Seminario CGIL

Internet, libertà e censura

Roma, 22 luglio 1997

Relazione di apertura - Giancarlo Livraghi

Nota: alcuni dati sono aggiornati al 31 dicembre 1997
(per aggiornamenti più recenti vedi la sezione dati)

 

 
> In rete l'Italia è "l'ultima ruota del carro"
> È ancora un fenomeno di élite - e troppo "maschile"
> La rete non è una - e non è un mondo omogeneo
> Il problema culturale
> La "Dichiarazione di Bonn"
> La "Carta di Desenzano"
> Censura e libertà di opinione

L'argomento è vasto e complesso. Dovrò imitarmi ad alcune premesse generali; spero che altri interventi contribuiscano a un approfondimento.

Non mi considero un "esperto", per due ragioni. La prima è che in questa stanza ci sono persone che hanno alcuni anni di esperienza più di me in fatto di rete (in fatto di comunicazione, no... se non altro per un motivo anagrafico). La seconda è che, secondo me, non esistono "esperti" in questa materia. Credo che dobbiamo essere socratici; spero che nessuno mi somministri cicuta se dico "più so, più so di non sapere" e se affermo che chiunque creda di "aver capito tutto" non ha capito gran che... perché stiamo parlando di un fenomeno ancora troppo nuovo per poterne tracciare un profilo che non sia smentito dai fatti fra pochi anni, forse pochi mesi. In un libro che è appena uscito, le pagine in cui parlo della rete sono intitolate L'infanzia e il mondo nuovo. È un fenomeno ancora nascente, ancora in formazione.

Perciò... l'importante oggi non è chiedersi com'è la rete, ma come potrebbe essere e come vorremmo che fosse: e che cosa possiamo fare perché sia come la vorremmo - o meglio perché, nella sua infinita molteplicità, siano presenti e diffusi i valori che ci interessano.

Cercherò di parlare fondamentalmente di due aspetti. Uno è il significato culturale di questo fenomeno. L'altro è il motivo per cui tutta una serie di interventi che, in varie forme più o meno travestite, hanno un nome preciso - diciamo pane al pane, si tratta di censura - sono non solo un danno per chi vive in rete, ma sono un danno grave in generale, per lo sviluppo della nostra economia e della nostra società.

In rete l'Italia è "l'ultima ruota del carro"

La prima cosa di cui vorrei parlare, brevemente, è un fatto quantitativo: l'Italia è poco presente.

distribuzione host - mondo

Qui vediamo anche quanto sia ancora "dominante" la posizione del Nord America. Gli Stati Uniti, con un ventesimo della popolazione mondiale, rappresentano due terzi della rete. C'è un solo modo per rimediare a questo problema. Non certo ostacolare la rete come "strumento degli americani" - operazione stupida quanto fallimentare, come ormai hanno capito perfino i francesi. Ma far crescere (come infatti sta crescendo) la presenza di tutti gli altri - e in particolare la nostra, che finora è fra le più deboli.

Parentesi tecnica: questi calcoli sono basati sul numero di host, in base ai dati "globali" più recenti di cui disponiamo: dicembre 1996. Non voglio entrare in una discussione di che cosa sia un host, se no stiamo otto ore a disquisire su tecnologie e terminologie. È un dato preciso (non una proiezione elaborata con criteri più o meno discutibili); un indice ragionevolmente serio e significativo della "presenza" in rete di ciascun paese.
distribuzione host - G7

Qui vediamo i paesi del famoso "G7". L'Italia è palesemente "l'ultima ruota del carro" fra i cosiddetti sette paesi più industrializzati del mondo.

Nel prossimo grafico vediamo la densità - numero di host per mille abitanti.

Host internet per 1000 abitanti

(dati aggiornati al 31 luglio 1997)

In questa analisi sono compresi i paesi con più di 50.000 host e con una densità superiore a 3

host per 1000 abitanti - mondo

 Gli Stati Uniti, "dominanti" per volume, non sono il paese più avanzato per densità della rete. Il Giappone, che in "cifra assoluta" sembra un gigante, ha una densità relativamente bassa.

Vediamo ora un dato più recente, del RIPE (Réseaux IP Européens ). Questa è la densità di host internet nei paesi europei.

