Non è finita
la demonizzazione
dellinternet
Dopo le ondate che si sono susseguite,
con vari pretesti, fra il 1995 e il 2000,
sembrava che fosse un po sopita
la demonizzazione dellinternet.
Ma non è finita. Come risulta
da questo estratto di un articolo
pubblicato da Andrea Monti
su .com del 18 marzo 2002.
E ulteriori, pericolosi sintomi
di persecuzione della rete
si sono ripetuti anche dopo.
La campagna di demonizzazione dellinternet continua ancora oggi senza posa. Strumentalizza il tema della tutela dei minori associando alla rete false patenti di pericolosità e ingenerando nelle persone la paura che essere online significhi esporsi a chissà quali pericoli. E allora via così, dimenticando in nome del mostro tecnologico le tragedie quotidiane che si consumano nella più assoluta indifferenza allinterno delle mura famigliari o delle scuole.
Quando si cominciò a parlare di minori online era più o meno il 1996 di bambini in realtà non ce nerano per niente (e mai ce ne saranno, considerato che linteresse per la rete arriva con ladolescenza). Ma ciò nonostante furono da subito evidenti le scelte che stavano maturando a livello politico: censura indiscriminata e filtraggio dei contenuti, magari grazie al generoso e disinteressato supporto di qualche multinazionale.
Certo, ci sono state anche alcune voci controcorrente (vedi la famosa carta di Desenzano, o lintervento presentato da Alcei in un incontro organizzato dal Consumer Forum Intergroup a Strasburgo). Che hanno spiegato come non si possano abbandonare i bambini a loro stessi, e come il ruolo delle famiglie e degli educatori nella formazione dei più deboli sia irrinunciabile. Così come non si dovrebbe lasciare un bambino solo davanti ad un televisore, allo stesso modo lo si dovrebbe assistere quando usa un computer. E non solo se proprio vuole per fargli usare la rete, considerato che se di pericoli si vuole proprio parlare, allora si dovrebbe dare unocchiata anche ai contenuti di certi videogiochi liberamente venduti nei centri commerciali. Sarebbe facile, a questo punto, invocare il ritiro di questi prodotti dagli scaffali. Facile quanto sbagliato, perché la soluzione, ancora una volta, non è "vietare", ma educare specialmente i genitori.
Nulla di tutto questo è giunto alle orecchie del potentissimo fronte comune composto da novelli Torquemada, cinici imprenditori e politicanti succubi dei movimenti di piazza che ancora una volta ha giurato guerra allinternet. Sullonda di una sistematica fomentazione di isterismo provocata dai mass-media lItalia ha approvato nel 1998 la legge 269. Che a sentire i suoi ispiratori avrebbe dovuto risolvere anche il problema della pedofilia online. Ma le clamorose indagini che invasero giornali e televisioni si sono risolte in bolle di sapone. Grande spreco di uomini e mezzi per denunciare qualche decina di persone che si legge nei capi di imputazione sarebbero al più colpevoli di avere scaricato qualche immagine pornografica. Mentre i mostri veri sono ancora in libertà.
Fortunatamente non ha avuto grande attuazione pratica la proposta di stabilire un sistema generalizzato di filtraggio e classificazione dei contenuti online (pensate a dover mettere daccordo sulla definizione di contenuto illegale un arabo musulmano, uno svedese e un italiano). Che avrebbe messo in piedi un gigantesco apparato per etichettare qualsiasi cosa. Con ciò arrogandosi il potere di stabilire il valore di un contenuto e dunque della manifestazione del pensiero di ciascuno di noi. Infine, alcuni motori di ricerca hanno discretamente attivato sistemi anonimi di rimozione dei contenuti. Come dire... la coscienza è a posto e i soldi non puzzano.
Andrea Monti www.andreamonti.net