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Questo testo ha solo piccoli aggiornamenti di dettaglio rispetto alla prima stesura uscita nel giugno 1996; intanto molte delle cose che "Cassandra" temeva si sono rivelate ancora peggio del previsto...

"Cassandra"

È proprio vero che possiamo stare tranquilli?
Piccolo catalogo di chi non ha voglia di lasciarci in pace

 

 

C'è una diffusa percezione, fra chi usa le reti telematiche, che tutto sommato non ci siano motivi di preoccupazione. La rete è libera, anarchica, caotica, complessa, nessuno riuscirà a dominarla o a restringerne la libertà.

Le iniziative di censura basate sulla "pornografia" o sulla "pedofilia" sono talmente ridicole che moriranno da sole. I vari dispositivi di "filtro" non funzioneranno mai, e comunque possiamo vivere benissimo anche se ci tolgono l'accesso a qualche sito di "sesso spinto".

Il decency act americano è già stato dichiarato incostituzionale, il resto del mondo dovrà trarne le debite conseguenze.

Ci sono ancora casi di abusi e sequestri, ma sono meno frequenti; non ci sono più state "ondate" come il crackdown americano del 1990 o quello italiano del 1994.

Le varie ipotesi di norme o leggi repressive, di appesantimenti burocratici, di strangolamento amministrativo della telematica indipendente, finora non si sono trasformate in realtà; o meglio, leggi potenzialmente pericolose ci sono, ma nessuno le ha applicate, finora, in modo distruttivo.

Gli scandali sugli hacker si risolvono in bolle di sapone.

Il monopolio Telecom, presto o tardi, finirà. La Microsoft non riuscirà a impadronirsi della rete; e anche se ci riuscisse non potrebbe toglierci la libertà.

Insomma: tutto va bene, madama la Marchesa?






Prima di proseguire, vorrei parlare di Cassandra.

È passata alla storia (o alla leggenda) come una strega, una fattucchiera, l'uccello del malaugurio.

Era solo una ragazza intelligente che disse "per favore, prima di tirarci in casa un regalo di quei furbastri degli Achei, perché non proviamo a vedere che sorpresa c'è dentro?" Non la ascoltarono; e poi diedero la colpa a lei.

Ci provò anche Laocoonte, ma lo ammazzarono subito e dissero che erano stati gli Dei. Cassandra in quel momento fu risparmiata (anche perché era figlia del re); ma poi finì prigioniera ad Argo, disse di nuovo qualche verità scomoda e fu assassinata da Clitennestra.

Mi è capitato varie volte nella vita di trovarmi nel ruolo di Cassandra, oppure in quello del troiano stupido.

Ci vanno sempre di mezzo tutti e due; quindi spero proprio, questa volta, di non essere né l'una, né l'altro.

Ma ci sono molti motivi per non stare tranquilli. Timeo Danaos, et dona ferentes.






È vero, per fortuna, che il famigerato decency act negli Stati Uniti è stato dichiarato incostituzionale. Ma la partita non è chiusa. Ci sono ancora tentativi di imbrigliare la rete, con vari pretesti; e c'è chi da Washington briga a Bruxelles, per creare un "esempio" che possa essere re-importato. E ci sono, in America come in Europa, ricorrenti proposte di censura e controllo, compresa una recente ñ basata sul vecchio pretesto "terrorismo e bombe".

È vero che in solenni dichiarazioni l'Unione Europea ha promesso di proteggere e favorire la libertà della rete. Ma perfino nelle pieghe della Dichiarazione di Bonn si nascondono punti ambigui in fatto di libertà; e certe pressioni per una presunta "autoregolamentazione" (che non è affatto "auto", ma imposta dalle autorità politiche e amministrative, con la complicità di chi vuole compiacerle) nascondono trucchi pericolosi.

Siamo attenti ai "filtri", alle premurose "tate elettroniche" che vogliono proteggerci dalle possibili infezioni di una troppo libera navigazione nella pullulante biologia della rete. Se ognuno fosse libero di scegliere il software "protettivo" che vuole, secondo la sua cultura e le sue esigenze, sarebbero innocui (o quasi). Ma se (come si propone) saranno decisi da qualche "superiore autorità" e imposti tramite i provider, dalla "tutela degli indifesi" alla repressione di opinioni sgradite... il passo è breve.

