Larca prima di Noè
Origine e significato di unantica leggenda
Giancarlo Livraghi gennaio 2014
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(migliore come testo stampabile)
Molte leggende non hanno alcuna base nei fatti. Sono fiabe con una morale educativa. O strumenti per attribuire autorità divina a poteri umani o per incutere terrore in chi pensa di poter trasgredire a regole, comandamenti, divieti (con uninsidiosa mescolanza di precetti ragionevoli e di arbitrarie imposizioni). Oppure sono, semplicemente, fantasie poetiche e letterarie.
Ma è interessante constatare come alcune mitologie abbiano radici, oggi verificate da attendibili ricerche, diverse da quelle tradizionalmente diffuse.
Una di queste è la parabola biblica dellArca di Noè . Di cui sono possibili, e plausibili, varie interpretazioni. Una nuova, particolarmente interessante, è offerta da un libro intitolato LArca prima di Noè.
Non ho letto il libro di Irving Finkel perché non è ancora pubblicato. Uscirà, dicono, nel febbraio 2014. Lho prenotato, vedrò che cosa potrò imparare quando avrò la possibilità di leggerlo. Ma intanto lautore ne offre unampia sintesi nel Daily Telegraph del 19 gennaio Noahs Ark: the facts behind the Flood.
Lo studio di Irving Finkel si basa su una tavoletta cuneiforme del periodo antico babilonese in stile babilonese semitico (Akkadiano). Perciò è databile con serio metodo scientifico fra il 1700 e il 1900 a. C cioè mille anni prima del biblico Libro della Genesi in ebraico, in cui si trova la storia dellArca di Noè.
È interessante il racconto di come si è evoluta questa ricerca. Loggetto dello studio non è una scoperta recente. La tavoletta era stata trovata in uno scavo a Ninive e dal 1872 è conservata al British Museum.
Ci sono voluti 140 anni, con varie fasi di verifica e studio, per arrivare alle deduzioni che se ne possono ricavare oggi. La ricerca è stata anche frenata da situazioni di imbarazzo ideologico e di contrasto con le autorità religiose quando i primi esperimenti di decifrazione rivelarono lesistenza di un testo sul diluvio da una fonte molto più antica di quella biblica.
(È sconcertante pensare allenorme quantità di reperti, non ancora decodificati e approfonditi, che possono portare a importanti scoperte sulla storia delle culture umane).
Unaltra incisione cuneiforme, con identico testo, fu poi scoperta alla fine della seconda guerra mondiale. Conservata in una collezione privata e portata al British Museum, per essere autenticata e interpretata, nel 1985. Ma solo nel 2009, in occasione della mostra Babylon Mith and Reality, Irving Finkel si rese conto dellimportanza di quel particolare reperto e si mise a studiarlo, con crescente curiosità per le rivelazioni che ne se ne possono dedurre.
(Il Dr. Finkel è il curatore dellimmensa collezione di 130.000 iscrizioni cuneiformi dallantica Mesopotamia conservate al British Museum).
Indipendentemente da questa particolare scoperta, molte altre fonti dimostrano la diffusione di storie di un grande diluvio in una vasta diversità di culture. Se ne trovano esempi in Mesopotamia, Egitto, Grecia, Siria, Europa, India, Nuova Guinea, Australia, America settentrionale, centrale e meridionale. Studi di paleometeorologia indicano che un diluvio cè stato davvero, ma non spiegano lorigine della storia dellArca.
Così come il mito di Atlantide si può far risalire a un evento reale, probabilmente un terremoto e maremoto, è altrettanto credibile che ci sia stato davvero un diluvio in cui la nostra specie ha rischiato lestinzione.
Molteplici studi in corso, di cui non è chiaro lesito, oltre a movimenti tellurici comprendono anche ipotesi di scioglimento dei ghiacciai. Insomma che qualcosa sia successo sembra credibile, ma resta da capire che cosa.
Che qualcuno abbia davvero costruito qualcosa di galleggiante capace di sopravvivere allinondazione è un argomento diverso. La tradizione biblica dice che lArca è atterrata sul monte Ararat. Ma, osserva Irving Finkel, ci sono diversi monti candidati a quel ruolo. Per esempio gli Assiri nellepica di Gilgamesh pensavano che fosse il monte Nitsir (ora nel Kurdistan iracheno) mentre la tradizione islamica ha sempre favorito Cudi Dagh in Turchia.
