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Pubblicato anche in InterLex il 2 maggio 2011
Le balordaggini degli e-book
Può sembrare bizzarro questo mio scrivere a puntate, come un tempo si faceva con i romanzi. Spero che i lettori non lo trovino fastidioso. Un giorno, probabilmente, raccoglierò tutto in un solo testo più organico. Ma non so quanto tempo ci vorrà per arrivare a una ragionevole maturazione. Intanto largomento è fluido, confuso, aggrovigliato. Levoluzione è incerta e disorientata.
Non è irragionevole seguire un percorso inevitabilmente intriso di dubbi, condizionato da un graduale apprendimento e basato, per quanto possibile, sui fatti, non su vaghe ipotesi o azzardate elucubrazioni di chi ha scarsa esperienza pratica.
Questa è la terza puntata. Le prime due sono:
Le malattie infantili degli e-book ottobre 2010
Far morire gli e-book perché possano nascere marzo 2011
(con due parti aggiunte poi come post scriptum).Il titolo di questo mio terzo (o quinto) capitolo deriva dalla rinnovata serie di testi che pubblica Manlio Cammarata, con cui è in corso un dialogo che aiuta ad approfondire e anche a mostrare come ci possano essere, giustamente, differenze di opinione.
Li raccoglie in una serie intitolata Questa balorda fase di sviluppo degli e-book e spiega così il motivo. «Incomincia qui una breve esplorazione della filiera delle-book. Per capire che cosè un e-book e quali sono i problemi di questa prima fase. Che Giancarlo Livraghi considera balorda. E sotto molti aspetti coglie nel segno».
Il suo punto di vista e il mio sono diversi. E proprio questo rende il dialogo interessante. Manlio Cammarata si concentra specificamente sul mondo degli e-book come addetto ai lavori, pioniere concreto di unipotetica nuova editoria elettronica. La mia prospettiva e unaltra. Ragiono soprattutto come lettore. Anche, ovviamente, come autore e, in più, mi baso su conoscenze pratiche di editoria, fin dai tempi in cui, mentre studiavo alluniversità, lavoravo come bibliografo e bibliotecario. Esperienza che poi è continuata, in vari modi, per tutta la mia vita. Le nostre origini culturali sono simili. Giornalismo, comunicazione, scrittura. Tutti e due siamo in rete dallepoca, che sembra remota, in cui si andava per bbs. Tutti e due abbiamo un sito web da quindici anni. Ma lui ora si sta affezionando agli e-reader, nonostante le loro malattie infantili. Io continuo a diffidarne anche se la mia inguaribile bibliofilia non è mai stata condizionata dal supporto.
Così ritorniamo al punto di partenza. Che cosè un e-book?
La definizione tecnica (come spiegato da Cammarata) è questa. «Quando parliamo di e-book, non parliamo di un libro riprodotto in qualche modo su un computer, ma di una nuova forma di libro, con particolari caratteristiche di rappresentazione del testo». Cioè «Il vero e-book è nato un paio di anni fa, grazie a una tecnologia nuova e ancora oggi poco evoluta: quella della carta elettronica (e-paper) o dellinchiostro elettronico (e-ink)».
Ma è inevitabile che la definizione sia un po confusa. La maggior parte delle persone non bada alla precisione tecnica. È facile pensare che e-book e libro in elettronica siano la stessa cosa.
Non è solo un problema lessicale. Se si vuole restringere la definizione a una particolare tecnologia (ancora balbettante e mal funzionante) che potrebbe essere in qualsiasi momento superata da unaltra, occorre comunque capire in termini più ampi levoluzione generale del libro non stampato (evitando, spero, di usare un aggettivo ambiguo come digitale).
Più che badare al vocabolario, è importante chiarire di che cosa si sta parlando. Come ho già scritto, varie volte, in altri casi, quando si pone la socratica domanda ti estì si rischia la cicuta. Ma spero di poter continuare a cercare di capire senza che si apra larmadietto dei veleni.
In modo un po grossolano, in questa fase dellevoluzione, potremmo distinguere tre categorie di libri non di carta.
- Quelli che ci sono da quarantanni e offrono una varietà di risorse. Dal puro testo, che ognuno può leggere così comè o impaginare (e stampare) come preferisce, ai vari sistemi di word processing. Dal generico ma efficace pdf a forme più evolute che permettono di fare edizioni anastatiche. Basterebbero quelle tecniche, con le loro possibili evoluzioni, se non ci fosse la nuova proposta della carta elettronica che (si dice) ha una leggibilità paragonabile alla carta stampata.
- I cosiddetti tablet. Esistono da dieci anni. (Che fine hanno fatto, intanto, i palmari?). I tablet sono arnesi da viaggio, per quando si ha bisogno di uno strumento leggero e poco ingombrante. Sono follemente costosi (più dei computer) e considerati cose da ricchi. I sostenitori dei nuovi e-reader dicono che sono superati, perché non offrono né e-paper né e-ink. È probabile che nella confusa evoluzione delle tecnologie siano un episodio, in attesa di una convergenza che offra unequilibrata gamma di scelte secondo le esigenze dei lettori.
- E ora, da due anni, cè la malaticcia infanzia di quelli che vorrebbero essere gli unici a meritare di chiamarsi e-book. Hanno lambizione di proporsi come progenitori di una, non meglio identificata, nuova editoria di cui finora non si vedono neppure le pallide luci dellalba.
Prima di proseguire, apriamo una parentesi. Nel già citato articolo, Manlio Cammarata ironicamente scrive: «I cultori del libro tradizionale, come lamico Giancarlo Livraghi, si disperano. Dove è andata a finire larte di impaginare?»
