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La coltivazione dell’internet


Intervista sul Magazine di Bancalavoro
22 settembre 2000



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La coltivazione dell’internet
intervista con l’autore


Domanda
È ormai evidente che grazie all’internet gli utenti/consumatori avranno più potere rispetto a oggi. Cosa succederà alle aziende?

Livraghi
Il cosiddetto customer empowerment non è una leggenda; è un fatto. Ma non è il caso di averne paura. Si tratta di capirlo e di imparare a soddisfare meglio clienti (o “consumatori”) più informati ed esigenti.
La percezione generale è che diventi un problema di prezzo, ma non è così semplice.
Cominciamo col dire che le persone si possono organizzare in modi diversi. Possono semplicemente informarsi. Senza bisogno di fare particolare fatica sono in grado di scegliere il prezzo più basso. Non necessariamente acquistando online; possono usare la rete per raccogliere informazioni e poi comprare nei canali “tradizionali”. Ma non è detto che si debba affrontare una battaglia basata solo sui prezzi.
Se un cliente è più informato in termini di qualità e servizio, non vuol dire che sia una persona che guarda solo “quanto costa”. Se ho davvero prodotti di qualità, posso cercare di muovermi in modo andare incontro a questi clienti proprio approfittando del fatto che sono persone più attente e meglio informate sui servizi e i prodotti migliori. Non è affatto detto che questo si traduca in una battaglia sfrenata di prezzi, ma l’esperienza può essere messa a frutto se l’azienda sa gestire la relazione senza avere paura, cercando di capire il fenomeno e affrontandolo. Certo, per fare questo occorre avere una qualità elevata del prodotto e del servizio. Ma dobbiamo ricordare che la rete, se bene utilizzata, può ridurre i costi di distribuzione e i problemi locistici; quindi è ragionevole che i clienti si aspettino anche un vantaggio di prezzo.

Domanda
Come fare emergere la personalità di una azienda o del suo sito in rete?

Livraghi
La prima cosa a cui pensare non è il sito. Possiamo chiederci come far emergere la personalità di un’azienda dalla sua carta intestata. Ma una presenza online è tutt’altra cosa. L’importante è sapere prima a chi e come dovrà servire.
Facciamo un esempio che non è nell’area business ma, proprio per questo, è particolarmente significativo. Un ospedale ha organizzato un servizio online per aprire un dialogo con i suoi pazienti e poi ha dovuto chiuderlo quasi subito perché non era in grado di gestire la comunicazione. Avrebbe dovuto prevedere prima che gli argomenti trattati sono di estremo interesse. Significa diventare il punto di riferimento per moltissime persone su temi complessi e importanti. Quindi presuppone personale qualificato per rispondere. E non si può chiedere a un chirurgo o a un diagnostico di stare tutto il giorno a scrivere e-mail; né di esprimere un’opinione senza visitare il paziente o analizzare a fondo la documentazione clinica. Non è possibile gestire online l’infinita complessità delle relazioni fra i medici (e le strutture ospedaliere) e i pazienti (e le loro famiglie e amici) – o chiunque nell’area di competenza di una struttura sanitaria pensa di avere un problema di salute. Ma ciò non significa che non ci siano molti servizi che possono essere facilitati e migliorati con un uso intelligente dell’internet.
C’è una fascia di relazioni, meno impegnative ma rilevanti, che anche una grande struttura può gestire in un dialogo diretto con le persone interessate. Se il servizio è bene impostato può ridurre, non aumentare, la faticosità del processo. Ma è impensabile che un sistema come questo possa “nascere adulto”. È importante, a mio avviso, cominciare a fare il fattibile. Procedere per gradi. Diventa così più facile correggere gli errori man mano che si sviluppa il progetto. Mi rendo conto di dire cose banali, ma metterle in pratica diventa molto difficile se ci si illude di poter prevedere tutto in anticipo o di ottenere miracoli semplicemente mettendo su un “sito web”.
Perché si pensa che “fare un sito” sia il primo passo? Se non si hanno le idee chiare su che cosa serve e a chi, è meglio non farlo. Il risultato di scelte superficiali è che si copia un’idea altrui, si fa pura cosmetica o si promette ciò che non si può mantenere. In questo modo si ottiene poco o nulla e si rischiano pessime figure.

Domanda
Come formare le risorse umane perché diventino vere risorse per l’internet?

Livraghi
Due risposte.
Prima di tutto non c’è stato ancora il tempo di formare persone. Occorre partire dal concetto che le persone formate sono poche e ancora meno i formatori. Bisogna formarsi facendo. Un imbianchino lo trovo. Si tratta di una professione già nota e che esiste da innumerevoli anni. Questo non è possibile per la rete.
In secondo luogo, si sente spesso parlare di “alfabetizzazione” tecnica. Questo significa partire dal concetto che siamo analfabeti – e che l’indottrinamento tecnico debba prevalere sui contenuti. È vero, invece, che l’istruzione tecnica non è sufficiente anche per chi opera in questo terreno, ma occorre un’altra e più importante risorsa: la capacità di comunicare e gestire relazioni umane. Tutt’altro mestiere. Non risorse tecniche, ma comunicazione.
Quando ero ragazzo un cromista guadagnava più di un cronista. Cioè un tecnico di stampa era molto meglio pagato della maggior parte dei giornalisti. Un tecnico può essere una figura molto importante. Ma non mi risulta che a qualcuno sia mai venuto in mente di far scrivere il giornale da un tipografo. Certo, un libro deve essere stampato bene; ma è fondamentale il lavoro che sta dietro alla produzione libraria. Ci vogliono autori, redattori, impaginatori che sappiano produrre un’opera di qualità. Invece nella comunicazione online è diffusa la tendenza a credere che la tecnica sia tutto.

Domanda
In Italia c’è molta resistenza alla diffusione dell’internet. Eppure nel suo libro si esprime la convinzione che il nostro paese sia un luogo perfetto per la rete.

Livraghi
Le barriere all’uso stanno cadendo. Sono barriere culturali, ma penso che tra il 1998 e il 1999 si sia passata la soglia. Siamo passati da “quelle persone strane” a “si, lo so, ci lavora mio fratello”. Ma c’è ancora molta gente che dice “non mi interessa”. E ha ragione, visto che non gli interessa quello che viene spiegato, proposto e sbandierato. C’è chi usa la rete per fare due cose e poi chiude: e fa benissimo. Ritornerà quando troverà qualcosa di interessante da fare, secondo le sue personali esigenze.
Vista la diffusione della telefonia mobile, mi sembra evidente che l’Italia non sia un paese di tecnofobi. Se ci sono resistenze e difficoltà non sono tecniche, ma culturali. E ormai si stanno superando. Anche in Italia l’espansione dell’internet è un dato di fatto. Anche se i dati sugli “utenti” sono sballati, il numero delle persone online sta aumentando davvero – e le barriere economiche, sociali e culturali stanno cadendo. Sono sempre di più le persone che capiscono l’utilità dell’internet e sono sempre meno definibili come “segmenti” della popolazione.





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