labirinto
Il filo di Arianna


aprile 2003


Giancarlo Livraghi     gian@gandalf.it


C’è un gran bisogno di idee
(e c’è il modo per svilupparle)


Siamo circondati da una soffocante mancanza di idee. In un clima esitante e perplesso, confuso e disorientato, manca la voglia di rischiare, di scoprire, di avventurarsi fuori dal cerchio ripetitivo delle convenzioni, delle abitudini, dell’imitazione.

Le idee non nascono dalle tecnologie. Il progresso tecnico può offrire occasioni per svilupparle – o può essere lo strumento per la loro realizzazione. Ma le idee nascono dalla sensibilità, dall’intuito, dalla fantasia umana. Spesso le più brillanti, dopo che qualcuno le ha concepite, sembrano ovvie. «È così chiara, come mai nessuno finora se n’era accorto?» ci si chiede con un misto di sgomento e di entusiasmo.

Le idee, le buone idee, hanno due caratteristiche. Una è che nascono in modo imprevedibile, apparentemente casuale. Ma è raro che vengano dal nulla, che siano il prodotto di pura fantasia. È più probabile che siano il frutto di esperienza e di studio, di attenzione e di ascolto, di approfondimento e di paziente ricerca. In quel lungo percorso a un certo punto scatta una scintilla inaspettata, un “salto“ intuitivo, un’ipotesi sorprendente. È il momento magico, emozionante, in cui è nata un’idea.

L’altra caratteristica delle idee è che non nascono adulte. Hanno bisogno di cura paziente, di affettuosa attenzione, per farle crescere ed evolvere. Il brutto anatroccolo dovrà scoprire di essere un cigno. Il piccolo seme avrà bisogno del terreno in cui può diventare una quercia. L’idea neonata che sembra fragile dovrà essere accompagnata nel delicato processo evolutivo che la farà diventare forte e vincente.

Non abbiamo perso la capacità di avere idee. Quando si guarda oltre la superficie della monotonia dominante si scopre che le scintille ci sono, che hanno concretezza, fattibilità, valore... ma mancano l’attenzione e le risorse per svilupparne il vero potenziale.

Forse è perché si è rischiato troppo su cose che non erano idee, ma illusioni speculative o errori di prospettiva. Forse è perché in un clima generale di depressione e perplessità mancano le forze per costruire e investire, si preferisce cercare rifugio e protezione. Forse è perché in un ambiente dominato dalla speculazione e dai giochi di potere si è perso il concetto di impresa. Forse è per l’infinita, spaventosa potenza della stupidità umana. Comunque sia... il fatto è che le idee ci sono o possono nascere, ma manca la voglia di svilupparle.

C’è una soluzione? Credo di si. Possiamo servirci delle tecnologie, se ne capiamo la vera utilità. Intendo le tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Da più di vent’anni ci stiamo dicendo che l’informatica è la liberazione dell’intelligenza e della fantasia. Che affidando alle macchine i lavori ripetitivi l’umanità può concentrarsi sulle attività più interessanti e meno monotone. Che con la potenza di elaborazione è possibile verificare rapidamente un numero molto più grande di ipotesi, quindi dare più spazio alla fantasia e alle soluzioni “apparentemente improbabili“. Erano sogni, illusioni? No, sono fatti veri e concreti. Ma non abbiamo imparato abbastanza come realizzare lo straordinario potenziale dell’intelligenza umana liberata dalla routine.

Da quando è nata l’internet ci siamo dicendo che i nuovi sistemi di comunicazione aprono lo spazio a un’infinita ricchezza di diversità e di esperienza. Anche questo non era e non è un sogno. È una realtà e un potenziale concreto, che non stiamo utilizzando come potremmo.

Un modo per uscire dall’impasse è proprio l’uso dell’internet. Usando la rete non per una delle tante balorde ipotesi che erano (e sono) condannate al fallimento, ma per quella che è la sua vera natura: una risorsa straordinaria di sperimentazione. Idee, proposte, soluzioni possono essere messe alla prova con investimenti limitati, con rischi contenuti, con varietà di esperimenti e di verifiche. Non avevamo mai avuto un campo di sperimentazione così interessante, diretto, concreto ed efficiente. Perché non lo usiamo per sviluppare idee?



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