Host Internet per 1000 abitanti - area Europa e Mediterraneo

(dati aggiornati al 30 dicembre 1997)

21 paesi con più di 10.000 host e densità superiore a 4 - su 54 paesi nell'area RIPE

host per 1000 abitanti - europa 

Vediamo confermato il primato della Finlandia, e la posizione avanzata dei paesi nord-europei. La Germania, nonostante il suo peso rilevante come "volume" complessivo, è circa nella media dell'Unione Europea; la Gran Bretagna è più avanti. L'Italia è in coda, più o meno allineata con la Spagna; fra i paesi dell'UE è seguita solo dal Portogallo e dalla Grecia; e non è così vicina alla Francia come qui potrebbe sembrare (quello della Francia è un caso a parte, per la diffusa presenza del minitel, che in questo calcolo non è considerato).

In passato l'Italia era in una posizione ancora più arretrata. Negli ultimi mesi del 1996 e all'inizio del 1997 c'era stato un forte incremento di host italiani; ma nei mesi successivi il ritmo risulta rallentato. Sembra vero che la rete in Italia stia crescendo; anche se se non con l'andamento "esponenziale" di cui troppi favoleggiano. Ma siamo ancora lontanissimi da un livello adeguato al nostro ruolo nel mondo. Per esempio l'Italia rappresenta circa il 4 per cento dell'economia mondiale - ma circa l'1 per cento delle reti su scala globale. Il 12 per cento del prodotto interno lordo europeo, ma solo il 4 per cento della rete in Europa.

È ancora un fenomeno di élite - e troppo "maschile"

Senza entrare nei dettagli... abbiamo ancora in generale, e in particolare in Italia, una forte prevalenza maschile nella rete. Credo "spannometricamente" che oggi in Italia le donne siano circa il 20% delle persone in rete. Più di prima, ma ancora troppo poche. È un fatto un po' grottesco - perché, come ho detto e scritto in varie occasioni, secondo me la rete è femmina . Sono molte le ragioni per cui la rete è più "attinente" alle donne che agli uomini. Ma questo è un fenomeno che non mi preoccupa molto, perché secondo me si aggiusta da solo. In tutto il mondo la presenza delle donne continua a crescere; negli Stati Uniti siamo già vicini alla parità. Credo che anche da noi si arriverà all'equilibrio senza bisogno di stimoli particolari... se si risolveranno i problemi di fondo di cui parleremo fra poco.

Pochi, checché se ne dica, gli adolescenti. Pochissimi i bambini... e qui abbiamo un grosso problema: la scuola.

Non è sorprendente che abbiamo in rete un livello socioculturale sfasato verso l'alto: molti laureati o diplomati, molte persone con alti redditi, rispetto alla media. Cioè è ancora un fenomeno, per certi aspetti, di élite. Questo, ovviamente, è un problema. Che non si risolverà se non abbattendo le barriere culturali.

La rete non è una - e non è un mondo omogeneo

Un'altra cosa che vorrei dire... è che mettere tutto insieme è un errore. Perché, sotto la generica etichetta di "internet"(comunque impropria, perché non tutto è internet) ci sono fenomeni e comportamenti sostanzialmente diversi.

Non esiste una cultura unitaria della rete, come non esiste un unico modo di usare il telefono - o qualsiasi altro strumento di comunicazione. Mi sembra importante capire che le reti non sono un "tutto" omogeneo; comprendono una grande varietà di comportamenti e attività umane.

Il problema culturale

In fatto di rete l'Italia è un paese arretrato, da un punto di vista quantitativo e da un punto di vista tecnico - e questo è certamente un problema. Ma la cosa più grave è un'altra: siamo un paese arretrato da un punto di vista culturale. E non è un problema da poco...

Per esempio, in termini economici, sentiamo dire da autorevoli fonti: "dobbiamo sviluppare imprese ad alta tecnologia". Non hanno capito che c'è un enorme spazio di sviluppo, molto adatto agli italiani, per imprese che non producono tecnologia, ma la usano : magari per vendere in tutto il mondo prodotti artigianali o prodotti di tecnologia apparentemente "tradizionale". Quindi non è puntando solo sullo sviluppo delle "alte tecnologie" che possiamo sviluppare attività, competitività e posti di lavoro.

