Internet News
novembre 1995

Intervista a Giancarlo Livraghi

Abbiamo intervistato uno dei massimi esperti italiani di pubblicità



Che cosa distingue l’internet dagli altri media?

Credo che le differenze siano profonde; mi chiedo se la rete possa essere definita un medium nel senso tradizionale.

Siamo appena agli inizi di un femomeno la cui struttura non ha avuto ancora modo di prendere una forma consolidata, come hanno fatto la stampa in mezzo millennio e la radio-televisione in un secolo (anche se tutte e due, oggi, si trovano sulla soglia di grandi cambiamenti).

La differenza fondamentale sta nell’interattività. Non più “mezzi” con un centro che trasmette e molti che ricevono, ma un sistema policentrico in cui tutti possono essere parte attiva. Quasi istantaneamente, quasi in tutto il mondo.

Non si era mai vista una cosa simile nella storia dell’umanità, fin da quando si inventarono i tam-tam o i segnali di fumo.

Mi sembra improbabile che la rete, anche quando il modem (o la macchina che lo sostituirà) sarà un elettrodomestico di uso comune, possa diventare un “mezzo di massa”. Mi sembra più probabile che diventi un vivaio di infiniti e mutevoli scambi fra tanti sistemi, ognuno con una sua personalità.

Insomma non credo in un “villaggio globale” omogeneo ma, al contrario, in una moltiplicazione di mondi e di culture, ognuna senza confini fisici ma con una sua identità.

Se non sarà così, avremo perso una delle più grandi occasioni che ci siano mai state offerte nella storia della comunicazione umana.

 

A suo parere c’è una particolare categoria di prodotti e/o aziende per i quali è adatto un mezzo come l’internet?

Oggi il commercio in rete riguarda (oltre al software) soprattutto musica e libri; cui si aggiunge una terza categoria, l’abbigliamento sportivo.

Si possono aprire infinite altre possibilità, ma penso che questo strumento, almeno nel prossimo futuro, sia interessante non per i prodotti “di massa”, ma per quei prodotti o servizi che si rivolgono a persone con interessi specifici: che possono essere poche in un ristretto ambito geografico, ma molte su scala planetaria.

Questo apre grandi possibilità per le piccole imprese e per servizi specializzati.


Qual è la forma migliore che deve avere un messaggio pubblicitario sull’internet?

Secondo me, nessuno lo sa, perché tutti abbiamo molto da imparare.

Certo sono da dimenticare i linguaggi abituali della pubblicità, soprattutto nelle sue forme più vacue e “decorative”.

Penso che nessun linguaggio possa essere “universale”. Questo è vero anche nella pubblicità tradizionale, ma nella rete assume un’importanza del tutto nuova, perché non ci troviamo davanti a un ascoltatore, spettatore o lettore. Il nostro messaggio non arriva a un destinatario identificato dal mezzo, ma deve essere cercato attivamente da qualcuno che desidera leggerlo: questo cambia radicalmente la struttura della comunicazione.

 

In cosa si differenzia una campagna sull’internet rispetto a una analoga su mezzi più tradizionali (stampa e televisione)?

Non credo che abbia molto senso parlare di pubblicità, così come è intesa nei mezzi tradizionali, quando si porta una proposta commerciale in rete. Si tratta di una cosa radicalmente diversa.

Credo che si siano commessi molti errori, e se ne commetteranno ancora di più.

C’è chi conosce i metodi tradizionali della pubblicità e si illude si poterli trasferire nella comunicazione elettronica interattiva.

C’è chi ha pratica della rete ma non conosce il mestiere della comunicazione.

C’è chi si avventura nella comunicazione commerciale in rete senza conoscere bene né l’una, né l’altra cosa.

Tutte e tre queste categorie, e anche i pochi che riescono a abbinare le due conoscenze, affrontano una navigazione senza bussola e senza portolano, perché non esiste una base consolidata di esperienza; e, come tutte le cose nuove, il fenomeno si evolve così rapidamente che la lezione imparata ieri può essere travolta dagli sviluppi di domani.

È facile prevedere che molte spedizioni partiranno a vele spiegate con grande fanfara e andranno a scogli, o si perderanno nel nulla, prima ancora di capire qual era la rotta.

Insomma ci vuole coraggio, attenzione, una forte capacità di intuizione, molta voglia di imparare – e un’enorme pazienza.

 

Si può identificare uno stile di messaggio proprio dell’internet?

Secondo me, no; e, per i motivi che ho detto, sarebbe pericoloso cercarlo.

“Credeva ascii tener lo campo”, oggi “html ha il grido”, domani, chissà. Ma queste sono tecniche, non stili, né modi di esprimersi. Giotto prevalse su Cimabue non per gli intonaci o i pennelli, ma per un modo nuovo di pensare alla pittura. Il clavicembalo servì a Bach per aprire nuove strade, come il pianoforte a Beethoven; ma ciò che conta è la musica, non lo strumento. Lo stesso piano si può suonare con stili così diversi come quelli di Chopin o di Keith Jarrett.

Tutte le formule sono pericolose, in ogni tipo di comunicazione, perché portano alla ripetizione e alla monotonia. Nel caso della rete diventa ancora più importante essere continuamente aperti alla scoperta e all’apprendimento, evitare ogni forma di linguaggio stereotipato.

 

Secondo lei l’internet identifica un target particolare di utenti/consumatori o è trasversale?

Il mondo degli “utenti” di comunicazione telematica sta cambiando velocemente – e cambierà ancora di più nei prossimi anni.

Ma credo che manterrà caratteristiche molto diverse dai “grandi mercati”, apparentemente omogenei, cui si rivolgono i mezzi tradizionali.

È vero che la rete sarà sempre più a portata di tutti: non ci saranno più barriere determinate dal costo, dalle difficoltà tecniche o dai livelli culturali.

Ma ci saranno molti modi diversi di usare lo strumento.

È ancora un fenomeno abbastanza ristretto; meno del 10 % delle persone attive nella rete se ne serve per fare acquisti. Se pensiamo che in Italia le persone collegate sono meno di 100 mila, per il momento stiamo parlando di un mercato che rappresenta meno dello 0,02 % della popolazione. E, anche quando assumerà dimensioni molto maggiori, non sarà omogeneo.

Non riesco a immaginare la rete come un “mercato di massa”; penso che potrà evolvere solo come un insieme di ambienti diversi, ognuno con una sua identità. Un sistema in cui molti saranno chiusi in piccole isole, dove della rete si fa un uso ristretto (per corrispondenza, per lavoro, per studio o per gioco).

Chi oggi entra solo per guardarsi intorno, o perché è di moda, si stanca presto. Fra qualche mese, o qualche anno, saranno scomparsi, o avranno limitato l’uso del modem a pochi settori specifici.

I “navigatori” su scala più estesa saranno sempre persone un po’ diverse dalla media: animate da una particolare curiosità.

Insomma credo che non ci sia oggi, e penso che non ci sarà domani, un mondo chiamato “internet”; ma un sistema di mondi, potenzialmente intercomunicanti ma diversi, ognuno dei quali dovrà essere capito nella sua specifica identità.

 




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