Il suicidio (sperato) dicembre 2007 |
Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it |
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in pdf Ogni tanto si parla di qualche catastrofe nellinternet. Per esempio qualcuno pensa che la rete possa collassare fra qualche anno per un sovraccarico superiore alle capacità delle strutture di reggere il volume delle cose trasmesse. Per informazione, dialogo, approfondimento? No. Per quanto grande, e sempre crescente, sia la quantità dei contenuti (e il numero di persone in rete) non sembra che ci siano attuali o prevedibili problemi che non siano limitati a un singolo sito in un particolare momento o ad altri fattori di temporaneo ingorgo che sono sempre possibili, ma non riguardano la struttura generale del sistema. Dove sta lipotizzato rischio? Nellaumento di materiale audiovisivo, per scambio di musica e video ma soprattutto per lassurdo tentativo di trasformare linternet in un sistema televisivo. Un concetto sostanzialmente sbagliato (la rete non è televisione) e concettualmente pericoloso, non solo per il rischio che produca ingombri tali da mettere in crisi strutture e servizi che hanno altre, e importanti, utilità. Dobbiamo augurarci che prevalga il buon senso e si trovi un equilibrio non precario fra le intenzioni di chi vuole intasare la rete e le esigenze di chi la usa per uninfinità di altre cose, più utili e meno ingombranti. E che diminuisca la frequenza del pessimo uso di video, animazioni, immagini, avatar e altre bizzarrie (compreso il morbo di powerpoint) per comunicare male ciò che sarebbe trasmesso molto meglio in semplice (e non ingombrante) testo. (Vedi anche Parole e immagini). Purtroppo il problema è ancora poco capito. Gli ingombri inutili (o nocivi) continuano. Dovremo aspettare che linquinamento assuma dimensioni tali da mettere in difficoltà le imprese, i servizi pubblici, le grandi organizzazioni? A quel punto, probabilmente sarà tardi. Le soluzioni saranno più difficili e faticose di ciò che oggi sarebbe facile se si badasse alla funzionalità dei contenuti e dei servizi invece di perseverare sulla strada sbagliata. Intanto si sono rivelati, per fortuna, eccessivi i timori di chi diceva che lo spam avrebbe ucciso la corrispondenza in rete o tutta linternet (vedi Le-mail non muore, ma...). È vero che continua a imperversare e che le difese sono inadeguate. Ma per quanto sia fastidioso (e, in alcune forme, pericoloso) lo spam non riesce a distruggere la rete. Molti hanno imparato a ignorarlo, a sopportarne (con fastidio) lingombro, a cestinare la posta indesiderata senza neppure aprirla (anche se ciò talvolta può indurre, per errore, a cancellare messaggi che sarebbe stato meglio leggere). Ora si sta affacciando unaltra ipotesi questa volta ottimistica. Il suicidio dello spam. Può essere proprio il suo enorme volume a farlo morire ? Ce nè talmente tanto che è difficile non accorgersi sella sua presenza. Possibile che ci sia ancora qualcuno che, dopo averne ricevute dozzine o centinaia, crede ancora alle improvvise profferte damore di persone totalmente sconosciute? O alla vincita di immaginarie lotterie, ai falsi controlli bancari, ai farmaci miracolosi, a ogni sorta dipromesse incredibili? Presto o tardi, anche ai meno attenti deve venire qualche dubbio. E anche i meno informati hanno qualche occasione di conoscere lesperienza di chi ci è cascato. Il giorno in cui nessuno risponderà più o le vittime saranno così poche da rendere improduttivo anche uno strumento a basso costo come lo spam la spinta comincerà a esaurirsi. Sta succedendo? Finora non sembra. Anche quando lefficacia di un trucco è scesa a livelli così bassi da non convenire più a chi lo fa, stupide abitudini e ciechi automatismi continuano a diffonderlo. E, benché rispetto al numero di persone oggi in rete quelle che ci cascano siano poche, in alcuni casi sono ancora abbastanza numerose da rendere remunerativa lattività degli spammatori. Insomma il suicidio dello spam per congestione è possibile, ma non si sta ancora avvicinando a una totale (o quasi) estinzione. Il problema è noto da trentanni. Per troppo tempo è stato ignorato e incoraggiato con vari pretesti e travestimenti. È finalmente venuto il momento di risolverlo? Qual è la risorsa fondamentale, che potrebbe essere decisiva? Linformazione. Che cosa stanno facendo le scuole, i corsi di formazione, i manuali di istruzioni, le proliferanti riviste tecniche e divulgative, le attività promozionali dei fornitori di servizi e delle compagnie telefoniche, la stampa, la televisione, eccetera, per spiegare il problema e insegnare a difendersi? Poco o nulla. Che cosa stanno facendo le banche per dire ai loro clienti di non rispondere a falsi messaggi che cercano di carpire dati? Niente di utile o rilevante. E così altri settori di impresa, servizi pubblici e privati, associazioni, istituzioni e burocrazie. La tragicomica vicenda è arrivata a un tale livello che ci sono messaggi imbroglioni apparentemente firmati dalla Polizia Postale proprio quella che dovrebbe avere il compito di prevenire, identificare e reprimere gli abusi. Se un giorno ci sarà diffusa e organizzata informazione sul fatto che è meglio non accettare caramelle dagli sconosciuti e sulla prudenza opportuna nel non rispondere a false proposte, non usare connessioni, né aprire allegati, di cui non si conosce bene il contenuto e lorigine... probabilmente lo spam non sarà definitivamente morto, ma forse si ridurrà a dimensioni quasi sopportabili. |
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