girasole

La coltivazione dell’internet


Capitolo 16
Il ruolo dei “portali”

Che cos’è un “portale”? Il termine portal, ovviamente, è stato coniato in America; ma descrive con una certa chiarezza la natura dell’oggetto. Si tratta, davvero, di una “grande porta”, come quella di un tempio o di un immenso palazzo – o come quelle che si aprivano nelle mura delle città fortificate. I modelli “storici” negli Stati Uniti risalgono ai tempi in cui non c’erano accessi “per tutti” all’internet: Compuserve (dal 1979) e America OnLine (dal 1985) erano “grandi BBS” che offrivano estesi servizi ai loro clienti, comprese le mall, o centri commerciali. Ancora oggi AOL (che nel frattempo ha comprato Compuserve e Netscape) è il “punto di accesso” alla rete per 20 milioni di americani.

I BBS (Bulletin Board System) erano le strutture portanti della comunicazione telematica prima che si diffondesse l’uso dell’intetnet (il ruolo dei BBS non è esaurito; anzi continuano a nascere e a evolversi sistemi e comunuità online che, anche con tecnologie diverse, sono sostanzialmente BBS). Oltre a 2000 BBS c’erano anche in Italia (benché su dimensioni molto più piccole di quelli americani) alcuni centri che servivano come punti di riferimento per quella che allora era l’attività online; come McLink (nata nel 1986), Agorà Telematica (1989) e Galactica (1989). Tutte e tre sono ancora attive e sono ISP (Internet Service Provider); da alcuni anni concentrano prevalentemente la loro attenzione sui servizi alle imprese. Benché ci siano poche notizie pubbliche e chiare su acquisizioni, fusioni e iniziative di varia natura, oggi quasi tutte le organizzazioni del settore tendono a espandere ed evolvere la loro attività o a diventare parte di gruppi più grandi.

Con la diffusione dell’internet, il ruolo tradizionale dei “portali” sembrava esaurito. Invece continuano a crescere e a moltiplicarsi, e nascono continuamente nuove presenze che vogliono occupare quel ruolo. Hanno origini diverse. Alcuni erano nati come repertori o “biblioteche”. Altri come “motori di ricerca”, come fornitori di connessione o come produttori di software. Altri ancora sono gruppi editoriali o imprese televisive o cinematografiche, cioè hanno origini esterne alla rete, ma vogliono trovare uno spazio nei nuovi sistemi di comunicazione. Il quadro è ulteriormente complicato (come in quasi tutti i settori dell’economia) da frequenti fusioni e acquisizioni. Tutti cercano di “convergere” nello stesso ruolo: diventare il “punto privilegiato di accesso” per il maggior numero possibile di utenti. Insomma il “portale” tende a dire: «Perché vuoi faticare a cercare cose in giro per la rete? Vieni da me, che ci penso io». E così costruire un “parco” di utenti che poi può vendere a chi li vuole raggiungere...

Il motivo è abbastanza ovvio: chi riuscirà a controllare il flusso sarà in grado di guadagnare offrendo il “parco di utenti” alle imprese che hanno qualcosa da dire o da vendere. Il futuro è d’obbligo; se in America il settore delle “nuove tecnologie” è noto per il fatto che salgono in borsa le quotazioni di imprese in perdita, in Italia siamo in una fase di investimento; nessuno degli “aspiranti portali” più aspettarsi un profitto di breve termine inquesto campo. La natura della scommessa è chiara: chi saprà occupare il territorio si troverà in vantaggio quando il mercato crescerà. Meno chiaro e chi sarà il vincitore, perché ci sono parecchi pretendenti e la battaglia è appena cominciata.

Le manovre in Italia erano in corso da tempo; ma la “guerra dei portali” si è scatenata nel 1999. I contendenti sono molti. Finora il più aggressivo è stato Kataweb, che trae le sue origini dall’ormai consolidata presenza di Repubblica online ma dal giugno ’99 si propone come un “portale” con molto più ampie ambizioni; non solo comprende tutte le attività del gruppo Repubblica-Espresso ma si presenta con una gamma estesa di altre proposte, compreso un “motore di ricerca”. Ma non sono pochi i concorrenti.

