Rosa dei venti

I Garbugli della Rete - 19
gennaio 1998

I numeri che non contano
e gli indiani che conteranno

 
 
 
 

Più di un anno fa in questa rubrica parlavo della ridda di numeri che circonda la rete. Il fenomeno continua. Chiunque abbia approfondito l’argomento sa che la maggior parte delle cifre calcolate da questo o da quello non sta in piedi – ma si continuano a pubblicare.

Sono passati meno di due anni da quando si ripeteva ad infinitum che gli “utenti internet” sarebbero stati un miliardo entro il 2000. Oggi le stime (non si sa bene su cosa siano basate) variano fra i 50 e i 90 milioni; è probabile che in due o tre anni si arrivi a 100 milioni – una bella cifra, ma irrisoria rispetto a cinque miliardi di persone. In tutta la fantasmagoria di numeri solo una cosa è chiara: il 98 per cento dell’umanità non ha alcuna esperienza della rete. Più di metà delle persone in rete vive negli Stati Uniti; nove su dieci in 12 paesi che rappresentano il 13 per cento della popolazione mondiale. Parlare di “reti globali” in questa situazione sarebbe comico se non fosse triste.

Chi vuole approfondire questo argomento (anche per l’Europa e l’Italia) trova dati e ragionamenti progressivamente aggiornati nella sezione dati di questo sito.

Ma il punto importante, secondo me, è un altro. I “grandi numeri”, nella rete, non contano. Non stiamo parlando dei mezzi “a senso unico” che possono raggiungere milioni di persone nello stesso istante. La struttura della rete è tutt’altra cosa: un sistema di piccole comunità, infinitamente complesso e vario - e proprio per questo affascinante. Nessuno può esplorare “tutte” le reti o leggere “tutto” ciò che si scrive. Ognuno deve saper costruire il suo arcipelago nel mare confuso della rete, che rimane on buona parte inesplorato: perché qualsiasi portolano o cartografia sarà inevitabilmente incompleta e sarà superata dai fatti prima che si riesca a distribuirla.

«Insomma, dirà chi legge, non spiegarmi queste cose, sono ovvie». Certo: ovvie per chi della rete ha davvero esperienza; e ha voglia di approfondire, per esempio leggendo una rivista come questa. Ma non per l’opinione diffusa, basata sulle panzane che si leggono sui giornali, o si sentono in televisione, o si raccontano nei salotti dove è di moda parlare di Internet senza sapere che cosa sia.

«Va bene, dirà ancora chi legge, ma mi spieghi che cosa c’entrano gli indiani?» Naturalmente (anche se spesso, e non per sbaglio, si paragona la rete al Far West) non sto parlando di Toro Seduto. Sto parlando dell’India: che (con tutto il rispetto per la cultura dei Maya, degli Inca e dei loro cugini settentrionali) è molto più importante; non solo per motivi demografici.

Una notizia straordinaria, che finora non vedo diffusa, è la decisione del governo indiano di autorizzare la proliferazione di ISP. Fino a poco tempo fa, gli accessi alla rete in India erano sotto il controllo dello stato: pochi, poco accessibili e troppo cari. Da due o tre anni il governo indiano dice che un accesso diffuso alla rete è una priorità. Ora stanno passando dalle parole ai fatti.

Hanno deciso di autorizzare a vendere connessione tutti i privati che vogliono farlo. Hanno anche deciso di permettere ai nascenti ISP non solo l’accesso alla rete telefonica, ma anche ai sistemi di comunicazione delle ferrovie, dell’ente elettrico e di altre grandi strutture (da noi, su questo fronte, siamo ancora alle chiacchiere e ai giochetti di politica e di potere).

Il “profeta” di turno si è affrettato a dire «ci saranno due milioni di indiani in rete entro il 2000». Forse gli sfugge il fatto che da qui alla fine del secolo ci sono solo tre anni. Gli indiani che sanno, o possono imparare facilmente, ciò che occorre per collegarsi sono decine di milioni; ci sono più indiani che europei capaci di parlare e scrivere in inglese. Ma ci vorrà tempo. La burocrazia indiana, per inefficienza e formalismo, è paragonabile alla nostra; e devono gestire un paese sedici volte più grande.

Ma presto o tardi, e non in pochi, arriveranno. Il loro esempio sarà probabilmente seguito da altri (chissà, forse un giorno cadranno anche le barriere politiche in Cina). Con l’arrivo di nuove culture, di nuovi mondi immensi e affascinanti, la rete non sarà più la stessa. Sarà ancora più ricca e interessante.

Queste si, sono notizie. Altro che l’ennesimo pupazzetto animato o qualche browser ingombrante come un tir che pretende di trattarci come bambini scemi (se potesse, vorrebbe insegnarci ad allacciarci le scarpe e a fare il caffè - e magari decidere che cosa dobbiamo leggere). Meglio usare qualche vecchio fidato software senza troppi tarli e ghiribizzi - e fare un po’ di conversazione con qualcuno che sta a Bombay o a Calcutta.  :-)


 

   
 
Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it
  novembre 1997
 



Post scriptum – luglio 2004

Se rileggo queste osservazioni mi accorgo che ero troppo ottimista.
Pensavo che i tempi non fosssero brevi – ma sono ancora più lunghi.
Naturalmente gli indiani in rete ci sono, da parecchi anni,
ma ancora oggi molto pochi rispetto al potenziale del loro paese.

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