Libertà, trasparenza
e compatibilità:
non è solo
un problema di software

Sintesi della relazione di Giancarlo Livraghi
presentata per ALCEI al conmvegno

“software libero”
AICA
Milano, 20 dicembre 2001




  1. Il tema che va genericamente sotto il nome di “opensource” o “software libero” non riguarda solo i sistemi operativi o i programmi software, ma più estesamente tutti i sistemi di gestione dell’informazione e della comunicazione. Non si tratta solo del “codice sorgente” ma anche più in generale di trasparenza, compatibilità e libertà dell’informazione, del dialogo, della comunicazione in tutte le sue forme.


  2. Non si tratta di una semplice contrapposizione fra Windows e Linux. È vero che il monopolio Microsoft occupa oltre l’80 % del mercato mondiale e che l’alternativa più diffusamente disponibile (per quanto riguarda i sistemi operativi) è Linux. Ma al di là di questa specifica contrapposizione è essenziale definire criteri generali e sostanziali che riguardino ogni genere di software, o soluzione tecnica, disponibile oggi o proponibile domani.


  3. È illusorio pensare che questo problema possa essere risolto dal “mercato”. I fatti dimostrano che il mercato è profondamente distorto e non è stato capace di sviluppare anticorpi efficaci. Perché il mercato possa funzionare in un regime di reale concorrenza occorrono interventi forti. Da parte delle autorità politiche, dei servizi pubblici e del mondo scientifico. Per la soluzione di questo problema non sono sufficienti le procedure antitrust in corso da anni negli Stati Uniti. A parte il fatto che finora non hanno ottenuto alcun risultato... anche se avessero un esito positivo risolverebbero solo in parte il problema.


  4. Non si tratta solo di un problema tecnico. Attraverso il monopolio dei sistemi operativi si può arrivare al controllo dei sistemi di rete e di conseguenza al controllo dell’informazione. Questa non è un’ipotesi ma un fatto concreto. Ed è esattamente ciò che il monopolista del software vuol fare (e anche altri che, con vari sistemi e metodi, cercano di “centralizzare” e dominare i sistemi di comunicazione). Finora (nel caso dell’internet) con successo solo parziale. Ma con la dichiarata intenzione di fare molto peggio.


  5. Per esempio un “linguaggio” usato per la comunicazione in rete non è un sistema operativo. Non è, in senso stretto, un software. Non ha (o non sembra che abbia) problemi di “codice sorgente”. Ma anche questi sistemi, nati per essere totalmente aperti, trasparenti e compatibili, si stanno deformando. Per esempio se un singolo soggetto riesce a imporre un suo browser, un suo sistema di posta elettronica, eccetera, e a integrarli con il sistema operativo, acquista una indiscriminata e poco controllabile possibilità di “pilotare” i sistemi di comunicazione, e le attività di singole persone e imprese, senza che queste se ne rendano conto. Senza entrare in dettagli tecnici, che sarebbero complessi, non è affatto esagerato dire che ci stiamo avvicinando al modello del “grande fratello” di Orwell.


  6. Dal punto di vista della privacy il problema non è meno grave. Un sistema operativo gremito di funzioni occulte, integrato con i sistemi di comunicazione, apre inaudite possibilità di invasione, controllo e manipolazione, che nessuno (neppure le autorità pubbliche) può controllare.


  7. Questo problema, per molti anni, è stato capito e dibattuto solo in un mondo relativamente ristretto di tecnici, accademici, “addetti ai lavori” – e da un numero abbastanza piccolo di persone attente agli aspetti culturali, sociali e civili. Da qualche anno se ne parla un po’ più diffusamente, ma secondo l’impostazione limitata e inadeguata di cui al punto 2: “competizione” fra due sistemi operativi. Solo recentemente ha cominciato a diffondersi una visione diversa e più sostanziale: cioè la necessità di usare soluzioni “aperte” nella pubblica amministrazione e nei servizi pubblici. Un “movimento” diffuso in varie parti del mondo (dall’Europa all’America Latina) e che comincia ad arrivare anche all’attenzione dell’Unione Europea.

    (Vedi Libertà di software: un movimento mondiale?).


  8. La soluzione di questo grave problema passa a traverso una più diffusa presa di coscienza da parte di tutti. Il mondo scientifico e accademico, il mondo culturale e politico, l’opinione pubblica in generale. Ma intanto un passo sostanziale sta nell’adozione di sistemi opensource da parte della pubblica amministrazione e di tutti i servizi pubblici. Come era stato precisamente indicato in un documento diffuso da ALCEI il 29 gennaio 1999, presentato ripetutamente in sedi pubbliche e formalmente incluso negli atti del Forum per la società dell’informazione della Presidenza del Consiglio (giugno 1999). Ma senza alcun seguito concreto.


  9. Va reso il giusto merito a varie singole unità, nell’ambito della pubblica amministrazione, che usano sistemi opensource. Ma questo non è sufficiente. La soluzione deve essere adottata in tutti i sistemi pubblici, a cominciare dalla sanità e dalla scuola. Se l’hanno capito non solo in Europa, ma anche in Messico, in Argentina e in Brasile, perché non lo si vuol capire in Italia?



Su questo argomento vedi anche
I mille rivoli dell’opensource



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