L’umanità dell’internet
(le vie della rete sono infinite)

omini
di Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it



Capitolo 22
Il diritto di copiare


Questo libro sarà interamente disponibile online. I lettori sono liberi di stamparlo, fotocopiarlo, ritrasmetterlo, riprodurlo in tutto o in parte, come e quando vogliono. Con due sole condizioni: “citare la fonte” e non distorcere il significato. (Vedi la Licenza open content dell’editore e il testo Riproduzione libera su questo sito). E con l’ovvia cautela che è giusto e ragionevole riprodurlo per uso personale, ma non è legittimo “metterlo in commercio”, cioè vendere le copie o ripubblicarlo “in forma di libro”. L’editore e io siamo convinti che con questo sistema non si venderà una copia in meno; anzi forse se ne venderà qualche copia in più. Perché (banalmente) costa più tempo e fatica stampare tutto un libro, o farne fotocopie, che comprarlo; e un libro stampato e rilegato è più comodo e pratico. E perché se la lettura di qualche pagina online sarà interessante, farà venir voglia di leggere tutto il libro (cosa che è scomodissimo fare su un monitor). Se sarà deludente... allora il libro non merita di essere venduto. Ci offriamo alla prova dei fatti. Fra un anno sapremo se la nostra è una scelta giusta o un atto di ingenuo autolesionismo.

Né l’editore né io, così facendo, abbiamo rinunciato al “diritto d’autore”. Il testo rimane proprietà di chi l’ha scritto, il diritto di pubblicarlo rimane dell’editore secondo il contratto che abbiamo firmato. Semplicemente non vogliamo esercitare i nostri diritti in modo repressivo e “legalistico”; ci affidiamo al buon senso, alla cortesia e alla civiltà delle persone; e riconosciamo (entro i limiti del ragionevole) l’universale “diritto di copiare”.

L’unica cosa che, confesso, mi irrita un po’ è la cattiva abitudine di “appropriarsi” del lavoro altrui; cioè di riportare i contenuti di un’opera (che sia un testo, una musica, un disegno o qualsiasi cosa) senza avere la civiltà di “citare la fonte”. Se dovessi perseguitare legalmente tutti quelli che fanno così, passerei la mia vita in tribunale. Mi limito a dire che non è solo una scorrettezza, ma anche una stupidaggine. Riconoscere l’origine di un’idea o di un pensiero vuol dire rafforzarne il valore (“non lo dico solo io”) e informare meglio chi legge.

Ci sono infiniti dibattiti e polemiche sul tema del “diritto d’autore”. Comprese le furibonde battaglie intorno alla diffusione della musica online (Napster, Gnutella eccetera), episodi sconcertanti come una coalizione di editori italiani contro la diffusione di testi braille per i ciechi... eccetera.

“Copiare” musica è diventato facile da quando esistono le cassette magnetiche – e ora è possibile anche con sistemi “digitali”, come i cd, perché un “masterizzatore” non è più uno strumento molto costoso. Ma ha avuto un particolare sviluppo con l’uso della rete – e questo ha suscitato le preoccupazioni e le furiose reazioni delle grandi case discografiche; specialmente quando si sono sviluppati grossi nodi di scambio musicale, con conseguenti conflitti e complicate liti giudiziarie.

La cosa più grave è che ci siano abominevoli leggi come quella italiana che con il pretesto del “diritto d’autore” sostiene gli interessi delle grandi concentrazioni dell’editoria, della musica, dello spettacolo e del software, nonché di un farraginoso e corrotto carrozzone burocratico come la Siae, contro i diritti e le esigenze dei cittadini e della società civile.

Ci sono molte assurdità nelle leggi sul “diritto d’autore”, compreso il fatto che in Italia copiare un testo, una musica o un software (anche se è solo per uso personale e non per farne commercio) viene considerato un reato penale, punibile con la stessa severità di un omicidio colposo. (Vedi il comunicato ALCEI Va di male in peggio la legislazione italiana sul “diritto d’autore” a l’articolo La mostruosa legge sul “diritto d’autore”). Sugli abusi che derivano da queste norme sbagliate, compresi i sequestri di computer, vedi il capitolo 39.

L’argomento è complesso, ma un fatto è chiaro. È venuto il momento di rivedere il concetto di “diritto d’autore”. Questo criterio, come lo conosciamo oggi, è nato da una tecnologia: la stampa. Finché gli strumenti di produzione (di un libro, un giornale, un disco, un film) erano nelle mani di pochi e si basavano su risorse molto costose, il sistema dei “diritti” cui siamo abituati aveva motivo di esistere. Ma non è più così. Ci sono le fotocopiatrici, le stampanti, i registratori audio e video, i dischetti e altri strumenti. Ognuno ha possibilità tecniche di riproduzione. C’è l’internet: ognuno può distribuire all’infinito un testo, un’idea... anche una musica o un’immagine e (“carico di banda” permettendo) un film.

Davvero pensiamo che un autore o un editore possano inseguire con torme di avvocati ogni studente che fa una fotocopia di un testo? Anche se qualcuno potesse mettere sotto controllo i siti web, chi potrebbe impedire la diffusione di testi per e-mail?

Questo significa che gli scrittori, i compositori, i musicisti eccetera devono morire di fame? Certamente no. Ma bisognerà trovare un modo nuovo per compensare l’opera dell’ingegno, o almeno rendere molto più flessibile il concetto di “diritto d’autore”. Per il software come per la letteratura, per la musica come per il teatro o il cinema.

Confesso che non so quale sarà la soluzione. Ma credo che con un po’ di buon senso si possa trovare un equilibrio, così che se qualcuno scrive (libri, musica o software) abbia il giusto compenso, ma la diffusione delle idee (e delle tecnologie) non sia frenata da criteri nati cinquecento anni fa, in una realtà tecnica, economica e culturale profondamente diversa da quella di oggi.

Come? Si vedrà. C’è materia per far lavorare giuristi, tecnici, autori, editori e “istituzioni” culturali in mezzo mondo. Ma una cosa mi sembra evidente: il diritto di diffondere, elaborare, usare idee e tecnologie è diventato inalienabile e nessuna repressione potrà cancellarlo. Occorre accettare il fatto e portarlo alla luce: adeguare diritti e doveri alla realtà in cui viviamo.

Intanto... “nel mio piccolo” cerco di razzolare come predico. Non posso consigliare ai lettori di questo libro di copiare tutto quello che trovano in giro, come e quando vogliono, perché con le leggi esistenti sarebbe considerata “istigazione a delinquere”. Ma posso dire che ci sono molte possibilità, specialmente in rete, di avere e sapere tutto ciò che ci serve senza dover pagare “diritti” non sempre legittimi o giustificabili. Compreso il fatto che per quasi tutti i software a pagamento esistono ottime alternative gratuite, o a prezzi molto più ragionevoli; e (benché la lobby di chi difende i privilegi del passato sia riuscita a portare la scadenza del “diritto d’autore” da cinquanta a settant’anni) esiste un patrimonio “classico” di letteratura, musica, arte e cultura accumulate nei secoli e nei millenni, che in quest’epoca un po’ scarsa di memoria vale la pena di riscoprire. Con molti contenuti e valori di straordinaria attualità.






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