Non dobbiamo affrontare solo la concorrenza dei paesi "industrialmente avanzati" - che, come abbiamo visto, sono molto più avanti di noi nell'uso della rete. Se crediamo che i paesi dell'Asia, o del cosiddetto "terzo mondo", ci facciano concorrenza solo perché hanno lavoro a basso prezzo, avremo amare sorprese. Per esempio in India sono, in alcune cose, più preparati di noi. Hanno dai 100 ai 200 milioni di persone che sanno perfettamente l'inglese... campi di sperimentazione tecnologica avanzata, non solo a Bangalore... milioni di persone culturalmente evolute e professionalmente preparate in molti settori... ci sono aziende multinazionali che hanno trasferito la contabilità centrale in India. Il giorno che supereranno alcuni problemi burocratico-strutturali che ancora limitano la loro presenza in rete... se noi saremo rimasti ai livelli di oggi, gli indiani saranno molto più forti di noi. Ci sono molti cinesi, sparsi in tutta l'Asia, già attivi in rete... anche in Cina, nonostante la forte repressione politica, l'internet sta crescendo... per non parlare di decine di paesi, compresi alcuni in Asia e alcuni dell'Europa orientale... non solo la Repubblica Ceca o l'Ungheria, ma anche l'Estonia e la Slovenia... che già oggi sono molto più avanti di noi.

Insomma il problema è grave. Perdere questo autobus è drammatico dal punto di vista economico, è drammatico dal punto di vista del lavoro, è drammatico dal punto di vista culturale. È evidente che i nostri "poteri costituiti" (politici, economici e culturali) fingono di saperlo, ma in realtà non l'hanno capito.

Un'enfasi eccessiva sulle tecnologie non risolve il problema. Bisogna dare priorità assoluta ai valori culturali. La situazione, secondo me, si può sintetizzare così:

Le tecnologie sono solo strumenti
Ciò che conta è la cultura umana e sociale

(Le tecnologie passano, l'umanità continua)


Per utilizzare davvero il potenziale umano, civile e sociale delle reti occorre una maturazione culturale non ristretta a pochi ma estesa a tutte le categorie

"Ricchezza" e "povertà" oggi non si possono misurare solo in termini di denaro, ma si devono valutare anche come accesso all'informazione e allo scambio.

Ciò che sembra "il giocattolo dei ricchi" deve essere al servizio di tutti e specialmente di chi è più isolato, cioè

  • nel mondo i paesi "in via di sviluppo"
  • in Italia le categorie "deboli" e a rischio di isolamento

Solo se a sostegno di un'estesa formazione culturale (che non è mero addestramento tecnico) possono essere utili anche le facilitazioni economiche: non solo le (doverose) riduzioni di tariffe ma soprattutto la diffusa conoscenza e accessibilità di tecnologie che non siano inutilmente ingombranti e costose

È possibile già oggi collegarsi alle reti con costi molto limitati se si conoscono i metodi per evitare un eccessivo "carico di banda", ma occorre superare l'oppressiva (e "interessata") retorica delle tecnologie pesanti e degli "effetti" a scapito dei contenuti


Probabilmente le tecnologie che stiamo usando oggi sono moribonde. Forse, grazie all'intervento di qualche nume benefico, saranno mandate in disuso, perché sono inutilmente farraginose e complesse. Ma comunque tra cinque anni saranno obsolete - forse prima.

Ciò che conta, e che continua, non è la tecnologia (una persona che oggi ha cinque anni quando sarà grande si rotolerà dalle risate vedendo, in qualche museo storico, le tecnologie che stiamo usando). È la cultura umana... compreso tutto ciò che qualcuno ha imparato dieci anni fa con tecnologie che oggi nessuno si sogna più di usare (anche se funzionano ancora). È un capitale che rimane, anche se cambiano gli strumenti. Insomma ciò che conta è la cultura (alcuni la chiamano "alfabetizzazione", ma il termine non mi piace - ha un tono di insultante arroganza).

Questo è il tema centrale, chi mi conosce sa che lo ripeto in ogni occasione... abbiamo non solo una spinta commerciale ma anche una spinta culturale allo spettacolare, al multimediale, alle "belle figurine"... tutte cose che possono esser divertenti ma francamente, secondo me, sono irrilevanti; e diventano pericolose se distraggono dai valori più autentici. Ciò che è rilevante è il contenuto culturale e lo scambio di esperienze umane.

Non lo dico soltanto io. Pur nel clamore, ancora dominante, che sottolinea sempre gli aspetti più spettacolari, superficiali e bizzarri delle tecnologie, la voce della ragione è presente - e sta, poco a poco, guadagnando terreno.