È vero, infine, che non viviamo in uno di quei paesi (che sono tanti, e non tutti lontani) in cui per il solo fatto di collegarsi alla rete si rischia la galera, o peggio; e che una persona tecnicamente esperta potrà sempre trovare il modo per "bucare" i controlli, magari collegandosi dalla Moldavia con un'identità marziana. Ma non mi sembra ragionevole che la libertà nella rete sia il privilegio di pochi hacker (nel senso originario della parola) e che la stragrande maggioranza dell'umanità sia ricondotta all'ovile dell'informazione controllata e condizionata.






Proviamo a chiederci: chi ha voglia di reprimere?

Per cominciare: tutti i partiti politici, nessuno escluso, perché vedono male uno scambio di opinioni fuori dai canali noti e controllabili (e forse non hanno capito che nessuna forma di "democrazia elettronica" potrà mai sostituire la struttura necessaria della delega, che semmai è minata dalla meccanica superficiale del "comizio televisivo").

Non è il caso di fidarsi di chi parla di aiutarci o proteggerci. Grazie, no: non abbiamo alcun bisogno della loro protezione.

La tendenza di tutti i Poteri, e in particolare di quello politico, è trattare i cittadini come bambini sbrodoloni incapaci di gestirsi da soli.

Il rischio è che con la scusa di metterci il bavaglino finiscano col metterci il bavaglio.

E non si tratta solo dei Partiti... ho avuto modo di constatare che anche i Sindacati, nonostante alcuni interessanti tentativi di apertura, sono frenati da correnti interne incapaci di capire i valori della flessibilità e del telelavoro o di uscire dal tradizionale verticismo "tayloristico", impreparate a capire concretamente che cosa voglia dire mettere la telematica al servizio dei cittadini.






Poi... gli apparati e la burocrazia, perché non sopportano qualcosa che non sia assoggettato ai loro moduli, timbri, controlli, inghippi e vessazioni (compreso il baraccone di pseudo-garanzia nato dalla mal concepita legge sulla privacy , che può facilmente trasformarsi in uno strumento di repressione burocratica).

È vero che si parla di riforma dell'Amministrazione, di burocrazia al servizio dei cittadini e non viceversa; è vero che ci sono esempi positivi, come alcune Camere di Commercio e alcune amministrazioni locali; ma in generale, anche se queste "buone intenzioni" si realizzeranno, ci vorranno parecchi anni. Intanto rimane il pericolo che i peggiori comportamenti della burocrazia vengano a rendere la vita difficile non solo ai gestori di servizi in rete (specialmente i più piccoli e indipendenti) ma anche a tutti gli utenti.






C'è anche chi "vende sicurezza" , e ha tutto il diritto di fare il suo lavoro, ma spesso esagera nella diffusione di percezioni ossessive e terrificanti.






Credo che sia ovvio a tutti il livello di disinformazione, di "analfabetismo culturale", che spesso dimostrano ancora i "grandi mezzi" tradizionali (giornali, televisione, eccetera, per non parlare dei libri) quando si occupano della rete.

Proviamo a chiederci perché.

I proprietari di questi mezzi tradizionali temono che ci sia informazione fuori dal loro controllo e che il loro potere si indebolisca.

Si è scoperto anche che temono (assurdamente) di perdere denaro per la "concorrenza" della rete.

Alcuni di loro (su scala mondiale) stanno cercando di entrare nella rete e di ottenere posizioni di egemonia. Molti altri sanno che non riusciranno a farlo. I primi, se avessero una visione lucida, dovrebbero essere schierati dalla parte della libertà; ma anche a loro costa poco "accontentare" gli spaventati permettendo "lacci e lacciuoli" che poco nuocerebbero ai grandi operatori ma ingabbierebbero i piccoli.






Anche il mondo della "cultura" tradizionale, e tuttora imperante, dà spesso segni di oscurantismo. Molti "intellettuali", temono di perdere i loro privilegi come "maestri del pensare", come "emanatori" di conoscenza e di informazione.

Chi ha vera maestria e cultura non ha nulla da temere, perché anche in un incontro "da pari a pari" con chiunque di noi saprebbe guadagnarsi il nostro rispetto e affermare la sua meritata autorità. Ma quanti, che imperversano dai talk show alle cattedre universitarie, saprebbero cavarsela davvero se scendessero dai loro scranni privilegiati e si mescolassero al "volgo"?

Provate ad ascoltare le cose che dicono personaggi "autorevoli" di ogni specie, che si erigono a esperti mentre se li si ascolta ci si accorge che non conoscono la differenza fra l'e-mail e un cd-rom.