Lamichevole provocazione merita una risposta. È vero che sono affezionato ai libri stampati soprattutto per leggerli, ma anche come oggetti che mi fanno uninsostituibile compagnia. Ma non sono cultore esclusivo di alcun modo di fare libri. Sono convinto (come ho sempre detto e scritto) che amare i libri vuol dire capirli in tutte le loro forme. Dal rotolo di papiro al manoscritto su pergamena, dal testo inciso nel marmo a ciò che leggiamo e scriviamo con un computer.
Certamente non mi dispero per il balordo sviluppo degli e-book. Se fossi maligno, potrei dire nunc est bibendum, come Orazio in morte di Cleopatra e gioire del loro fallimento. Ma, al contrario, preferirei che guarissero delle malattie infantili e diventassero, davvero, un altro modo utile per leggere. Permettendo una ragionevole arte di impaginare, oggi resa difficilissima, se non impossibile, dalle rozze tecnologie degli e-reader.Nelle leggende che circondano gli e-book ci sono alcune fondamentali contraddizioni. Si dice che (grazie a e-paper ed e-ink) sono come un libro stampato (o addirittura, in certe condizioni di luce, meglio). Ma contemporaneamente gli aggeggi oggi disponibili costringono a disimpaginare per evitare che un libro, prodotto in quel modo, diventi illeggibile. Non è ancora possibile capire se ci si sta avvicinando allintenzione originaria, una realizzazione in similcarta dei libri così come li conosciamo o se stia nascendo una difficilmente definibile nuova editoria. Da questa impasse bisognerà trovare una via duscita.
Per cominciare, bisognerebbe definire un formato. Per andare incontro ai desideri dei lettori, forse potrebbero essere più di uno. Ma pochi (è necessario che siano più di due?) e ragionevolmente standardizzati per evitare di dover fare troppe impaginazioni diverse o di subire la violenza di una destrutturazione, che può solo rendere più difficile e faticosa la lettura o togliere ad autori, editori e redattori la possibilità di costruire il libro come vogliono.
Come già osservato nelle puntate precedenti, un fattore inquinante è il prezzo. Tutti gli e-reader sono troppo cari, anche in quellassurda dimensione 9x2cm che è inutilmente piccola. Quelli di dimensioni un po più ragionevoli hanno prezzi ancora più esagerati. Così cè unaltra infezione che complica il quadro clinico delle malattie infantili. Un ulteriore approfondimento su questa distorsione è in un recente articolo di Manlio Cammarata E-bo...ok, il prezzo è ingiusto.
Se non si risolvono questi problemi, non andiamo verso una nuova editoria, ma rischiamo di fare un drammatico salto indietro nel tempo, a cinquecento o cinquemila anni fa, quando un copista sbagliava a copiare, pasticciava lortografia, scriveva senza punteggiatura, non metteva spaziature fra le parole, eccetera. Oggi i guasti sono diversi, ma il rischio è lo stesso: la mancanza di una cultura del fare libri. Già nei libri stampati, purtroppo, cè un degrado. Con gli automatismi tecnici, è peggio.
Stranamente, si può rischiare anche di cadere nella sciocca malattia che affligge troppi siti web, con linvadenza di balordi effetti grafici a scapito dei contenuti e della leggibilità. Nulla che possa remotamente somigliare al fascino artigianale di un poco leggibile, ma esteticamente splendido, codice miniato.
Le tecnologie non aiutano. Quelle dei nuovi e-book si basano su elaborazioni ancora immature, provvisorie, male evolute e mal funzionanti che creano molti più problemi di quanti ne possano risolvere. Insomma siamo alle solite: tecnologie pensate secondo la logica unilaterale degli ingegneri, senza badare alla funzionalità per quello che dovrebbero fare.
Ad abundantiam cè il problema del plagio. Che è sempre esistito, ma con la facilità del copia e incolla si è moltiplicato.
Non si tratta dei soldi, cioè del dibattuto diritto dautore. Ma del furto di pensiero e di idee o, peggio, deformazione. Inseguire tutti i copiatori o manipolatori è impossibile ma almeno è opportuno che ci sia un testo certo di riferimento, come può essere assicurato da un libro stampato con il consenso e la verifica dellautore.
Alcuni laudatores delle nuove tecnologie si entusiasmano allidea di libri condivisi, che ognuno cambia come gli pare. Se è un gioco in cui tutti partecipano daccordo, o un palese scherzo su opere ben note, può essere divertente. Ma quando diventa manipolazione non bene identificabile come tale, aperta a ogni forma di inganno o di stupidità, il risultato può essere mostruoso.
Con i nuovi e-book limbroglio è facile? Pare di no. Ma è sempre meglio tenere gli occhi aperti quando si aprono troppe possibilità a incauti o maligni copisti.
E soprattutto al centro del vortice marasmatico cè la sciagura del walled garden, il giardino cintato. Roba da feudalesimo medioevale. Il risultato è che non solo gli e-reader sono grottescamente cari, ma anche incompatibili fra loro.
Ci vuole una rivoluzione copernicana. Mettere al vertice di ogni sviluppo o esperimento le esigenze dei lettori e la qualità dei libri. Lumanesimo e la cultura. Non abborracciate tecnologie né miopi, quanto rapaci, pretese di chi sta vendendo discutibili accrocchi a prezzi da gioielleria.
Intanto, per fortuna, ci sono i libri di carta. Che nulla, allattuale stato dell'arte, può sostituire. Con tutto il rispetto e la simpatia per ogni altra possibilità che possa nascere, questa è una constatazione confortante.