La "Dichiarazione di Bonn"

È passata quasi inosservata una recente conferenza europea sulle "reti globali". Quasi inesistente l'eco sui giornali, scarsi i commenti in rete. È vero che di "dichiarazioni di buone intenzioni" ne abbiamo sentite tante, e spesso lasciano il tempo che trovano; ma questa ha alcuni contenuti che mi sembrano degni di approfondimento.

La Conferenza Ministeriale Europea intitolata Global Information Networks: Realising the Potential si è tenuta a Bonn il 6-8 luglio, con la partecipazione dei rappresentanti di molti pesi dell'Unione Europea e anche di altri, fra cui Stati Uniti, Canada, Russia e Giappone. Pochi giorni dopo è stata diffusa una lunga "Dichiarazione", di cui vorrei citare alcuni passi.

Un'opportunità per tutti. Le Reti Globali di Informazione rappresentano una potente influenza in campo sociale, educativo e culturale, potenziando i mezzi educativi, abbassando le barriere di ingresso per la creazione e diffusione di contenuti in differenti lingue, eliminando l'effetto della distanza per gli utenti remoti e offrendo agli utenti fonti di informazione sempre più ricche.

Una parentesi sulle lingue: è chiaro che la molteplicità linguistica è una risorsa e va valorizzata. Ma uno dei punti di debolezza dell'Italia è che se non impariamo l'inglese (o meglio il globalese, una lingua che somiglia sempre meno all'inglese classico-letterario) siamo fregati... e non solo nella rete. Il nostro sistema scolastico dovrebbe capire una volta per tutte che la lingua internazionale è una; non può e non deve essere trattata come un'altra "lingua straniera". Questo è anche un fenomeno di profonda ingiustizia sociale. I figli degli "abbienti", di denaro o di cultura, in un modo o nell'altro imparano il globalese - perché frequentano scuole in cui si insegna e si usa, perché integrano la scuola con l'insegnamento privato, o perché vanno a fare stage o vacanze dove il globalese si parla. Gli altri... rischiano di essere tagliati fuori.

Danno realizzabilità pratica alla libertà di espressione e di accesso all'informazione. Contribuiscono alla democrazia migliorando la comunicazione tra cittadini e amministrazioni e facilitando la partecipazione attiva al processo democratico.


[I Ministri] si impegnano a massimizzare le opportunità per la creazione di nuovo lavoro, lo sviluppo di nuove forme di impiego (come il telelavoro), il mantenimento degli standard sociali e l'aumento dell'integrazione e della coesione sociale. Considerano tutto ciò necessario per evitare una divisione, in Europa e globalmente, tra gli "abbienti" e i "non abbienti" di informazioni.

Avevo già accennato al problema degli "abbienti e non abbienti di informazione". Mi sembra un tema di fondamentale importanza, da non dimenticare.

Per quanto riguarda il telelavoro... se ne è parlato un giorno proprio qui in Cgil. In Italia siamo spaventosamente indietro, non solo perché ce n'è poco ma perché è fatto male. Ci sono (pochi) casi di successo, là dove in realtà non si è introdotto nulla di nuovo ma si è solo migliorato, con supporti tecnici più adeguati, lavoro che era già "tele" per sua natura. Altrove sono nati conflitti e difficoltà, perché si è partiti col piede sbagliato. Soluzioni grossolane, basate solo su visioni "ragionieristiche" di ipotetico risparmio. Ipotesi "totalizzanti", che non prendono in considerazione le soluzioni più serie: cioè quelle basate sulle sedi decentrate, sulla flessibilità (il lavoro non è tutto "tele", ma le persone si incontrano quando serve... con quello che gli americani chiamano telecommuting, si riduce la frequenza di spostamento e la rigidità di orario dei "pendolari"... eccetera).

Il problema è complesso... ma in sintesi: se non capiamo come il telelavoro può e deve essere uno strumento di migliore "qualità della vita", anziché di isolamento, disagio e repressione, avremo perso un altro grosso autobus. Compreso quello di alleggerire il traffico e l'affollamento dei trasporti pubblici.

Aumentare la partecipazione da parte di tutti. I Ministri sono favorevoli alle azioni che incoraggino la conoscenza e la cultura elettronica in tutte le fasce d'età e i settori della società. Affermano il diritto degli utenti di decidere in che modo desiderano utilizzare le reti globali come parte della loro vita quotidiana.

