Icaro ci ripensa
e
cerca di camminare
Note sul secondo convegno AIIP Napoli, 27 novembre 1998
Un articolo su PC Professionale
di Giancarlo Livraghi
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In una Napoli brumosa e fredda, cera aria di tempesta al convegno
dallAssociazione Internet Provider. Il titolo era Emergenza internet.
Dopo tanti anni di discorsi trionfalistici sulla "crescita esponenziale" e sul
"decollo del mercato", in questo incontro si è parlato seriamente di problemi,
difficoltà, arretratezze e ostacoli. Era ora. Chi, già due o tre anni fa, osava osservare che non sono tutte rose, veniva tacciato di pessimista, tecnofobo, ignorante o uccello del malaugurio. Oggi si comincia a capire che se vogliamo costruire seriamente dobbiamo partire dalla realtà, non dai sogni. Deporre le fragili ali di un improbabile Icaro elettronico e mettere i piedi sulla terra. Ovviamente gli Internet Provider vedono il problema dal loro punto di vista. Mettono laccento sui danni prodotti dalla "posizione dominante" della Telecom, sugli ostacoli strutturali e normativi che rendono difficile il loro lavoro, sui freni che impediscono un adeguato e sano sviluppo del mercato. Fanno bene. Senza buoni provider, molteplici, diversi, in libera concorrenza e impegnati a dare un buon servizio ai loro clienti, il mercato e il mondo umano della rete non possono crescere. Ma è naturale che nellosservare la situazione abbiano messo a fuoco anche alcuni problemi più generali. Lo spazio limitato di questo articolo non mi permette di parlare dei vari interventi e e mi costringe a limitarrmi ad alcuni dei temi pi rilevanti; se qualcuno è interessato può trovare altre mie osservazioni su InterLex e un contributo, secondo me rilevante, nellintervento di ALCEI . Sui danni della "posizione dominante" dellimpresa ancora, in gran parte, monopolista il discorso sarebbe lungo; e infatti nel convegno se nè parlato diffusamente. Sappiamo che questo è un problema serio. Ciè che non sappiamo quale esito avrà listruttoria promossa dallAIIP presso lAutorità garante per la concorrenza e il mercato (antitrust) né come si svilupperanno gli interventi dellAutorità per le garanzie nelle comunicazioni che (come si è rilevato anche in questo convegno) è molto più occupata con le vicende televisive, o coi problemi della telefonia, che con le complicazioni dellinternet. Ma prima di arrivare alle norme e agli "incentivi" mi sembra necessario osservare la situazione generale. È emerso in questo convegno un fatto che in molti altri consessi e incontri si tendeva a ignorare o nascondere: larretratezza italiana in rete.È vero che anche da noi la diffusione dellinternet sta crescendo, e che ci troviamo in posizione di vantaggio rispetto a quel 98 per cento dellumanità che ne è ancora esclusa; ma rispetto ai nostri "concorrenti" economici e culturali siamo molto deboli. Se il "G7" non fosse diventato "G8" con lentrata della Russia, saremmo il "fanalino di coda" fra le "economie pi avanzate". La nostra economia fra il 3 il 4 per cento di quella mondiale, la nostra presenza in rete à meno dell1 per cento. Per uso della rete rispetto al PIL, siamo gli ultimi nellUnione Europea. Eccetera... (Per unanalisi, spesso aggiornata, dei dati sullinternet in Italia, in Europa e nel mondo, vedi la sezione dati). Il tanto proclamato "commercio elettronico" in pratica non esiste, e siamo ancora lontani dal tante volte annunciato "decollo". Un fatto ancora più grave è che la stragrande maggioranza delle nostre imprese è ancora impreparata nelluso della rete per lesportazione e per la competizione su scala mondiale. Si stima che ci siano centomila imprese esportatrici in Italia. Di queste forse qualche decina sta facendo un uso concreto ed efficace della rete; le altre o non ci provano neppure o si limitano a cincischiare con qualche inutile giocarello su un sito web. Insomma... molte chiacchiere, pochi fatti. È emerso, per fortuna, anche in questo convegno che per cambiare la situazione non bastano soluzioni tecniche e "incentivi". Utile, certo, incoraggiare i provider a dare un miglior servizio, offrire accessi efficienti a costi contenuti, eliminare pastoie