I giornalisti... alcuni, è vero, conoscono bene la rete, non la temono e ne parlano in modo intelligente. Ma sono ancora una piccola minoranza.

Ricordo di aver partecipato a un convegno di giornalisti, al Circolo della Stampa a Milano, in cui si parlava della rete. Il terrore diffuso era palpabile.

Come sopravvivere in un mondo in cui i miei lettori possono controllare le mie fonti? Perderò il mio privilegio di "mediatore" dell'informazione? Dovrò ri-imparare daccapo il mio mestiere? Spero di svegliarmi domattina e scoprire che era solo un incubo.

Quei giornalisti che hanno capito, e quelli che capiranno, potranno non solo continuare a fare il loro mestiere, ma farlo molto meglio. Ma sono ancora molti quelli che hanno paura.






L'Unione Europea (nonostante le sue "dichiarazioni" in senso contrario) sta lavorando su una pazzesca congerie di norme, regole, controlli e censure.

Conosciamo almeno alcuni dei campi in cui intendono agire, dal controllo dei pagamenti tramite la rete (come se non fosse un problema già risolto) alla difesa del copyright (leggi interessi dei grossi produttori di software) alla lotta contro il "terrorismo in rete" (che sappiamo non essere un problema reale) alla "pornografia" (che abbiamo visto essere un pretesto per la censura) alla difesa della privacy dei dati... quest'ultima una tesi sacrosanta, ma già abbiamo visto come sotto quella giusta bandiera si infilino meccanismi di burocratizzazione repressiva. Eccetera...






Ogni tanto si parla di "interessi economici". Secondo me è sbagliato pensare che tutti gli interessi economici e commerciali siano "nemici" della rete. Ci possono essere business che aiutano e sostengono la libertà della rete invece di ostacolarla.

Ma i "nemici" ci sono, e possono essere pericolosi. Alcuni grandi interessi economici (non tutti) temono di vedere il mercato aprirsi a piccoli operatori e temono di perdere le leve di controllo privilegiato che hanno attraverso i grandi canali di distribuzione, promozione e comunicazione.

Ho sentito "portavoce" di questi interessi dichiarare pubblicamente che la rete va imbrigliata, regolata, irreggimentata, prima che dia spazio (temibile ipotesi) a piccoli operatori che possano competere alla pari coi grandi, magari offrendo gli stessi prodotti a prezzi più bassi o con un servizio migliore.

Uno di loro, due anni fa, disse sogghignando "tanto entro sei mesi internet collasserà, e avrete bisogno di noi per rimetterla in piedi". Per fortuna, almeno finora, i fatti gli hanno dato torto. Se la rete ogni tanto si ingorga, non è certo per l'aumento della sua diffusione, ma per la congestione prodotta da un sovraccarico di cose inutili, come un eccesso di immagini e di animazioni. A salvarla potrà essere solo un progressivo ritorno di buon senso, sotto la pressione di chi della rete ha bisogno; comprese quelle grandi imprese che oggi la snobbano o la temono, ma presto o tardi ne scopriranno l'utilità.






Ci sono altri fenomeni che possono sembrare bizzarri ma non sono da sottovalutare.

Per esempio, i "vettori" tradizionali di informazioni e beni hanno tentato, in vari paesi, di far tassare la rete per renderla meno competitiva. Finora non ci sono riusciti, ma non è detto che non ci riprovino.






E poi... ci sono i "normomani".

Una certa specie di giuristi e legislatori, che in un paese già afflitto da 100.000 leggi più di quante ne servono vogliono continuamente accrescere l'intrico indecifrabile di leggi e norme (e carrozzoni vari che con la scusa di "controllare" fabbricano solo privilegi e corruzione) per un loro esclusivo quanto perverso interesse. Sono già riusciti a produrre alcune mostruosità giuridiche e temo che non abbiano finito.

Parte spesso da costoro il concetto di una società in pericolo, di una rete affollata di hacker e pirati, o peggio ancora (che cosa terribile!) di opinioni liberamente diffuse che danno voce anche alle minoranze, al dissenso, o comunque a quel "profano volgo" cui finora era solo consentito di inchinarsi tremante davanti al potere di chi tiene le chiavi della Legge (e dell'informazione).

Stiamo attenti... in tutto il mondo, ma specialmente in Italia, ci sono moltissime leggi che enunciano un principio e prescrivono tutt'altro. Come se la legge per la difesa dei bambini e dei deboli all'articolo 47/bis contenesse oscuri riferimenti che, una volta decodificati, prescrivono quante frustate deve ricevere un disobbediente. (Avevo scritto questo esempio, un anno fa, pensando che fosse del tutto immaginario; ma se guardiamo certe norme proposte per la "tutela dei minori" ci accorgiamo che la realtà supera la fantasia).