Cioè gli utenti, i cittadini, devono essere liberi di scegliere... non condizionati da norme, regole, pastoie burocratiche... né dalle costrizioni che derivano dalle posizioni monopolistiche dei fornitori di connessione o dei "dittatori" del software.

Ed è anche (scusatemi se mi ripeto) un problema di cultura, perché se i cittadini non sono bene informati difficilmente sanno come scegliere ciò che è veramente utile per loro.

Sottolineano l'importanza di una vasta accessibilità ... ai cittadini senza alcuna distinzione di sesso, età, formazione o cultura, comprese le persone che vivono in regioni remote o in gruppi svantaggiati, come disoccupati, disabili e anziani.

Penso che non sia necessario commentare sulla vergognosa arretratezza italiana in queste cose. Non esistono neppure facilitazioni all'uso della rete per i sordomuti - o per i ciechi (che con opportune risorse tecniche possono collegarsi). Soprattutto il "deserto culturale" che circonda la rete, combinato con la continua enfasi su tecnologie inutilmente spettacolari, complesse e costose, tende a tenerne sempre più lontane proprio quelle categorie che ne avrebbero più bisogno.

Alfabetismo elettronico ed educazione. Le Reti Globali possono ottenere il loro massimo potenziale se tutti i cittadini non solo hanno i mezzi per accedere ai servizi forniti, ma sono anche in grado di usarli agevolmente. [Occorre] sviluppare interfacce di facile utilizzo per semplificarne l'uso, far crescere l'alfabetizzazione elettronica e affrontare i motivi sottostanti a un uso limitato o riluttante delle reti. Le necessità degli utenti spaziano dal molto semplice al complesso: dovrebbero essere messi in condizione di acquistare attrezzature e software appropriati alle esigenze di ciascuno.

In parole povere: tecnologie meno obese, macchine più semplici... e il tutto che costi molto meno. Inoltre, formazione più umana e meno tecnico-ostica.

Spero che sia una bufala giornalistica... ma ho letto che il governo italiano, per definire quali sistemi usare per informatizzare la scuola, ha chiamato come consulente Bill Gates, il presidente della Microsoft. È l'ultima persona al mondo che dobbiamo coinvolgere in queste cose.

Spero invece che sia vera un'altra storia che ho letto. Dicono che un inglese abbia inventato una radio a manovella: si gira una manovella, si carica la batteria e funziona la radio. Pare che sia stato ricevuto con grandi onori da Nelson Mandela, che ha detto: "Questa è una grande risorsa per l'Africa". Il mio sogno è che ci sia un "computer a manovella", collegato con un trasmettitore "a manovella", che si colleghi "via etere" anche dove non ci sono cavi telefonici. Non intendo proprio, letteralmente, a manovella, perché credo che sia impossibile... ma se si costruissero macchine con scarse pretese energiche (possono funzionare benissimo con software semplificato ma efficiente) che potessero funzionare con piccole batterie solari o con alimentatori a pedali... credo che sarebbe molto interessante, e forse non solo per l'Africa. Ma si sta facendo esattamente il contrario.

I Ministri stimoleranno lo sviluppo del sistema didattico e dei sistemi di formazione professionale in modo che l'informazione disponibile sulla rete sia utilizzata come parte del processo di apprendimento a tutti i livelli, dalla scuola primaria ai corsi post-laurea - e come mezzo di apprendimento per tutta la vita.

... e con questo l'accento ritorna sul problema della scuola, che credo sia uno dei più importanti da approfondire. A proposito di giovani, mi sembra interessante citare un altro documento, questa volta italiano, che riguarda i "diritti dei bambini".

La "Carta di Desenzano"

Che io sappia, non è stato pubblicato un testo definitivo della "Carta di Desenzano"; ma nel lavoro che si è svolto nel settembre dell'anno si sono prodotti documenti che contengono affermazioni interessanti. Ecco alcune citazioni.

Appare superfluo sottolineare l'importanza che la padronanza delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione rivestono per la possibilità di partecipare alla vita sociale, politica ed economica. Un bambino che non è messo in condizione di apprendere a gestire il mondo di domani... in cui la capacità di raggiungere un'informazione sarà molto più importante di una generica performance nozionistica, avrà minori possibilità di successo.


