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Le deboli terapie antispam
Il 6 luglio 2005 a Minneapolis è stato arrestato Christopher Smith, noto anche come Mr. Rizler, considerato uno dei più attivi diffusori di spam. Benché la repressione non sia lunica, né la migliore, risorsa per combattere quellimperversante piaga, non si può negare che questa sia una buona notizia. Ma è poca cosa rispetto alle dimensioni, continuamente crescenti, di questo fenomeno e delle truffe che spesso si nascondono nella posta indesiderata (oltre che in altre forme di invadenza).
Le risorse tecniche per bloccare lo spam si scatenano con algoritmi complessi, ma in pratica hanno scarsi risultati. Alcuni filtri, che è possibile gestire secondo scelte personali, riescono solo in parte ad arginare linvasione.
Insomma nella guerra dello spam stanno vincendo gli spammatori, compresi quelli che hanno trasferito in rete unampia antologia di truffe e di imbrogli che affliggono lumanità da tempo immemorabile.
Allopera intenzionale di invasori e imbroglioni si aggiungono le discutibili imprese di chi crede di avere organizzato sistemi difensivi. È noto, per esempio, che parecchi virus replicanti catturano indirizzi e-mail e spediscono messaggi di ogni specie con una falsa provenienza. Solerti, quanto stupidi, sistemi di presunta difesa bombardano di messaggi insensati persone e sistemi che non sono infettati da alcun virus e così contribuiscono a unassurda moltiplicazione dello spam.
Servirebbe, in diversi aspetti di questo problema, un po più di buon senso e di umano pragmatismo che non basterebbe a bloccare il fenomeno, ma potrebbe contribuire a frenarne la diffusione e a ridurne le conseguenze.
(Non si è sentito neppure un sussurro di autocritica da parte di quelle voci autorevoli che qualche anno fa predicavano lo spam in convegni e congressi per non parlare di cattedre universitarie come la risorsa suprema nelle attività di impresa in rete, cercando di travestirlo con il nome di e-mail marketing).
Per quanto riguarda la repressione, sarebbe desiderabile che il caso di Cristopher Smith non rimanesse un episodio isolato, perché una parte importante dello spam proviene dagli Stati Uniti (anche se transita su vari percorsi accasati in altre parti del mondo). Ma un po più di sorveglianza, e di intervento attivo, sarebbe utile anche in Europa e in Italia.
Invece di sprecare il denaro dei contribuenti, e le già sovraccariche risorse del nostro apparato giudiziario, nella difesa di esosi interessi privati o nellinsensata persecuzione di migliaia di innocenti (come nel caso della mai finite crociate contro linternet) sarebbe desiderabile che più energie fossero impegnate, anche da noi, a frenare londata dilagante dello spam e delle attività truffaldine che prosperano in quel marasma.