?

Siamo stati inondati di statistiche e proiezioni che non reggevano a un minimo di analisi ma venivano citate e pubblicate come vangelo. Nessuno ha la bontà di spiegarci come tutti quei numeri fossero stati messi insieme e che cosa si pensa di fare per evitare altri errori del genere.

Sono stati spesi miliardi (decine, centinaia, migliaia di miliardi) in base a progetti e business plan campati per aria. Qualche capo d’azienda, in America, si è dimesso. In Italia, a quanto pare, nessuno. Tutti infallibili, tutti bravissimi, tutti accoccolati nella loro imperturbabile arroganza. Se qualcosa non va bene è colpa del “mercato” che non ha capito, della concorrenza che ha inquinato il quadro competitivo, di un “ritardo tecnologico” che non si sa bene che cosa sia – o della “mano pubblica” che continua a proteggere alcune operazioni non impeccabili ma non è andata in soccorso a tutti per rimediare tutti i buchi nell’acqua.

Molti dei miei amici sono persone piuttosto critiche, ironiche e senza peli sulla lingua. Sento la loro voce... «già, ma tu quando hai sbagliato?». Tante volte, amici miei. Come quando ho comprato software che non mi serviva – o quando poi sono diventato così allergico che non installo neppure quello che mi serve. Come quando, più di un anno fa, dopo tante solenni dichiarazioni sulla generale impreparazione in fatto di comunicazione e nuove tecnologie, mi aspettavo “un giro di boa” e una sana scoperta del buon senso – che non c’è stata e forse non c’è ancora oggi (se non nel caso di chi lavora seriamente, e perciò della tanto chiacchierata “crisi” non ha alcuna paura – imprese e persone così ci sono e ci saranno, ma non sono l’ondata dominante delle chiacchiere).

Errare humanum. Soprattutto sbagliare è utile. Una delle qualità dell’internet è l’infinita possibilità che offre di fare, tentare, sbagliare, imparare e correggere. Ma per farlo occorre capire i propri errori, riconoscerli, trarne lezioni e insegnamento. Cosa che sfugge ai tanti frettolosi convinti di essere infallibili e di sapere tutto. Credono che si possa insegnare (e fare) senza imparare. Quando le conseguenze dei loro errori diventano troppo evidenti per essere negate... si affidano al vecchio e brutto gioco dello scaricabarile. O a qualche benevolo santo protettore.

Il gioco è finito? Pare di no. Probabilmente altri palazzi di cartone dovranno crollare prima che si faccia strada la semplice verità: si è sbagliato molto, si sbaglierà ancora... ed è naturale che sia così.

Ma se vogliamo vedere sviluppi più seri dovrà diffondersi una cultura in cui si ammette di sbagliare – e si correggono gli errori prima che sia troppo tardi. Non c’è specie più pericolosa di quelli che credono di non sbagliare mai.



 

Home Page Gandalf
home