L'accesso alle reti sta diventando una frontiera che separa il benessere dall'emarginazione. Le grandi reti telematiche possono contribuire a diminuire le distanze tra i ricchi e i poveri del mondo. La rete può essere, anzi deve essere un mezzo per avvicinare chi è escluso dal circuito delle notizie e permettere a chi non ha voce di comunicare con tutti.

Potrei raccontarvi molte storie vere, che dimostrano quanto sia concreta e reale questa affermazione. Ricevo parecchie lettere dai lettori di articoli che scrivo, e spesso sono molto interessanti. Mi limiterò a un esempio . Un ragazzo di diciotto anni che sta a Catanzaro ( e descrive con desolante acutezza lo stato dell'ambiente in cui vive) è entrato in rete e si è fatto un giro di amici in tutt'Italia - e anche all'estero. Ogni tanto si vedono, in questa o quella città. Hanno costruito, da soli, un loro sito, in cui parlano di cose varie; metà del tempo giocano, ma non sempre; stanno sviluppando un loro nucleo culturale. Non sono questi, i ragazzi annoiati che tirano sassi dai cavalcavia... Mi piacerebbe anche farvi leggere quello che scrisse una quindicenne, scandalizzata quanto me per le sciocchezze che leggeva sui giornali. "Quando sono entrata in rete ero una "minore", ma di "pedofili" non ne ho mai incontrati - e stai tranquillo che avrei saputo come sistemarli". Ma se continuano a terrorizzare le famiglie con leggende di loschi figuri annidati nella rete o con scenari alla Blade Runner, o con la bislacca idea che non ci si possa collegare con un computer che costi meno di due o tre milioni... quanti ragazzi troveranno queste strade di scambio e di incontro?

Considerando... l'evoluzione delle nostre società, limitare l'accesso a una risorsa tanto importante è particolarmente nocivo nei confronti dei bambini e degli adolescenti: per loro, come per le future generazioni, l'importanza di conoscere gli strumenti e le logiche del mondo che li aspetta appare cruciale.

Ancora due citazioni... che mi accompagnano verso l'argomento conclusivo della mia introduzione.

È necessario sottolineare che chi cresce in una situazione di continua censura può essere indotto a convincersi che la censura sia il modo migliore per trattare argomenti che non ci piacciono. Per non parlare, poi, del fatto che le censure possono creare curiosità e desiderio nei confronti della cosa proibita e/o insofferenza nei confronti del censore che viene a perdere ogni credibilità quando abusa del suo potere.

Mi sembra molto ben detto. La censura non risolve nulla e crea molti problemi.

Censura e libertà di opinione

Allora... tutto va bene?

In fondo... siamo in un paese libero. Abbiamo stampa libera? così si dice. Abbiamo televisione libera? No... ma così si dice. C'è libertà di opinione in questo Paese? Un po'....

Qualcuno mi dice: ma insomma, in Italia possiamo dire quello che ci pare, la liberà di opinione non è un reato, di cosa ti preoccupi?

Mi preoccupo perché ci sono minacce serie, reali e continue alla libertà di opinione in questo Paese e in particolare alla libertà di utilizzo della rete. Nessuno vuole confessarlo apertamente, ma la rete (e in generale l'opinione non "omologata") non è amata dagli "abbienti" di potere.

La diffusione di una "vera" ed estesa cultura della comunicazione elettronica ha molti nemici.

La diffidenza e il disagio delle élite politiche, economiche e culturali, che temono di perdere i loro privilegi
In gran parte, sbagliano. Non è vero che un giornalista bravo non avrà più lavoro solo perché i suoi lettori potranno risalire alle "fonti". Se è bravo davvero, i lettori avranno sempre bisogno della sua capacità di capire, spiegare e interpretare. Non è vero che la libertà delle opinioni e del dialogo in di rete possa, in qualsiasi modo, intaccare la democrazia della delega: queste sono fanfaluche, che possono far paura solo a chi ha un'idea molto falsa della democrazia. Non è vero che un autentico maître à penser se c'è la rete non parla più, o perde autorità; perché se è bravo parla eccome, e molti lo ascoltano volentieri. Certo che se qualcuno è un "maestro" solo perché lui parla (in televisione, sui giornali o con i libri) e gli altri stanno zitti, e se si trovasse a confrontarsi ad armi pari con una persona intelligente sarebbe distrutto... in questo caso è vero, di quelli come lui ci libereremmo volentieri.