Una domanda che mi sto facendo e di cui non trovo risposta è perché nella leggenda dellArca in tutte le sue versioni, a partire da quella babilonese che è probabilmente lorigine, il costruttore si preoccupi di salvare diverse specie animali non domestiche né da allevamento. Cioè quasi quattromila anni fa cera qualcuno consapevole, anche solo in una fiaba didattica, del nostro ruolo come specie dominante nel salvare e proteggere la biodiversità?
Domande come questa rischiano di restare a lungo senza risposta. Ma intanto cè un fatto che abbiamo già avuto la possibilità di capire.
Forme evolute di consapevolezza esistevano in fasi antiche di quella che siamo abituati a chiamare preistoria. Ed è questa la caratteristica dellunica specie umana sopravvissuta.
Come ho già scritto varie volte, e trova conferma in questo esempio, la responsabilità non è solo questione di etica. Oggi lumanità ha il potere che, per tanti millenni, ha attribuito agli dei. Perciò abbiamo una responsabilità che dobbiamo imparare a gestire senza poter contare su un intervento divino, protettivo o punitivo, che ci insegni o ci costringa a trovare la strada giusta.
Un altro aspetto degli studi sul mito dellArca riguarda la tecnologia. Anche in altre tradizioni ci sono indicazioni su come costruirla. Per esempio, nel testo biblico, alcuni dettagli tecnici nelle istruzioni divine a Noè. E, in modo diverso, nelloriginario testo babilonese.
Irving Finkel osserva che lo stile raffinato del (non firmato) scritto cuneiforme non può essere opera di un qualsiasi scriba. Rivela il pensiero di un autore competente, fra laltro, di ingegneria navale. Finkel ci racconta la sua sorpresa quando scopre, approfondendo i dettagli del testo, le istruzioni su come costruire una struttura galleggiante inaffondabile.
È qualcosa di completamente diverso dal modo banale (e poco credibile) in cui viene abitualmente disegnata lArca di Noè (una specie di grossa e goffa barca a dondolo, con sopra un improbabile edificio).
La rappresentazione tradizionale dellArca di Noè in un dipinto di Aurelio Luini (1556)Seguendo le istruzioni dellignoto autore babilonese si arriva a costruire un galleggiante rotondo. Più simile a una grande zattera che a una nave.
Questa è limmagine con cui Irving Finkel rappresenta larca babiloneseDobbiamo lasciare a chi è competente in materia interpretazione di un testo in babilonese antico e struttura delle imbarcazioni di quellepoca il compito di confermare o mettere in discussione le deduzioni di Irving Finkel. Ma in questa sorprendente ipotesi cè qualcosa di molto credibile.
Lipotetica arca doveva soprattutto essere inaffondabile. Sarebbe stato meno utile che fosse governabile, cioè che avesse vele e timone, perché nella terra sommersa dal diluvio sarebbe stato impossibile tracciare una rotta. Avrebbe dovuto essere molto grande, per poter ospitare tante specie diverse (anche tenendo separate quelle ostili fra loro) con il cibo per tenerle in vita.
Irving Finkel cita anche il fatto che era una pratica nota ai babilonesi luso di contenitori chiamati coracle rotondi, impermeabili e inaffondabili.
Resta da capire perché il narratore del diluvio volesse dare indicazioni precise per la costruzione di una zattera così gigantesca. Solo per dare credibilità alla parabola? O forse anche per lambizione babilonese di impressionare il mondo con la grandiosità delle sue costruzioni, non solo in terra ma anche in mare?
La vera lezione di questa scoperta, e delle sue possibili interpretazioni, per quanto mi riguarda sta nel fatto che molto resta ancora da scoprire sulla affascinante storia dellumanità. E che con le tecnologie e i metodi di verifica di cui oggi disponiamo aumentano continuamente le possibilità di togliere il prefisso a quella che si usava chiamare pre istoria.
Cosa utile non solo a chi, come me, ha uninsaziabile voglia di imparare sullargomento, ma anche in generale per avere nuove e migliori risposte alleterna domanda. Chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando?