Lumanità dellinternet
(le vie della rete sono infinite)di Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it
Capitolo 6
Fantasia, intuito, calore umano
Trentanni fa era di moda, fra i teorici della comunicazione e dei mass media, uno scrittore canadese: Marshall MacLuhan. Le sue opere sono confuse, farraginose e piene di contraddizioni. Contengono alcune intuizioni brillanti, ma molte ipotesi bizzarre che non hanno trovato alcuna conferma nei fatti e che non aiutano a capire i sistemi di comunicazione che hanno assunto un ruolo così importante nella struttura del mondo. Dai suoi lavori sono state tratte alcune teorie, che ancora oggi sentiamo citare un po troppo spesso.
Si parla di villaggio globale e cè qualcosa di vero. Lappiattimento progressivo e la disperante omogeneizzazione dei mezzi di informazione (in particolare la televisione, ma di riflesso anche la stampa) hanno creato un modo irreale in cui idee, opinioni e informazioni seguono sempre più uno schema trito e ripetitivo. Ma è un fenomeno molto superficiale. Il mondo delle apparenze, delle mode e delle tendenze, è uno strato cosmetico che nasconde una realtà molto diversa. Il villaggio globale esiste solo nel mondo immaginario delle metafore televisive e delle notizie la cui presunta importanza è sempre meno determinata dalla rilevanza (o verità) delle cose e sempre più da un sistema ciecamente ripetitivo che copia passivamente se stesso. (Se cè qualcosa che merita di essere chiamato virtuale non è linternet o la comunicazione elettronica. È il mondo artificioso, e sempre più irreale, della televisione).
Fu affidata a un pupazzo, qualche anno fa, una sintesi piuttosto chiara della situazione. Il Gabibbo cantava: «Siamo nella valle delleco. È morto il libero pensiero». Oggi cè chi pensa che un concetto del genere sia applicabile allinternet: mentre il valore più importante della rete è proprio il contrario. La possibilità che ci offre di rompere le catene dellomogeneità e scoprire i valori della differenza.
Un altro concetto, che ha la stessa origine, afferma che il mezzo è il messaggio. Non è vero. Anche i mezzi tradizionali, per quanto centralizzati, si prestano a infiniti usi diversi. Con qualsiasi mezzo si può comunicare qualsiasi messaggio; e si può scegliere anche il tono, lo stile, la maniera con cui viene trasmesso. Lomogeneità non è una caratteristica degli strumenti di comunicazione, è solo il frutto della pigrizia (o dellintenzionale manipolazione) di chi li usa.
La terza, e ancor più sballata, teoria è che esistano mezzi freddi e mezzi caldi. Da questo tentativo di schematizzazione non si è mai ricavato qualcosa di utile o significativo. Ne sono nate, invece, teorie più o meno astruse che servono solo a confonderci le idee.
Che schemi del genere si possano applicare allinternet, è assurdo per ipotesi perché il sistema delle reti non è un mezzo e permette molti diversi modi di comunicare. Tuttavia cè chi pensa che la rete sia fredda perché nasce dallinformatica. Ma sono digitali solo gli strumenti di cui ci serviamo. Si usano strumenti digitali per scomporre un testo, impaginare un libro o un giornale, per la musica e la televisione, per fare fotografie e anche per disegnare. Ma questo non ha alcuna influenza sul calore o la freddezza di un testo, di una musica, di un film o di un disegno.
Nel 1982 John Naisbitt, in Megatrends, aveva definito il concetto di high tech - high touch. Non è un caso che nel 1999 abbia dedicato a questo argomento un intero libro. Naisbitt riassume così il suo pensiero:
High tech - high touch è una formula che uso per descrivere il modo in cui rispondiamo alla tecnologia. Ogni volta che una nuova tecnologia viene introdotta nella società, ci deve essere il contrappeso di una spinta umana che ristabilisce lequilibrio cioè high touch se no la tecnologia viene respinta. Più cè high tech, più occorre high touch.
Questa teoria è ampiamente confermata dai fatti. Ma lesperienza della rete ci porta più avanti. Il valore del tocco umano si dimostra fondamentale, dominante su ogni applicazione tecnica. Ogni volta che la tecnologia prende il sopravvento sui contenuti si ha un impoverimento della comunicazione. E si conferma ciò che è noto a ogni studioso attento della comunicazione e del comportamento umano: i valori dellemozione, del sentimento, dellintuito non sono separati dai contenuti razionali. Le relazioni umane sono un tutto inscindibile, dove cuore e cervello agiscono sempre insieme.
Dice Gerry Mc Govern, nel suo bel libro The Caring Economy:
Linternet non è fatta di tecnologie, ma di persone che comunicano, persone che cercano e offrono informazioni. Limportante è aver cura delle relazioni e delle persone. Non cè nulla di banale nel concetto di aver cura.
Nessuno sviluppo tecnologico ci hai mai tolto la voglia, il desiderio, la necessità dellincontro umano. Quando, migliaia di anni fa, abbiamo imparato a scrivere non abbiamo smesso di parlare e di cantare. Con la diffusione della musica riprodotta è aumentato, non diminuito, il numero delle persone che vanno ai concerti. Nessuno, che non sia un misantropo patologico, si è chiuso in casa solo perché esiste il telefono. Limportante è saper usare e governare le tecnologie. Linternet, in particolare, è uno strumento prezioso per allargare e arricchire le nostre conoscenze ma soprattutto lampiezza e la qualità dei nostri rapporti con le persone.
In sostanza, un fatto è chiaro. In ogni uso delle tecnologie è importante tener conto del fattore umano e dei valori di relazione personale. Questo è particolarmente vero nei sistemi di comunicazione e specialmente nel caso dellinternet. Le tecnologie (se usate bene) possono favorire, arricchire e agevolare il rapporto umano e personale. Non sostituirlo.
Lesigenza di calore umano è radicata nei geni della nostra specie. Chi si inchina al mistico predominio della divinità elettronica (o ne teme la satanica onnipotenza) non ha vera confidenza con le tecnologie di comunicazione. Una cultura più consapevole ed esperta è quella che esprime vigorosamente la necessaria gerarchia dei valori: le macchine al servizio delluomo, non viceversa.
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