Offline Riflessioni a modem spento


Navigare
nella nebbia

marzo 2001

also available in English



  Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it
 
Per approfondimenti sull’internet marketing
vedi la rubrica online Il mercante in rete
e il libro La coltivazione del’internet
 
 

 



Vorrei chiarire subito che non mi riferisco alla cosiddetta “navigazione” delle persone online, ma al modo in cui un’impresa traccia una rotta e governa il suo percorso nell’internet. Quando penso a questo problema, e alla situazione in cui ci troviamo oggi, mi viene in mente un episodio di vent’anni fa. Ero su una piccola barca a vela (proprio quella che sta all’ancora in questa pagina). Una mattina all’alba, uscendo dalla baia di Stintino, ci siamo trovati in mezzo a una fitta nebbia. Per alcune ore la navigazione è stata difficile.

Su quella barchetta non avevo un radar. Lo scandaglio c’era, ma vedeva solo ciò che si trovava sotto la barca; non lo scoglio che poteva essere poco più avanti. E dopo la prima mezz’ora i riferimenti erano persi; non era facile capire esattamente dove si fosse, quali insidie potesse nascondere il fondale, né se si rischiasse una collisione con qualcuno che stesse andando un po’ alla cieca come noi. Procedendo piano, con prudenza, ne siamo usciti bene. Ma (per questa e altre esperienze) so che navigare nella nebbia non è facile.

Sotto costa bisogna badare al percorso, metro per metro. In mare aperto il fondale è più lontano e prevedibile... ma ci sono altri rischi. Ci sono bestie grosse che possono non vederci sul radar (e anche se ci vedessero non avrebbero la possibilità di accostare abbastanza velocemente per schivarci). Come ci può essere qualcosa di simile a quel sommergibile che è emerso al largo delle Hawaii e ha sfasciato una barca giapponese.

Nel mare dell’internet la foschia è tanta – spesso è nebbia fitta – e non ci sono carte né portolani di cui ci si possa fidare. I fondali sono instabili – come quelli dei mari caldi dove la barriera corallina cambia continuamente. Quando andiamo in “altura” transita un po’ di tutto e nessuno si scansa per lasciare spazio al nostro passaggio.

La tentazione, in situazioni come queste, è stare in porto e aspettare che passi la nebbia. Ma questa nebbia non si alzerà in qualche ora, col salire del sole o con un giro del vento. Può durare parecchi anni. Se un giorno svanirà, probabilmente sarà troppo tardi.

Un’altra tentazione (molti lo fanno) è mandare allo sbaraglio barche ed equipaggi che ci si può permettere di perdere. Qualcuno andrà a scogli, o andrà a fondo, o si smarrirà chissà dove. Ma se uno arriva e trova l’Eldorado... Questo è il (vecchio) concetto su cui si è basata finora la cosiddetta “nuova economia”. I risultati sono quelli che vediamo.

Una terza, e ancora più sbagliata, ipotesi è cementificare: costruire “autostrade” su cui si possa andare in automobile o con qualsiasi mezzo che siamo abituati a usare in terraferma. Ma il mare della rete è troppo grande e turbolento. Quei tentativi si traducono in ingombranti ruderi che ostacolano la navigazione.

La soluzione valida è una sola: imparare a navigare nella nebbia. Con strumenti sensibili ed efficienti. Bussole e sestanti (il sestante non funziona quando non vediamo il cielo... ma ci sono i posizionatori satellitari). Mappe meteorologiche. Scandagli, sonar, radar (sensibili da lontano e da vicino, per avere obiettivi strategici ma anche tattiche precise nelle circostanze immediate). Soprattutto con gente che sappia leggere e interpretare non solo gli strumenti, ma tutti i segnali del clima e dell’ambiente. Con una barca solida e ben organizzata, un equipaggio capace di adattarsi alle circostanze e di imparare da ogni nuova esperienza. Con una guida che, come ogni buon comandante in mare, sappia essere insieme prudente e coraggiosa, lungimirante e attenta a ogni dettaglio.

Non è facile. Ma non è così difficile come sembra. Il problema è che bisogna uscire da molte delle abitudini tradizionali; e contemporaneamente non lasciarsi affascinare da immaginari miracoli promessi da qualche tecnologia di moda o da qualche inaffidabile fattucchiera.



 

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