e freni. Ma occorre anche creare un clima diverso, in cui persone e imprese oggi lontane dalla rete capiscano meglio la sua utilità. Si è detto chiaramente, anche da parte di rappresentanti della Pubblica Amministrazione, che in Italia molte persone pensano "non so che cosa farne dellinternet"; e che hanno ragione. Si è detto. e questo è giusto, che è un problema di contenuti. Quando le amministrazioni pubbliche useranno la rete per offrire servizi realmente validi ai cittadini, e quando le imprese private offriranno utilità di autentico valore, le diffidenze cominceranno a cadere. Molti, come me, da anni comprano libri in rete. Da Amazon. Usiamo senza timore una carta di credito, non abbiamo alcun dubbio sul fatto che riceveremo ciò che avremo ordinato. Siamo tranquilli. Perché? Perché abbiamo fiducia in un fornitore attento, efficiente e affidabile, che risponde sempre puntualmente a ogni nostra osservazione o richiesta. Eppure anche persone abituate a usare la rete non comprano quasi nullaltro, se non un po di software. Perché Semplicemente perché nessuno ci offre qualcosa che ci interessa; e perché in quei casi in cui abbiamo provato non abbiamo avuto esperienze così soddisfacenti. Potrei riempire trenta articoli come questo con gli esempi, miei e altrui, di servizi male offerti, consegne ritardate, incompatibilità mancanza di assistenza, eccetera eccetera. Come sappiamo, non è solo un problema commerciale. Perché una persona di buon senso dovrebbe affacciarsi a un mondo che vede così spesso dipinto come un covo di criminali, un vicolo buio gremito di "pirati", di virus e di minacciosi intrusi, una bolgia tenebrosa e disumana piena di androidi e di incubi? Quanto dovremo aspettare perché cominci a diffondersi una cultura più concreta e umana della rete? Si è parlato di "alfabetizzazione". Ma non basta. Per fortuna ha fatto capolino la parola "cultura", che è tuttaltra cosa. Una banale "alfabetizzazione" tecnica (spesso ostica e scostante) non basterà a convincere milioni di Signori Rossi e Signore Bianchi che la rete è uno strumento utile e (nonostante le farraginose e faticose tecnologie da cui siamo oppressi) non molto difficile da usare. Pochi, intelligenti apripista che sappiano comunicare un modo umano e offrire qualcosa di davvero utile possono fare molto di pi di qualsiasi "incentivo". Ma, per concludere, è proprio di "incentivi" che vorrei parlare. Si è parlato di "rottamazione" e lidea mi sembra, sinceramente, demenziale. Servirebbe solo a incoraggiare chi ha già un computer a comprare una macchina più complessa e costosa di cui non ha alcun bisogno. Secondo me bisogna fare esattamente il contrario: spiegare al colto e allinclita che ci si può benissimo collegare alla rete con un vecchio computer che abbiamo in casa o possiamo comprare al mercatino dellusato. Incoraggiare la produzione, distribuzione e vendita di buoni computer a basso prezzo, con software semplici, efficienti e compatibili: per offrire un accesso (alluso dellinformatica oltre che della rete) a chi oggi pensa di "non poterselo permettere" un po perché crede che costi troppo, e un po perché trova ostiche le tecnologie (che sono falsamente friendly... ma quello sarebbe un altro, e lungo, discorso). Si è parlato, con molti e comprensibili dubbi, dellindicazione nellallegato alla Legge Finanziaria, che "recita" così
Lascio agli esperti in legge e in burocratese il compito di indovinare che cosa vuol dire. Ma mi sembra molto vago e, là dove è preciso, preoccupante. Perché si dovrebbe incoraggiare solo un "uso prolungato" della rete? Per incoraggiare chi fa chat o chi si dedica a prolungate "navigazioni", a scapito di chi ha meno tempo da perdere, lavora offline e fa collegamenti brevi e frequenti? Chi pagherà? Sarà unautentica agevolazione o un ennesimo "regalo" alla Telecom? Lesperienza, purtroppo, ci insegna a essere molto diffidenti in fatto di "incentivi". Speriamo che questa volta sia una cosa seria. Sul problema degli "incentivi" vedi anche larticolo Timeo Danaos et incentiva ferentes (Offline, dicembre 1998) e il comunicato ALCEI del 4 gennaio 1999. |
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