La new economy
tra crolli in borsa e crisi di crescita


Di Mario Talamona

Corriere della Sera – 21 maggio 2000



Il quadro sembra radicalmente mutato all’improvviso, come il tempo in alta quota. L’ondata di ribassi azionari, il tonfo del Nasdaq e la bufera sulle Borse europee hanno destato di colpo uno stato d’animo cupamente negativo. Si puntava con scriteriata euforia sull’avvento inarrestabile, automatico, praticamente magico della new economy dovunque e comunque. Adesso, tutto pare cancellato e rimosso. Tipico dei temperamenti ciclotimici, i mercati esprimono le contraddizioni dei processi di esplorazione e conoscenza per approssimazioni successive. Però esagerano. La forte componente speculativa li fa zigzagare con fluttuazioni esplosive, divergenti anziché convergenti verso qualche realistico equilibrio di lungo periodo. Ma è proprio già morta, quasi prima di nascere, la new economy? In Europa, l’euforia per le telecomunicazioni è durata ventiquattr’ore. Semplicemente, si è incominciato a fare qualche conto sull’aumento dei costi per l’avvio dei telefonini di terza generazione, gli ormai celebri Umts.

Gli incassi dei governi nelle gare per le licenze preoccupano. La Deutsche Telekom dovrà riorganizzarsi in quattro divisioni e l’alleanza con One2One, l’operatore mobile britannico, imporrà oneri: gli utili ne risentiranno. Si è quasi imbarazzati a registrare, come improvvise scoperte del mercato, ovvie banalità del genere. Tant’è. La spagnola Telefonica guadagna il 3,6% all’annuncio della sua espansione nel settore Internet (con l’acquisizione dell’americana Lycos attraverso la controllata Terra), ma perde subito dopo un quinto del valore. L’operazione risulta troppo costosa. C’è da rabbrividire, ma questo è stato il detonatore della bufera. Tutti (si fa per dire) vedevano già Terra Lycos nella serie A di Internet, a fianco di Time Warner Aol, Yahoo! e Msn di Microsoft. Ma Lycos è un portale «generalista» con traffico e ricavi modesti e in declino. Le sue azioni non giustificano un premio di quasi l’80%. Telefonica a sua volta, come del resto Bertelsmann (promesso «partner strategico» ), ha problemi strategici, che difficilmente il mercato sudamericano dell’e-commerce potrebbe risolvere, anche per la scarsa diffusione delle carte di credito e i pessimi servizi postali.

Tutte cose che si sapevano anche prima e che in Italia, per l’Italia si possono sapere anche meglio. Però c’è voluto il caso Lycos Terra per «far scattare» analisi comparative fra i titoli europei e quelli americani del settore internet e scoprire che i primi sono molto più cari dei secondi. D’accordo, settori innovativi. E se no, che new economy sarebbe? Ma non c’è bisogno di scomodare von Hayek, per invocare la concorrenza come «procedura per la scoperta del nuovo». Né Schumpeter, per capire che le ondate di innovazioni comportano una rivoluzionaria «distruzione creatrice», quindi un’inesorabile selettività imprenditoriale. Basterebbe il buonsenso. Sarebbe bastato qualche scapaccione per far correre i «creativi» di Boo.com, la boutique prodigio on line, prima che si mangiassero in un anno i 270 miliardi di una trentina di illustri investitori, fondi compresi. Ma proprio il fallimento tecnico-giuridico della ciber-economia potrebbe essere la fine del principio, per la new economy.






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