Convegno La Repubblica sull’internet – 12 Marzo 1998 – relazione di Giancarlo Livraghi


11) I pericoli dello spamming


Quando parlo della rete, spesso ho un dubbio. Quante persone che mi ascoltano sanno benissimo la cosa che sto per dire – e quindi si annoieranno? Quante invece no?

Questo è il caso di un concetto come spam, ben noto a chi ha "vecchia" pratica della rete, ma poco capito (come ho avuto modo di constatare) da molte persone che vi operano oggi.

Spam (per chi non lo sapesse) è un impasto di carne di maiale e prosciutto in scatola (spicy pork and ham) abbastanza diffuso negli Stati Uniti – anche se quasi nessuno lo considera una raffinatezza gastronomica. Fu oggetto di una famosa scenetta dei Monty Python, che si svolgeva in un ristorante dove tutti i piatti offerti contenevano quell’ingrediente, e la parola spam veniva ripetuta ossessivamente all’infinito

Così spam entrò nel gergo delle reti (quando ancora non si parlava di world wide web) per indicare l’eccessiva, ripetitiva e fastidiosa diffusione dello stesso messaggio – specialmente se con intenzioni commerciali o comunque "egoistiche".

Ci sono parecchi articoli riguardanti lo spam nel sito gandalf.it
– in particolare il capitolo 44 del libro L’umanità dell’internet.
 

Ancora oggi c’è chi propone lo spamming come una forma di promozione in rete; ci sono servizi a pagamento che propongono di organizzare la diffusione un messaggio a un gran numero di indirizzi e-mail.

Per quanto ho potuto constatare, non sembra che questa abitudine sia molto diffusa in Italia (anche se purtroppo sta cominciando a infittirsi). Ma negli Stati Uniti è un problema serio – e suscita non poche reazioni e polemiche.

Se tutti considerano fastidioso ricevere posta indesiderata (la cosiddetta junk mail), la reazione è ancora più intensa quando si tratta di posta elettronica. Il motivo è abbastanza ovvio. Se qualcuno riceve un catalogo o una lettera di vendita che non gli interessa, la butta via senza neanche aprire la busta o dopo aver dato una rapida occhiata al contenuto. Ma se arriva nella posta elettronica è costretto a leggere il messaggio prima di capire che è indesiderato; il fastidio, la perdita di tempo, l’invasione del suo spazio privato sono irritanti. In un ufficio, la posta può essere "filtrata" da una segretaria. Ma la posta elettronica di solito arriva direttamente al destinatario, perché presume che l’indirizzo della sua mailbox sia noto solo ai suoi corrispondenti abituali.

E c’è anche un problema di costo... sono, in realtà, pochi soldi; ma il fatto che qualcuno riceva, a spese sue, corrispondenza non richiesta produce un disagio che va al di là di ogni rigoroso calcolo economico – come quando certi uffici pubblici mandano posta indesiderata con l’affrancatura "a carico del destinatario".

Qualcuno, forse, può avere un successo effimero con questo sistema. Ma non mi sembra che sia una strada consigliabile per chi desidera costruire o mantenere un’identità di marca gradevole e affidabile.

Si può fare marketing in rete senza farsi odiare. Il mio consiglio in fatto di spam a chiunque voglia operare con un minimo di credibilità è semplice: evitarlo come la peste.

Credo che sia ancora più vero nella rete il classico principio del marketing: ciò che conta non è vendere una volta, ma acquisire clienti, costruire relazioni, conquistare fiducia. Nessuna di queste cose si ottiene stancando o irritando i nostri interlocutori.

Prima di arrivare alla conclusione (cioè a come penso che si possa operare con successo nella rete) ecco nelle prossime pagine una breve sintesi degli errori che, secondo me, è importante evitare. Suddivisi in due categorie: quelli che appartengono all’area strategica, e quelli che riguardano i metodi applicativi.



Precedente

Indice

Successivo


 

Homepage Gandalf
home