C’è il gruppo RCS (Rizzoli - Corriere della Sera) che finora ha cincischiato con le sue attività online ma dichiara intenzioni ambiziose. C’è la RAI che finora ha fatto poco o nulla ma ha ripetutamente manifestato propositi bellicosi (per ora non è chiaro se l’accordo fra RCS e RAI per la “televisione tematica” si estenderà anche a iniziarive nell’internet). C’è Il Sole 24 Ore che da parecchi anni ha una presenza forte in rete e vuol diventare più che mai un punto di riferimento – non solo per l’economia. C’è Virgilio che ha la dichiarata intenzione di non essere solo un motore di ricerca, ma un grande “portale”. Alcune parti della galassia Fininvest (Mondadori, Mediaset, Publitalia) hanno attività separate ma è probabile che il gruppo sviluppi successivamente altre strategie. Intanto la Mondadori ha comprato Volftp (l’ultimo residuo del defunto impero Video OnLine) che aveva già ottenuto per conto suo un ruolo rilevante; e ha annunciato l’apertura di una libreria online (in concorrenza con la Zivago di Kataweb-Feltrinelli). Ci sono operatori internazionali come Lycos e Yahoo che hanno aperto in Italia (in modo diverso, anche Altavista ha un’interfaccia in italiano ed è in corsa per la “raccolta pubblicitaria” sul nostro mercato). C’è la Microsoft che, benché sia un po’ l’ultima arrivata dopo anni di disinteresse verso la rete, sta ovviamente (e non da oggi) usando la sua leva sul software per cercare di impadronirsi anche del flusso dell’informazione: e ha dichiarato di volerlo fare anche in Italia. Anche i browser cercano di assumere il ruolo di “guida alla rete”, cioè di “portale”; e se pensiamo che oggi Netscape è di AOL, ed Explorer è sempre stato della Microsoft... Ci sono le offerte di “internet gratis” che oltre a giocare sulle interconnessioni hanno l’abbastanza evidente proposito di costruire “portali”. Dopo Tiscali e Infostrada in questa partita si è inserita (com’era prevedibile) anche Telecom; offerte analoghe sono poi state presentate da altri operatori di telefonia, da imprese internazionali come Yahoo, da grandi provider (per esempio Dada con “SuperEva”), da Kataweb e da Mediaset (“Jumpy”) e perfino dalla Fiat (“Ciao web”).

Alcuni pensano che il lancio dei “portali”, e in particolare le offerte di “internet gratis”, siano la causa della crescente diffusione dei collegamenti all’internet in Italia. Se così fosse, sarebbe preoccupante, perché avremmo un mercato “drogato” e instabile. Ma per fortuna non è vero. L’accelerazione era in atto da un anno e si basa su premesse non “volatili” o provvisorie. (Vedi le informazioni sullo sviluppo dell’internet in Italia, in Europa e nel mondo nella sezione dati di questo sito). Le nuove iniziative possono accelerare il processo, ma si innestano su una tendenza già esistente. L’affollamento competitivo in questo settore, che comprende parcchie proposte affrettate e non ben concepite, suscita interesse (specialmente fra le persone meno esperte della rete) ma produce anche perplessità e insoddisfazione.

Anche indipendentemente dalla proliferazione di offerte “gratuite”, ci sono altri provider, specialmente i più “grossi”, che stanno facendo tutto il possibile per avere un ruolo significativo come “portali”. Ci potranno essere altre presenze; anche perché molti operatori procedono (come si fa anche in tanti altri settori d’impresa) a colpi di acquisizioni. Eccetera, eccetera...

Tutti questi concorrenti hanno (e dichiarano) lo stesso obiettivo: diventare “il più grande portale in Italia”. Bertoldo chiederebbe: «Se sono tanti, come può ognuno essere l’unico, o il più importante?». Spesso i “bertoldi” hanno ragione. Nessuno può prevedere come andrà a finire questa guerra, ma una cosa è certa: non la possono vincere tutti.

Credo che sia impossibile prevedere “chi vincerà”, anche perché non si è ben capito su quale terreno si svolgerà la battaglia. Vista la molteplicità dei contendenti, è chiaro che molti dovranno accontentarsi di un’affermazione inferiore alle loro ambizioni. In Italia, come in tutto il mondo, si tratterà di capire quale ruolo avranno i “portali generici” e come e quando si svilupperà un sistema più selettivo, con punti di riferimento che si concentrano su specifici settori o aree di interesse e perciò sono, nel loro territorio, più competenti ed efficienti.

Si stanno diffondendo (anche in Italia) molte perplessità sulla proliferazione di portali “generici”. Si è perfino creato un bizzarro (e spero effimero) neologismo, vortal, per intendere un “portale verticale” – cioè capace di offrire qualità e profondità su un particolare tipo di contenuti o di servizi. In parole povere, si pensa che sia meglio uscire da una discutibile contesa in cui “tutti fanno tutto” e applicare l’antico detto lombardo: l’offeliere faccia il suo mestiere.

Dal punto di vista delle imprese che vogliono usare la rete per sviluppare la propria attività non è importante sapere chi prevarrà nella furibonda concorrenza fra portali orizzontali, verticali, diagonali, a quadretti o a pois, ma capire se e come è utile servirsi di queste risorse. Il tema è assai controverso. Per esempio Jessie Berts (http://www.zdnet.com/anchordesk/story/story_2263.html What’s next after portals? luglio 1998), nel bel mezzo della portal frenzy che si era scatenata negli Stati Uniti, sosteneva che “i portali sono solo una fase” e che sono destinati a essere sostituiti da strutture più specifiche, come i hub, o nodi di smistamento, destinati non “a tutti” ma a specifici settori di interesse; Jim Louderback su Pcweek esprimeva le stesse perplessità (http://www.zdnet.com/pcweek/ opinion/0629/29mind.html Portals: just a phase in the internet’s development ); un anno più tardi Malcom McLaichian (http://www.techweb.com/wire/story/TWB19990406S0024 Study questions portals’ e-commerce power ) riferisce che, secondo uno studio di Jupiter Communication, molte imprese sono perplesse sui risultati ottenuti con i “portali”. Queste osservazioni possono essere più o meno significative per il mercato italiano, che si trova in una fase diversa; ma, proprio perché da noi siamo agli inizi, è difficile capire se e come questi nuovi sviluppi potranno essere utili alle imprese.