Né possiamo guardare con simpatia coloro (gli interessi in gioco sono grossi) che non vogliono bloccare la rete, ma impadronirsene; cancellarne la molteplicità per trasformarla in una copia dei mezzi tradizionali a "senso unico".

Insomma... nessuno può immaginare una cultura così dispersa e incoerente da non avere più alcun punto di riferimento. Non è questo che chiediamo; e sappiamo che sarebbe impossibile. Vogliamo solo una cultura più trasparente e più condivisa. Ma c'è chi non la vuole... i sistemi di potere sono imbarazzati, confusi, terrorizzati... e questo non può far altro che indurci a pensar male del loro potere e di come lo usano.
La diffusa pseudo-informazione "terroristica", che fa immaginare la rete come un girone infernale gremito di pirati, spie, guastatori, virus, terroristi, criminali, fanatici, sette suicide e occulti diffusori di contenuti "pornografici" o comunque "indecenti" o "pericolosi".
Ci sono anche modi più sottili per spaventare la gente... C'era una trasmissione televisiva in cui un personaggio, che fingeva di accompagnare i "navigatori" nell'esplorazione delle reti, aveva un aspetto piuttosto inquietante e si chiamava Virgilio. Ancora oggi uno dei più importanti motori di ricerca in Italia (che funziona male) si chiama Virgilio. Dove fa la guida Virgilio? All'inferno. Siamo pieni di descrizioni, immagini, rappresentazioni che dipingono la rete come una bolgia dantesca. La gente ha paura.

Ci sono i "laudatori", intenti a spiegare che la rete è bella... ma che cosa dicono, che cosa mostrano? Fantasie gibsoniane, tenebrosi universi cibernetici... non meno inquietanti.
L'enfasi ipertecnologica, spettacolare e "futuristica" che fa immaginare la rete come un mondo arcano, misterioso, artificiale e disumanizzante.
"No, il mio bambino no, inghiottito da quella tremenda macchina che gli divora il cervello". Non è vero... ma in televisione, al cinema, in mostre, convegni, conferenze, lezioni, articoli sui giornali, lo ripetono con ossessiva insistenza. Le caute mamme e i prudenti papà, per non parlare di molti insegnanti... fanno tutto il possibile per evitare che i loro bambini cadano in quegli antri oscuri e terribili, pieni di incubi e fantasmi (e intanto, naturalmente, evitano anche di andarci loro).
Il raptus normativo.
Credo sia noto a tutti che l'Italia ha circa 130.000 leggi più di quelle che dovrebbe avere - e che producono disastri quotidiani, perché in Italia non si può vivere senza violare dodici leggi al minuto (cosa che giova soltanto a chi approfitta della giungla normativa per violare le leggi "giuste" o per trarne vantaggio, a scapito della comunità). C'è un raptus normativo generale -e c'è un raptus normativo specifico sulla rete che può fare solo danni, anche perché molto spesso queste norme sono scritte da gente che non ha capito minimamente di cosa sta parlando.

Ci sono giuristi ed altri esperti in questa stanza che penso potranno approfondire l'argomento meglio di me.
· E soprattutto... la censura.
Nonostante la dichiarazione di incostituzionalità del decency act negli Stati Uniti e le reiterate promesse di "non repressione" dell'Unione Europea, i rischi di censura sono incombenti. Per quanto mascherata di "buone intenzioni", c'è una costante minaccia alla libertà di opinione e alla libertà di scelta dei cittadini.

Questi cittadini, poverini, un po' tontolini, un po' sbrodoloni, non si possono lasciar pensare e vivere da soli... vanno guidati, tutelati, ingabbiati, sennò chissà che sciocchezze potrebbero fare. E poi, come diventano scomodi, quando non sono bene irreggimentati...

No grazie, Signori del Potere, non vogliamo stare sul seggiolone e ascoltare le vostre favole. Vogliamo camminare con le nostre gambe e pensare con la nostra testa. Date responsabilità ai cittadini, non trattateli come idioti.

Come ho detto molte volte...

Con la scusa di metterci il bavaglino, cercano di metterci il bavaglio


Libertà di opinione significa accettare anche opinioni sgradevoli o sgradite.

