“Senza se e senza ma”
resta solo stupidità

Giancarlo Livraghi – luglio 2012

 
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Come già detto in varie cose che ho scritto, benché alcuni me lo chiedano non saprei come fare un elenco dei manierismi, dei luoghi comuni e delle sciocchezze che infestano il mondo giornalistico (e non solo). Perché ce ne sono già troppi (un elenco sarebbe interminabile) e ogni giorno qualcuno ne inventa uno nuovo – poi diffusamente copiato, ripetuto e distorto da una schiera infinita di intenzionali o inconsapevoli imitatori.

Ma forse può valer la pena, talvolta, di sceglierne uno per valutarne le conseguenze. Per esempio “senza se e senza ma” è ricorrente nel mondo della politica – e non solo. Proclamato (anche quando non è così definito) in ogni sorta di situazioni, con “certezze” tanto granitiche quanto insostenibili.

Lo diceva Bertrand Russell. «Il problema del mondo è che gli stupidi sono troppo sicuri e gli intelligenti sono pieni di dubbi». E tre millenni prima il faraone Akhenaton. «Il saggio dubita spesso e cambia idea. Lo stupido è ostinato, non ha dubbi. Conosce tutto fuorché la sua ignoranza».

Quando un politico dice “senza se e senza ma” vuole affermare la sua adesione a un principio. Che sia sincero, è improbabile. Ma, anche se lo fosse, la sua posizione non potrebbe essere inderogabile. La politica, anche la più onesta, è inevitabilmente (almeno in parte) l’arte del compromesso.

Comunque, in tutte le cose, le affermazioni “assolute” o sono bugiarde o sono sciocche – spesso le due cose insieme. In realtà è inevitabile che ci sia qualche “se” e qualche “ma”. È enormemente più utile e interessante capirli che trincerarsi in ostinati preconcetti.

Il più fondamentale e universale dei princìpi, “non ammazzare”, sembra semplice – ma uccidere è di fatto accettato, talvolta esaltato come gloriosa impresa, per esempio (ma non solo) in guerra. E anche i più severi sistemi giuridici possono assolvere un omicidio se è “per legittima difesa”.

Ognuno ha il diritto di credere in ciò che vuole – ma non di imporlo ad altri. Ogni “fede”, religiosa o ideologica, individuale o di gruppo, diventa atroce oppressione se è una violenza, una costrizione, una faida o un pretesto per tenere la gente in servitù e ignoranza.

La libertà è un supremo diritto – se non interferisce nella libertà altrui. Il concetto è, in teoria, diffusamente accettato, ma in pratica non è sempre facile capire dove si colloca la linea di separazione fra diritto individuale e responsabilità sociale. Su “grandi” temi o apparentemente “piccole” cose.

La cortesia è una risorsa importante, un elemento fondamentale della convivenza umana – ma diventa velenosa ipocrisia se è solo manierismo di superficie, che spesso maschera indifferenza o anche nascosta malignità.

Un bel sorriso, sincero e affettuoso, è un dono più prezioso di tanti salamelecchi – ma diventa stucchevole e bugiardo se, come accade troppo spesso, lo vediamo stampato come una maschera di cera sul volto di chi è del tutto indifferente o ha sentimenti e intenzioni poco amichevoli.

Dire “no” può sembrare scortese e può essere imbarazzante – ma è molto più corretto (e sostanzialmente gentile) che dire “si” se non abbiamo l’intenzione (o la possibilità) di fare davvero ciò che ci è chiesto. O almeno, se non vogliamo essere così sinceri, rifugiarci in un significativo silenzio (come si fa in Giappone, dove la parola “no” è vietata dalle buone maniere).

Vedi “Pluf” come si perdono le buone idee

Comunque, nel caso che qualcuno ci dica “si”, è meglio pensarci bene prima di convincerci che la promessa sarà mantenuta. Non si tratta di essere “pessimisti”, ma del fatto che se non farà ciò che chiediamo non saremo troppo delusi – e, se invece lo farà, sarà una “lieta sorpresa”.

Gli esempi potrebbero continuare all’infinito. Ma credo che questi pochi siano sufficienti per inquadrare il problema.

Vorrei solo aggiungere che se qualcuno “promette ma non mantiene” non sempre vuol dire che sia in malafede. Può accadere che si accorga di non essere in grado di farlo (e si vergogni, o si dimentichi, di informarci). O che sia preso da altri e improvvisi impegni. O che, passato il momento in cui ci stava a sentire, se ne sia semplicemente dimenticato.

La distratta scortesia può anche essere in senso inverso. È piuttosto irritante, dopo esserci seriamente impegnati per aiutare qualcuno, scoprire che il suo problema non c’era – o era stato risolto – e chi ci aveva chiesto di occuparcene si era dimenticato di dircelo.

Tutto questo può sembrare – forse è – ovvio e banale. Ma il fatto è che continuano a imperversare i boriosi “senza se e senza ma” (anche quando i preconcetti non sono definiti con quelle parole). Perciò è davvero importante diffidare delle dichiarate o presunte “certezze”. In senso positivo o negativo.

Credere in ciò di cui è meglio dubitare può avere (molte volte ha avuto) conseguenze variabili da minuscole comicità a enormi catastrofi. Ma può essere altrettanto dannoso avere paura di pericoli che in realtà non ci sono – o sono molto meno devastanti di come qualcuno li descrive.

Come diceva Dante Alighieri. «Non meno che saper, dubbiar m’aggrada».



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