Ci sono anche, naturalmente, i grandi produttori di software, che furono gli ispiratori del demenziale crackdown del 1994 in Italia. Ma pare che abbiano capito l'inutilità di quelle operazioni intimidatorie, che alla fine si rivolgono a loro danno, e quindi oggi siano un po' meno pericolosi, almeno per quanto riguarda sequestri e persecuzioni poliziesche; ma non sono certo finiti i loro tentativi di monopolizzare la rete e controllarne anche i contenuti.

Molti grandi operatori stanno cercando di trasformare la rete in un grande spettacolo, una specie di Hollywood o Disneyland, piena di orpelli e scarsa di informazioni. Questo riporterebbe la rete, o parte di essa, a una brutta copia dei mezzi tradizionali, con tanti saluti all'interattività e al libero scambio di opinioni. Con un grande abuso di paroline di moda, come "multimediale" o "virtuale" o ciberchissàche, ci stanno rifilando cultura vecchia con un vestitino nuovo, spesso abbastanza goffo.

Trovo francamente insopportabili trasmissioni televisive, film dell'orrore o del "fumettismo" di basso livello fantascientifico, e tante altre forme di pseudocultura e culto dell'apparenza, che infestano giornali, riviste e libri, allontanando la percezione dai valori reali, umani, civili, sociali della rete.

E anche tutto questo straparlare di "Internet" (inteso come un repertorio di testi e immagini da "esplorare" con un browser) quando una realtà portante del sistema sono, e soprattutto saranno, le comunità umane in tutte le loro forme, compresi i BBS e i community network .






Stranamente quelle che temo meno (spero di non sbagliarmi) sono le "Forze dell'Ordine", perché è "di pubblico dominio" che la Polizia ha la rete sotto controllo da anni, la conosce benissimo e non la teme; quindi non ha alcun interesse a "reprimerla" se non riceve qualche direttiva pilotata da altri interessi. O almeno così credevo. Ma ora si sta scatenando una specie di "gara" fra Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, con una tendenza a vedere o inventare pericoli un po' dovunque per dimostrare la propria capacità nella scoperta e repressione di "crimini" così moderni, affascinanti e incomprensibili a gran parte dell'opinione pubblica e delle "autorità costituite".

E, anche qui, ci sono pressioni internazionali; compresi sistemi già funzionanti (ma di cui si parla poco) capaci non solo di intercettare le comunicazioni in rete senza bisogno di alcuna autorizzazione della magistratura, ma anche di pilotare le intercettazioni in base ai contenuti. Sarebbe veramente stupido un criminale, un terrorista o una spia che usasse per i suoi maneggi un mezzo così facilmente controllabile dalle polizie e dai servizi segreti di mezzo mondo; che fanno tutto il possibile per bloccare l'uso della crittografia, non perché se ne servano i criminali (che hanno altri metodi per non farsi intercettare) ma perché potrebbe ostacolare la "sorveglianza" su cittadini incensurati e insospettabili.






Per quanto riguarda l'opinione pubblica, non facciamoci illusioni. Con la disinformazione che c'è in giro, la maggior parte dei cittadini potrebbe vedere di buon occhio qualche "controllo" su questa misteriosa macchina divoratrice di cervelli che manda in paranoia i bambini e diffonde pornografia, pedofilia, anomalia, pirateria, indisciplina, criminalità, disumanizzazione, alienazione, ossessione, e chissà quali diavolerie tecnologico-fantascientifiche.






Forse nessuna di queste "forze ostili", da sola, è in grado di limitare davvero la libertà delle reti, così molteplici e proteiformi; e anche (speriamo) difese da interessi più lungimiranti, che della loro autonomia capiscono il valore e il potenziale.

Ma le varie spinte repressive possono allearsi e combinarsi, anche in modi imprevedibili. E possono trovare un "collante" nella più spaventosa forza distruttiva che sia mai esistita: lo smisurato potere della stupidità umana.






In conclusione... è meglio stare in guardia. La strada per arrivare a un'autentica cultura e libertà delle reti (al plurale: più sono, meglio stiamo) è ancora lunga e piena di ostacoli.

 

   
 
Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it
  giugno 1996
(con un parziale aggiornamento nell'ottobre 1997)

 

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