Il filo
di Arianna
Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it
Disponibile anche in
pdf
(migliore come testo stampabile)
La bella Valen-tina
Le belle ragazze sono
tante.
Di Valentine (Olivetti) ce nè una sola.
Il gioco di parole nel titolo è una sciocchezza, di cui mi vergognerei se non fosse unoccasione per parlare di cose serie. Il fatto può sembrare futile. Ma cè qualcosa di interessante in queste fotografie.
Tina
Fey è nota per aver ideato e interpretato sitcom di successo, ma
ha avuto un momento di particolare fama nellottobre 2008,
durante
la campagna elettorale negli Stati Uniti, per la sua riuscita imitazione
di Sarah Palin, allora candidata alla vicepresidenza.
Non è facile capire se Tina Fey, attrice, umorista, scrittrice e autrice di programmi televisivi, usi davvero una macchina da scrivere [so che da è sgrammaticato, ma non riesco a dire per] cui è particolarmente affezionata o se si tratti di una messinscena per un servizio fotografico (che ha avuto un certo successo e che abilmente suggerisce lidea di una giovane donna di spettacolo non solo attraente, ma anche capace di scrivere bene).
Il fatto interessante è che si tratta di un classico del design italiano: la Valentine Olivetti (1969) di cui, per chi bada alle date, si potrebbe celebrare il quarantesimo compleanno. Bella e affascinante oggi come allora.
Nelle biografie o rimembranze di famosi scrittori e giornalisti, come di tanti meno noti, compare spesso unaltra Olivetti. La gloriosa Lettera 22.
Un dettaglio curioso è che quella nelle fotografie di Tina Fey
non è unautentica Valentine,
ma sembra una Lettera 22 verniciata di rosso.
Fra i tanti ci sono anchio. Ho voluto molto bene a quella fedele compagna di mille avventure del fare e del pensare. Ma poi mi sono innamorato di sua sorella, la Valentine (visto che è italiana, lho sempre chiamata affettuosamente Valentina). Ne avevo tre (una in ufficio, una in casa e una in barca). E ne ho ancora due.
(No, le mie non sono in vendita. Ma la bella Valentine è esposta al Museum of Modern Art a New York e in vari altri, anche in Italia. Pare che se ne possano trovare in commercio alcuni esemplari, per parecchie centinaia di euro, ma non so quanti siano ancora disponibili).
La meccanica è la stessa della Lettera 22. Lestetica è molto superiore. E la Valentine è anche portatile, con un ingombro che sembra grosso rispetto ai sottili laptop di oggi, ma con un comodo manico e una bella, robusta valigetta che a quellepoca era molto più pratica di qualsiasi altro contenitore disponibile. E ancora oggi non si vedono in giro soluzioni altrettanto semplici e intelligenti.
Inevitabilmente ho dovuto abbandonare la Valentina (anche se ancora oggi, ogni tanto, mi piace guardarla e toccarla) quando, più di ventanni fa, ho cominciato a usare un personal computer. Straordinariamente più pratico, ma implacabilmente brutto.
Non ho mai capito perché i computer siano stati, per tanti anni, gli oggetti più brutti che avessimo in casa e in ufficio. Con un deprimente colore grigiogiallastro, forme sgraziate e sgradevoli, scomode oltre che antiestetiche. Oggi le cose sono un po cambiate, ci sono macchine meno brutte, colori meno squallidi, ma si potrebbe fare molto di più per migliorare lestetica (oltre alla funzionalità, che con crescenti quanto inutili complicazioni sta sempre più degradando).
È doloroso constatare che quella straordinaria filosofia dimpresa (e qualità tecnica ed estetica dei prodotti) che aveva realizzato Adriano Olivetti sia così tristemente tramontata. E, in generale, che lItalia (pur con alcune eccezioni che continuano a crescere con successo) abbia largamente perduto non solo qualsiasi significativa presenza nello sviluppo dellelettronica, ma anche quella qualità di disegno industriale che per molti anni ci era stata riconosciuta a livello mondiale.
Prima che sia qualcun altro a toglierci il primato (per esempio gli Stati Uniti dAmerica, dove rifioriscono gli studi di design) uno dei modi per rilanciare leconomia e lidentità dellItalia nel mondo è riscoprire e coltivare bene quella straordinaria dote che sta nel combinare efficienza ed estetica, ergonomia e bellezza.
Non si tratta solo di Stradivari o dei bravi liutai che ci sono ancora. Né solo delle piastrelle di Sassuolo, che sciaguratamente oggi sembrano in difficoltà per la crisi internazionale delledilizia. Gli esempi sono tanti, elencarli sarebbe lungo. Ma sono pochi rispetto alle possibilità che si potrebbero moltiplicare. (Un caso a parte è quello della moda, abbigliamento e relativi accessori, che per molti motivi è un mondo diverso).
Possiamo in mille cose, tradizionali o modernissime, artigianali o industriali, dalle macchine più complesse agli oggetti più semplici, dai grandi piani urbanistici ai piccoli accessori casalinghi, ritrovare con entusiasmo e passione quella capacità di arti e mestieri, di gusto del bello funzionale, che era la nostra gloria nel Rinascimento e che ci ha dato parecchi successi anche in epoche molto più recenti.