Senza tentare alcuna profezia, credo che si possano definire alcuni criteri.

  • L’eventuale uso di un “portale” può essere visto come uno strumento per far crescere il “traffico”; ma non può e non deve sostituire l’impegno diretto dell’impresa con una propria strategia in rete.

  • L’impresa può costruire un proprio “portale” (Questa è la soluzione proposta, per esempio, da Beth Stackpole in http://www.zdnet.com/pcweek/stories/news/0,4153,397183,00.html The pitch for portals – Companies need to look past the fanfare to find the right platform for corporate portals – aprile 1999) ma non è ragionevole mettersi in concorrenza con i “portali” generici. Per una grande impresa, può servire un hub che serva come nodo di riferimento per le sue diverse attività (ma è importante che sia un efficace centro di smistamento, non un affollato e inestricabile ingorgo). Per le “piccole e medie imprese” possono essere utili alleanze e consorzi, su basi regionali, di categoria merceologica o di convergenza di interessi.

  • Anche in questo modo possono entrare in gioco le comunità, che sono la forza e la struttura naturale della rete. Non è importante come si definiscono, cioè se somiglino a un “portale”, a un nodo (hub), a un BBS, a un sistema di nodi interagenti e collegati fra loro, eccetera. Può essere tutte queste cose o nessuna, ma l’importante è che abbia un’identità chiara e riconoscibile. Per molte comunità può essere utile presentarsi anche all’esterno con un punto di presenza che permetta di rendere disponibile il loro patrimonio di conoscenze e condividerlo con chi altro, nel vasto e complesso mondo della rete, è interessato a condividerlo.

  • La nascita di “portali” specializzati può essere un’iniziativa autonoma, oppure l’opera di un intermediario qualificato, o può essere stimolata delle imprese del settore. Quanto più rilevante e ricco di contenuti è un settore, tanto più significativo è lo sviluppo di “portali” o “agenti” specializzati.

  • In ogni caso la credibilità di un “portale” è determinata dalla qualità del servizio che offre. Quanto più è condizionato da particolari interessi, tanto meno è credibile. Questo problema esiste con tutti i mezzi di informazione ma assume un’intensità particolare nella rete, dove le persone più esperte e attive hanno un’elevata capacità critica e comunque tutti hanno un’immediata possibilità di verifica.

  • La dimensione non è necessariamente un fattore di qualità. Quanto più un “portale” diventa grande, tanto più è generico e ha difficoltà a gestire una massa esagerata di contenuti; e tanto più diluita è la presenza in quel contesto di ogni singola impresa.


  • Sembra in gran parte tramontato il concetto di mall, o centro commerciale, che gestisce le attività online per conto delle imprese . Rimangono tuttavia due possibilità: gestire tutto in proprio o delegare a terzi una parte del sistema, dalla logistica alla comunicazione. Ovviamente la scelta dipende dalle specifiche esigenze e risorse di ciascuna impresa; ma credo che in generale sia meglio mantenere il massimo possibile di autonomia e di flessibilità, utilizzando se e dove necessario risorse esterne, organizzando dove oppurtuno alleanze, convergenze e comunità, ma evitando di perdere il controllo o di ridurre la propria autonomia.


L’investimento di grossi gruppi nei “portali” è troppo rilevante perché possano, come altre soluzioni che sembravano importanti, appassire e svanire nel giro di una stagione. Resteranno probabilmente una realtà rilevante, almeno per qualche anno; ma non sono, e probabilmente non saranno mai, in grado di controllare tutto il sistema. Recenti ricerche in Italia dimostrano che (a differenza degli Stati Uniti, dove grandi strutture di servizio online si erano consolidate prima della diffusione dell’internet) anche fra i “nuovi utenti” non c’è alcuna fedeltà ai “portali d’ingresso”. Ognuno cerca di trovare la sua strada nella rete e si serve di questa o quella risorsa se e quando la considera la più adatta ciò che sta cercando.

Ci vorrà tempo (probabilmente anni) prima che la situazione si chiarisca e si consolidino ruoli e posizioni. Intanto, la considerazione fondamentale è una. Tutti gli strumenti possono essere utili, se sono scelti secondo la situazione, la fase e le esigenze di ciascuna impresa. Ma nulla può sostituire l’impegno diretto dell’impresa in rete, definito e costruito passo per passo, “tagliato su misura” per le sue specifiche e inconfondibili strategie. L’internet è un mondo di diversità; più si è (o si appare) uguali agli altri, o si fanno le stesse cose, più si diventa deboli e dispersi in una folla anonima.




A proposito di “portali” e “motori di ricerca”
vedi anche il capitolo 36 di L’umanità dell’internet.





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