Libertà di opinione (scusatemi se dico l'ovvio... ma è un ovvio che va ripetuto) significa accettare opinioni sgradevoli e sgradite. Quando io ho ricevuto un messaggio da un certo signor Zundel che mi ringraziava per il suo appoggio, non sono stato felice: il signor Zundel è un neo-nazista, di quelli che vanno in giro a dire che l'olocausto non c'è mai stato. Ho risposto al signor Zundel che avrei usato tutte le risorse che mi sono disponibili per combattere le porcherie che andava dicendo - ma che se devo difendere la libertà di opinione sono costretto difendere anche la sua, come devo difendere le opinioni di Radikal che hanno buttato fuori dalla Germania, come devo andare contro gli studenti ebrei che volevano chiudere i siti nazisti in Francia... Un caso recente è di questi giorni: il governo spagnolo, l'altro ieri, ha chiesto alla CNN di chiudere i collegamenti con fonti informative dei movimenti indipendentisti baschi. La CNN, per fortuna, ha detto no. La polemica è intensa, ma credo che questa volta (nonostante la forte e giusta indignazione per l'assassinio, che può far perdere la testa anche a persone sensate) la censura non passerà.

Insomma, ognuno di noi deve accettare che ci siano opinioni per noi inaccettabili. Ed è proprio quando si sono fatti gravi, od opinioni particolarmente odiose, che il pericolo di censura si aggrava. Non è detto, naturalmente, che opinioni disgustose o inaccettabili debbano essere subite. Le contrasteremo, le discuteremo, con tutta l'energia necessaria... ma la censura, no. Sembra ovvio, vero? Ma guardiamoci intorno...

Ci sono paesi dove se una persona si collega alla rete rischia vent'anni di galera...o peggio. In Italia, nonostante alcune assurde leggi esistenti e in gestazione, probabilmente non arriveremo a questo punto. Ma dobbiamo stare attenti.

La censura è inutile, perché non risolve i problemi (reali o immaginari) che vorrebbe affrontare.

Nessuno, ma proprio nessuno, dei problemi che si vorrebbero affrontare con provvedimenti restrittivi e censori sulla rete può essere minimamente risolto, o ridotto, con quei sistemi.

La censura è gravemente dannosa, perché riduce la libertà di espressione e di scambio, viola i diritti civili, ostacola la diffusione pubblica e trasparente della rete.

A tutti i "poteri" dobbiamo dire: non censurateci .

I veri "malfattori" sanno già oggi come nascondersi.

Non vengano a dirci, per favore, che in rete c'è la mafia, ci sono i terroristi, ci sono le spie... I "malfattori" sono organizzati da decenni, con sistemi molto meno trasparenti e penetrabili. Sarebbero davvero sciocchi se usassero la rete; e non è spiando o censurando noi che qualcuno potrà ostacolarli.

Non parliamo del fatto che esistono da quindici anni sistemi internazionali di spionaggio poliziesco su tutti i sistemi di comunicazione, in grado di intercettare messaggi in rete per indirizzo o per argomento... né di quanto, da anni, tutti i sistemi di rete in Italia siano sistematicamente controllati dalla polizia e forse anche da organizzazioni meno "legittimate". Perché apriremmo un altro, e troppo lungo, capitolo di problemi.

Prima di concludere, vorrei dire ai vari Catoni travestiti da mamme premurose un'ultima cosa:

Con la censura riuscireste solo a mandare in "clandestinità", o in aperta ribellione, molte persone, che non hanno alcuna intenzione di fare cose disoneste, ma sono perfettamente in grado di scatenare un'efficace guerriglia.

(Questa è una semplice constatazione; ma se qualcuno vuol leggerla come una minaccia... potrebbe essere vero. Se qualcuno crede che siano parole vuote, o una cosa difficile... provi a chiedere a qualcuna delle persone tecnicamente esperte che sono qui oggi con noi).

Da uno scontro di questo genere i censori uscirebbero sconfitti. Ma i più danneggiati sarebbero quei molti cittadini che resterebbero esclusi e condizionati, privati della loro libertà e della possibilità di trovare nella rete autentici valori culturali; restituiti all'imbambolata passività, all'isolamento, all'emarginazione culturale cui li costringe l'attuale sistema di comunicazione.

La censura, in qualsiasi forma o comunque travestita, non risolve alcun problema.

Ha un solo effetto: umilia e distrugge la società civile.

Vorrei concludere con una sintesi semplice, che spero sia il tema della discussione che seguirà.

Evitiamo ogni forma
di censura
emoticon triste


Facciamo crescere
la cultura
emoticon ride

 

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