Offline Riflessioni a modem spento

Balie, bavaglini
e bavagli

Luglio 1998

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  Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it
 
Per approfondimenti sull'internet marketing
vedi la newsletter online Il Mercante in Rete
 


 

  L’Italia è uno strano paese. Continuiamo a ripeterci che abbiamo troppi “lacci e lacciuoli”, che l’accumulo di norme mal concepite e indecifrabili fabbrica solo inefficienza e corruzione; ma si continuano ad ammucchiare norme su norme, leggi e regolamenti, che raramente risolvono i problemi e più spesso creano impicci.

La rete sta appena cominciando a diffondersi davvero, l’e-business sta timidamente tentando i primi vagiti, e già i nostri legislatori e normatori la stanno prendendo di mira. Non si occupano di correggere quel catorcio che è la nostra legge sulla “tutela dei dati personali” (che poco o nulla ha fatto per difendere la privacy e molto per creare nuovi impicci burocratici), ma sono pronti a scaricarci addosso un’altra valanga di norme e restrizioni, come hanno pubblicamente annunciato in un recente convegno il garante Rodotà, il ministro Flick, il ministro Veltroni e non so quanti altri premurosi “tutori”.

Intanto, avanza il percorso parlamentare di una nuova legge per la “tutela dei minori”. Si farà una buona legge? Mi pare di no; ci sono disposizioni più “cosmetiche” che utili – e c’è un irragionevole accanimento contro l’internet che può aprire la strada alla censura: inutile per la prevenzione delle violenze, pericoloso per la libertà di informazione e di scambio in rete.

Lascio a chi ha competenza giuridica il compito di approfondire i problemi delle norme e della loro interpretazione. Ma in generale mi sembra che non sia mai il caso di fidarsi di chi vuole tenerci a balia. Agli occhi di costoro siamo masse di bambini goffi e bavosi, cui occorre mettere bavaglini che spesso si trasformano in bavagli.

Intendiamoci: sono convinto che la difesa della privacy sia importante; e che pratiche commerciali invasive (dallo spamming alla manipolazione e commercio dei dati personali) non solo siano inaccettabili dalla società civile ma non giovino a un sano sviluppo delle attività di impresa in rete. Sono convinto anche che non sia un “buon affare” lasciare spazio a furfanti e imbroglioni, che possono esserci in rete come dovunque. Ma per agire contro i disonesti non occorrono nuove norme e leggi; bastano quelle che ci sono. Inoltre in un sistema interattivo come la rete l’informazione, le relazioni attive e la costruzione di rapporti di fiducia sono molto più forti, anche contro gli eventuali imbroglioni, di qualsiasi legge o burocrazia.

L’Unione Europea è una garanzia? Un po’, forse... ma temo che non basti. In linea di principio, le dichiarazioni abbondano. Non si devono stabilire regole per la rete là dove valgono le normali norme della giurisprudenza e della convivenza civile; non bisogna fare norme prima di aver capito qual è davvero la situazione; la libertà d’impresa, di opinione e in generale le libertà personali sono una priorità da rispettare e favorire; eccetera... Se stessimo alla lettera di queste dichiarazioni, dovremmo stare tranquilli: le autorità europee non produrranno norme sbagliate e freneranno ogni azione restrittiva nei paesi membri, compresa l’Italia. Ma di buone intenzioni spesso è lastricata la via dell’inguacchio, anche a Bruxelles e a Strasburgo; e qualche cattivo esempio viene dal resto del mondo, compresi gli Stati Uniti.

Insomma bisogna stare in guardia. Se qualcuno pensa che la difesa delle libertà civili abbia poco a che fare con il business, secondo me sbaglia. Per due ragioni. La prima è che anche il commercio, o qualsiasi attività d’impresa, cresce meglio in un sistema di comunicazione libero e aperto. La seconda è che quando si cominciano a mettere lacci e bavagli, restrizioni e impicci burocratici, non si interferisce solo con la libertà e il benessere dei cittadini; si arriva automaticamente a interferire con l’attività delle imprese.

Questo è un problema per tutti, ma specialmente per noi italiani. Già siamo, più degli altri, ostacolati da troppi pasticci burocratici. E abbiamo, più degli altri, bisogno di flessibilità e dinamismo per poter competere con i giganti “globali” e con chi si è già trincerato in posizioni di predominio. Se vogliamo che la rete diventi uno strumento di crescita per le nostre imprese e un modo per far nascere nuovi posti di lavoro dobbiamo, secondo me, impegnarci seriamente per evitare che qualche balia premurosa soffochi il bambino in un abbraccio troppo stretto – o con un accumulo di fasce e pannolini gli impedisca di imparare a camminare.

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Per approfondimenti su questi temi, vedi:

Solone, Dedalo e Gorgia di Andrea Monti

A chi fa male la tecnologia? di Manlio Cammarata

Internet, diritto e politica, non c’è da stare allegri di Manlio Cammarata

Per punire i colpevoli si criminalizza la rete di Cristina Pasquini


Proprio mentre questo articolo sta andando in stampa, si è diffusa la notizia di un ennesimo sequestro di computer. Su ordine del Procuratore della Repubblica presso la Pretura di Vicenza, dott. Paolo Pecori, il 27 giugno a Bologna la Polizia Postale ha posto sotto sequestro il server che gestisce il sito “Isole nella Rete” privando di collegamento centinaia di persone e numerose organizzazioni. Sembra che il motivo sia una denuncia di un’agenzia di viaggi contro un messaggio, apparso in mezzo a migliaia d’altri su quel sito, che invitava a boicottare il turismo in Turchia per reagire alla repressione sui Curdi.
(Vedi “Mamma, li Turchi!”).
Senza entrare nel merito del caso specifico, mi sembra molto grave che si continui con la barbarica procedura di sequestrare computer e attrezzature – tecnicamente inutile, illegale, arbitraria e gravemente dannosa per un gran numero di persone, imprese e organizzazioni non coinvolte nelle indagini.
 

   

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